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Sciarada nomade

Di Marco Milioni Mercoledi 24 Ottobre 2012 alle 02:29 | 0 commenti

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Alla fine ieri in aula l'assessore all'urbanistica Francesca Lazzari del Pd ha dovuto ammetterlo. Il pressing del Carroccio ha dato i suoi frutti. Il piano degli interventi di cui a breve si doterà il comune di Vicenza prevede la possibilità che si insedino dei mini campi nomadi nelle cosiddette «zone F». Ovvero le zone previste per spazi di pubblica utilità, o meglio per servizi di pubblica utilità. La stessa Lazzari in sala Bernarda ieri ha spiegato che non sono stati identificati lotti precisi, come «sembrava intendere» dall'opposizione leghista, ma ad ogni modo l'opzione rimane rimane sul tappeto.

E si tratta di un'insidia politica di non poco conto per l'attuale giunta democratica. Non tanto perché la questione "Rom" sia un cavallo di battaglia leghista, ma perché le elezioni si avvicinano. E soprattutto perché la novità si presta facilmente a critiche da più fronti. L'equazione meno verde per i bambini (o meno spazi per altri servizi) e più zone attrezzate per i "Rom” anche se grossolana potrebbe facilmente diventare uno slogan di facile presa. E poi c'è una questione più sottile ma altrettanto importante. Se l'obiettivo è quello di sparpagliare la presenza delle famiglie nomadi sul territorio evitando «i ghetti» e le concentrazioni critiche oggi conosciute in viale Cricoli e in viale Diaz, perché non si percorre la strada degli alloggi o al limite delle aree a uso residenziale per ospitare la presenza di persone, che il più delle volte, a dispetto di quanto crede l'opinione pubblica, è di cittadinanza italiana?

Il tema è complesso. Da una parte i campi così come sono si caratterizzano come mix di persone tra le più tranquille e di persone meno ossequiose dei dettami della legge (un nomade su due tra quelli presenti nei campi del capoluogo ha o ha avuto problemi con la legge). La permanenza nei medesimi campi non è ben vista dai residenti, ma ogni volta che si parla di spalmare la presenza, gli stessi cittadini delle zone individuate protestano come protestano gli operatori immobiliari che esercitano puntualmente la loro azione di lobbying affinché una zona piuttosto che un'altra non sia lambita da un nuovo insediamento attrezzato: pena la perdita di valore di immobili ed aree.

L'attuale giunta, come accade da anni alle amministrazioni di ogni colore politico, si è ben guardata dal prendere il toro per le corna sapendo che l'argomento è di quelli che hanno un peso notevole in termini di ricadute elettorali. Al contempo però, un po' di soppiatto, lo stesso esecutivo ha inserito nel Pi quella «postilla» che almeno sul piano teorico rende possibili nuovi insediamenti in aree ad uso pubblico. Aree delle quali però (e il riferimento è in genere al verde, ai parcheggi, ai servizi in senso lato) la città è già carente di suo. Ragion per cui una spinta vigorosa verso i mini campi finirebbe per impoverire un tessuto che per le destinazioni sociali da anni sconta carenze ormai divenute croniche. La sciarada è quindi di difficile soluzione, anche perché la domanda che in questi casi gira tra la gente è sempre la stessa: "ma i nomadi hanno o no la possibilità di comperarsi un'area per le loro roulotte o eventualmente per le loro dimore"? Quanto la questione è sociale e quanto è culturale? In Paesi come Germania e Svizzera le etnie nomadi spesso abitano secondo i loro costumi in aree specificamente attrezzate rivendicando orgogliosamente un modus vivendi differente, almeno in parte, da quello tradizionale dell'Occidente; ma in piena armonia con le leggi locali e col territorio. O comunque senza le frizioni che si verificano in Italia. Nel Regno Unito le famiglie "gipsy" con i loro mestieri artigiani e con i loro colori sono persino protagoniste in Tv di serial e reality. Che cosa c'è nel Belpaese che non va? Non è che, né più né meno, in Italia i nomadi si comportano all'italiana?

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Giovedi 27 Dicembre 2018 alle 17:38 da Luciano Parolin (Luciano)
In Panettone e ruspe, Comitato Albera al cantiere della Bretella. Rolando: "rispettare il cronoprogramma"
Caro fratuck, conosco molto bene la zona, il percorso della bretella, la situazione dei cittadini, abito in Viale Trento. A partire dal 2003 ho partecipato al Comitato di Maddalene pro bretella, e a riunioni propositive per apportare modifiche al progetto. Numerose mie foto del territorio sono arrivate a Roma, altri miei interventi (non graditi dalla Sx) sono stati pubblicati dal GdV, assieme ad altri come Ciro Asproso, ora favorevole alla bretella. Ho partecipato alla raccolta firme per la chiusura della strada x 5 giorni eseguita dal Sindaco Hullwech per sforamento 180 Micro/g. Pertanto come impegno per la tematica sono apposto con la coscienza. Ora il Progetto è partito, fine! Voglio dire che la nuova Giunta "comunale" non c'entra più. L'opera sarà "malauguratamente" eseguita, ma non con il mio placet. Il Consigliere Comunale dovrebbe capire che la campagna elettorale è finita, con buona pace di tutti. Quello che invece dovrebbe interessare è la proprietà della strada, dall'uscita autostradale Ovest, sino alla Rotatoria dell'Albara, vi sono tre possessori: Autostrade SpA; La Provincia, il Comune. Come la mettiamo per il futuro ? I costi, da 50 sono saliti a 100 milioni di € come dire 20 milioni a KM (!) da non credere. Comunque si farà. Ma nessuno canti Vittoria, anzi meglio non farne un ulteriore fatto "partitico" per questioni elettorali o di seggio. Se mi manda la sua mail, sono disponibile ad inviare i documenti e le foto sopra descritte. Con ossequi, Luciano Parolin [email protected]
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