San Giuseppe, festa del padre lavoratore che difende la tradizione
Mercoledi 19 Marzo 2014 alle 16:12 | 1 commenti
Riceviamo da Roberto Ciambetti, assessore regionale del Veneto - Giuseppe, il carpentiere del Vangelo, è rappresentato pensieroso nell’iconografia antica nel suo ruolo di custode e difensore della famiglia e delle tradizioni: così compare nelle icone della Natività e in quelle della Presentazione al Tempio, una delle dodici Grandi feste bizantine, Hipapantè letteralmente l’incontro.
Nella Presentazione, passaggio tra il vecchio e il nuovo Giuseppe ha un ruolo attivo nel rito:  presenta da ebreo osservante l’offerta prevista dalla legge mosaica e dà il nome al figlio Gesù. Nell’occidente europeo il culto di Giuseppe non è di molto diverso da quello delle origini sebbene si sia affermato e diffuso a livello popolare in specialmodo dopo l’Ottocento in concomitanza con l’affermazione della Rivoluzione industriale: si celebra il padre lavoratore come già nel Cinquecento ci rammentava, tra gli altri, un celebre dipinto di Gerrit van Honthorst sull’infanzia di Gesù; precedente a questo capolavoro la mirabile invenzione del San José del Greco a Toledo, in cui Giuseppe s’erge a difendere l’adolescente mentre assieme procedono nel viaggio della vita.Â
Una vita che si rinnova, con l’equinozio di primavera ancor oggi a segnare la svolta tra il vecchio e il nuovo. E’ evidente anche la connessione tra l’antico Abramo e l’umile Giuseppe e magari Antonio Albanese potrebbe ironizzare notando come in materia di fecondazione assistita, o miracolosa, nella Bibbia non si scherzi muovendoci così, laici come fedeli, al sorriso o alla risata, altro elemento chiave di questa narrazione della rinascita e del passaggio generazionale: quando ad Abramo e Sarai fu annunciata la prossima gravidanza i due scoppiarono a ridere. Rinascita e riso, cioè gioia: la gioia di un figlio nato dall’amore.
Riderebbero ancor oggi, e con loro anche il più compassato san Giuseppe, nel vedere come negli atti di iscrizione negli asili per la burocrazia son scomparsi madri e padri mentre nelle scuole materne e asili veneziani vengono distribuiti ai bimbi libri di favole in cui la famiglia gay è chiamata arcobaleno in contrapposizione alla più monotona e grigia famiglia eterosessuale. Già , perché nella famiglia tradizionale le cose non sono sempre allegre: la bolletta da pagare, il mutuo, l’iscrizione a scuola dei figli, qualche litigio… in cielo non si vedono arcobaleni, ma solo nuvole e per tante famiglie arrivare al 27 se non è una impresa drammatica è fatica noiosa.
I sacrifici non fanno notizia e non fa notizia la famiglia tradizionale anche se essa è il vero pilastro della nostra società , come dice la cultura laica all’articolo 16 della Dichiarazione Universale dei Diritti umani: “La Famiglia è il nucleo naturale e fondamentale della società e ha diritto ad essere protetta dalla società e dallo statoâ€.Â
Difendere la famiglia tradizionale non è simbolo di omofobia, fanatismo reazionario e clericale,quasi che i valori della cultura laica siano esclusiva del mondo arcobaleno e di quelle forze politiche che non perdono occasione per ricordare a tutti la loro presunta superiorità culturale, etica e morale.
Non sono politicamente scorretto se rivendico il mio credere nella famiglia tradizionale, nell’amore tra un uomo e una donna.
Non si tratta nemmeno di non voler affrontare contraddizioni feroci dell’universo maschile, dalla violenza sulle donne comprese le baby prostitute (e non solo baby) e i loro cinici clienti. Non confondiamo le carte in tavola, perché difendere la famiglia tradizionale nulla ha a che vedere con le forme della devianza e della perversione.Â
Così non mi sento reazionario se nella festa del Papà penserò a mio padre, a quanto ha fatto per me, alla mia famiglia, e a tanti san Giuseppe che se ne stanno nell’ombra, lavorano sperando per i loro figli un futuro migliore dei giorni in cui viviamo.
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