Scandalo dentiere d'oro anche in Veneto? Dopo l'arresto del leghista Rizzi si indaga su onda "verde" della corruzione by Canegrati?
Sabato 20 Febbraio 2016 alle 15:21 | 0 commenti
«Servono pressioni forti sul dg» Così la cricca lombarda tentava di allungare le sue mani in Veneto
All'inizio è quasi imbarazzato: «Non so tu, ecco, volevo soltanto dirti che, davvero... mi rendo conto che hai fatto più di quello che era realmente pensabile che si potesse fare in questo momento e in questo contesto e nella situazione al quale ti muovevi, hai superato come ... come dire, qualsiasi diplomazia». Poi va dritto al punto: «E mi rendo conto che hai dovuto forzare, oltremodo in certi ambienti non è facile ecco, volevo dirti che non sono cosi fuori dal mondo per non rendermi conto di quello che hai fatto...».
È il 14 maggio del 2014, quando gli investigatori di Monza che indagano sullo scandalo che ha travolto la Sanità lombarda trascrivono questa conversazione. Ringraziamenti tanto ossequiosi arrivano da Francesco Pincini, il medico dell'ospedale di Camposampiero finito (pur non essendo indagato) nella tela di relazioni tessuta da Mario Longo, l'assistente del consigliere leghista Fabio Rizzi, braccio destro del governatore della Lombardia Roberto Maroni.
Il caso è noto e rappresenta uno degli esempi di come gli interessi della cricca lombarda si spingessero fino a Nordest: «Si tratta - sintetizza il sostituto procuratore - della creazione ex novo di un'Unità Operativa Semplice di Endoscopia nell'ospedale di Camposampiero. Creazione promossa da Longo, sostenuta dal Rizzi e dai suoi contatti con i politici veneti dello stesso partito, allo scopo di favorire le ambizioni di carriera di un amico di Longo, Francesco Pincini, che l'avrebbe poi diretta».
Questa è la posta in gioco. Ma per creare dal nulla questa posizione, servono spalle larghe. E allora Longo muove mari e monti per aiutare l'amico, al punto di attivarsi «personalmente con Rizzi perché, attraverso l'assessore alla sanità della regione Veneto Luca Coletto, venissero esercitate le debite pressioni sul direttore generale dell'azienda ospedaliera (Francesco Benazzi, ndr ) presso cui presta servizio il Pincini affinché si determinasse a creare detta struttura». E anche su questo fronte le intercettazioni sono interessanti. Francesca Bariggi, la segretaria del consigliere leghista, il 12 maggio 2014 spiega a Pincini che «ho incontrato l'assessore Coletto (...) gli ho spiegato che, come mi hanno detto sia Longo che Rizzi, che praticamente siete tutti d'accordo. L'assessore ha detto "ok fammi vedere un attimo e poi ne riparliamo"...».
La versione Coletto è diversa. Nei giorni scorsi ha ammesso di aver parlato con Rizzi e Longo («Son venuti a Verona a rompermi i c...ni») ma quando hanno cominciato a parlare di nomine «li ho mandati a quel paese».
Di certo Longo non si ferma. Servono «pressioni forti» sul direttore generale dell'ospedale. E alla fine lo chiama direttamente: «Allora si pensava, in una chiacchierata fatta venerdì scorso con l'Assessore, che ovviamente si vuole prima confrontare con lei e col primario, se c'era la possibilità di aprire, all'interno di questo reparto, un'Unità semplice». E Benazzi non ha dubbi: «Assolutamente si! Io direi che sarebbe cosa, come si dice, cosa buona e giusta. Direi che non ci piove».
Il risultato è noto: l'Unità viene creata e ora la dirige Pincini. Ma il dg di Camposampiero smentisce di aver agito per pressioni politiche: «La creazione dell'Unità , come la nomina di Pincini mi sono state suggerite da Fregonese». Diego Fregonese è il direttore dell'Unità operativa complessa dell'ospedale di Camposampiero. E anche lui compare nelle carte dell'inchiesta, perché avrebbe dato via libera all'intera operazione ma «in cambio si aspettava un appoggio politico per essere nominato primario a Treviso». Vera o falsa che sia, questa seconda partita non va in porto e Fregonese è rimasto al suo posto.
Resta un fatto, come sottolinea il pm nella sua richiesta di arresti: «Trattandosi di intervenire sui dirigenti di una struttura sanitaria della regione Veneto (viene fatta valere, ndr ), più che la posizione di Rizzi quale presidente della Commissione Salute della Lombardia, il ruolo strettamente politico del medesimo, quale senatore delegato dal partito Lega Nord per tutta la Sanità delle regioni Piemonte, Lombardia e Veneto» e questo «consente di comprendere appieno il funzionamento del sodalizio criminoso costituito dai due uomini con l'imprenditrice Canegrati», la «zarina delle dentiere» che, grazie ai suoi appoggi, si sarebbe garantita il (quasi) monopolio negli appalti per la gestione delle strutture odontoiatriche lombarde.
«I tre indagati sembrano avere ben compreso (...) la potenzialità di un accordo criminale che, attraverso l'abuso delle posizioni dei due uomini ,(...consente...) alla Canegrati e al suo impero societario di espandere i propri affari nel settore dell'odontoiatria nelle strutture pubbliche, private e private convenzionate».
Insomma, Paola Maria Canegrati, l'imprenditrice al centro di tutto, forse voleva mettere le mani anche sul Veneto. E nelle carte emerge anche il fatto che «si è resa disponibile a garantire il proprio appoggio economico in favore di Flavio Tosi, candidato alle elezioni del 31 maggio 2015 per il consiglio regionale del Veneto (...) a cui, come emerso dalle intercettazioni, era bonificata la cifra di 10 mila euro». Denaro versato alla Fondazione di Tosi, Ricostruiamo il Paese , attraverso la società Pangea Onlus. Il sindaco di Verona ha già respinto ogni sospetto: «La Canegrati? Neppure la conosco».
di Andrea Priante, da Il Corriere del Veneto
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