Sanità a Vicenza: quei medici che pensano troppo alle cliniche private...
Martedi 12 Maggio 2015 alle 22:54 | 0 commenti
Il piano sanitario veneto del 2012 scadrà il prossimo anno. A nuova giunta già insediata, quindi. Oggi, a pochi giorni dalle elezioni è però tempo di bilanci e quel programma - come spesso succede in Italia - è stato realizzato solo in maniera parziale. A renderlo noto è la Cgil, Cisl e Uil che da quattro anni monitora con un osservatorio sulla sanità veneta la progressione degli interventi. Ma quali sono questi interventi?
In sostanza riguardano una serie di azioni mirate a ridurre i tempi di attesa per le visite, per i ricoveri e le operazioni. Il tutto teso a migliorare i servizi ai cittadini. Ma la Regione ha fatto i conti senza l'oste, in questo caso i medici di base che in questi anni non si sono dimostrati tanto collaborativi.
"Ospedale più territorio" era lo slogan del programma Zaia sulla sanità in Veneto. Uno slogan messo in crisi dai dati che arrivano dall'osservatorio. Il piano, secondo le intenzioni della Regione, doveva infatti svilupparsi attorno a tre punti cardine: aggregare medici e personale qualificato, creare posti letto nelle strutture intermedie per la degenza nella fase post-acuta della malattia e istituire una "Centrale Operativa Territoriale" in ogni Ulss, vale a dire una cabina di regia per l'assistenza del paziente sia all'inizio che alla fine del percorso di cura. Questo servizio è stato attivato in tutte e quattro le Ulss vicentine ma funziona a regime solo in due (Ulss 3 e Ulss 4) mentre nella Ulss 5 e nella Ulss 6 è predisposto solo per assistere i pazienti in uscita. Per quanto riguarda invece le strutture di ricovero intermedie, su 516 posti letto previsti in tutte le Ulss, ne sono stati attivati complessivamente 355. Ne mancano ancora 161, il cui destino non è affatto certo entro la scadenza del piano. «A distanza di tre anni e a solo un anno dalla scadenza del piano gli obiettivi sono stati solo parzialmente realizzati e per quanto riguarda l'aggregazione dei medici, siamo appena al 30% di quanto prefissato», sottolinea Renato Riva della Cisl, aggiungendo: «Questo significa un fallimento completo del progetto».
L'unione dei medici di base prevede che almeno 5 medici si uniscano per operare coordinati per 12 ore in un ambulatorio che può essere interno allo stesso studio dove operano oppure in uno studio comune. Queste strutture chiamate "Medicine di gruppo integrate" sono autorizzate a prendere in carico alcune patologie croniche, con relativi interventi e gestirle in ambulatorio, alleggerendo così il carico alle Ulss. Un servizio che risolverebbe anche le code in ospedale. Secondo i dati forniti dai sindacati su 567 medici di base che operano nelle Ulss vicentine solo 118 sono stati coinvolti nelle Medicine di gruppo integrate, mentre nel 2015 il numero è aumentato a 161 e la previsione, per fine anno, è di 198 operatori. Un numero ben lontano per arrivare, come da piani regionali, al coinvolgimento di tutti i medici. La Regione ha inoltre spostato il termine ultimo per inquadrare tutto il settore di altri due anni, quindi la messa in rete dei 567 scatterà (forse)nel 2018. «C'è un problema di resistenza per quasi tutti i medici - comemnta Gino Ferraresso della CGIL - molti di loro fanno il doppio lavoro e quindi non entrano in un sistema di rete». E Claudio Scambi, Uil, aggiunge: «Invece di assumere nuovi medici, sarebbe importante che la Regione rendesse obbligatoria l'aggregazione».
La maggior parte dei medici di base sono infatti liberi professionisti e, oltre che al pubblico, si dedicano al settore privato. Un settore sempre più in crescita che, in certi casi, offre prestazioni che costano meno di un ospedale pubblico nel quale si paga un ticket a volte salato. «Per dare una risposta al territorio - concludono i sindacati - chiediamo ai candidati presidenti di occuparsi dell'ampliamento degli orari di apertura degli ambulatori e di offrire lì prestazioni aggiuntive che, oltre al medico di base, possono essere svolte da personale infermieristico specializzato». Forse è il minimo in Veneto, dove la sanità è una voce che occupa ben l'80% dell'intero bilancio regionale.
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