Salvini lo "ghettizza" e Tosi reagisce: "Porcate. Così rompo e mi candido"
Martedi 3 Marzo 2015 alle 09:01 | 0 commenti
Dopo il federale di ieri la decisione di Flavio Tosi pare scontata. Ed è lui, il segretario del Veneto commissariato e sottoposto a un pesante ultimatum (scelga tra la Lega e la sua Fondazione, è stato l'aut aut di Salvini) a spiegarlo ieri sera a Verona, dove ha radunato i fedelissimi. «In via Bellerio - ragiona con i suoi il sindaco - hanno fatto una porcata, prendiamoci pure una pausa di riflessione, ma a queste condizioni io spacco».
Condizioni «inaccettabili», come lo stesso Tosi aveva definito ieri, in un'intervista a Repubblica il commissariamento che si stava profilando.
Via dalla Lega salvinizzata, ridotta a una costola del lepenismo e troppo schiacciata a destra, prima che siano gli altri a cacciarlo formalmente, visto che di fatto l'espulsione è già stata decretata dal "federale". Perché «il combinato disposto» del commissariamento e del divieto di continuare con l'attività della Fondazione "Ricostruire il Paese" «è micidiale». Tosi l'aveva lanciata nell'ottobre del 2013, come contenitore per proporsi come candidato della Lega a eventuali primarie del centrodestra. E Salvini, che due mesi dopo sarebbe diventato segretario federale, «non aveva obiettato, perché questo era l'accordo tra i due», spiega un amico del sindaco, presente alla riunione di ieri sera a Verona. «Mancano solo i colpi di frusta - aggiunge -. Salvini e Zaia hanno fatto la scelta peggiore, le condizioni poste sono incompatibili con la dignità delle persone».
E questo addio, che pare davvero imminente, diventa un passo necessario per sganciare il siluro del resto già annunciato, una sorta di "muoia Sansone con tutti i filistei" destinato condizionare pesantemente l'esito delle regionali di maggio: lui, il capo dei leghisti veneti, candidato governatore contro l'uscente Zaia. Di sicuro con la sua lista Tosi, quella che lo ha fatto rivincere a Verona. Ma forse - è presto per dirlo, molto dipenderà dal tentativo di ricucire con Salvini condotto da Berlusconi - anche in compagnia del Nuovo centrodestra. O addirittura con gli Azzurri, se tra Silvio e "l'altro Matteo" si dovesse arrivare a una rottura, che tuttavia allo stato sembra improbabile.
La candidatura del sindaco è addirittura «inevitabile a meno di un miracolo» recita il coro dei tosiani, tra i quali fino a ieri pomeriggio c'era ancora chi confidava in una compromesso onorevole. Ma poi è successo il patatrac. Il primo atto del "federale" è stata la designazione, all'unanimità , di Luca Zaia come candidato governatore della Lega. Ha votato sì anche Tosi, «il problema non è quello, l'ho sempre detto». Già per lui il problema sono le liste a sostegno di Zaia e la loro composizione. È la sua facoltà di decidere i candidati, di mettere in lista i suoi uomini, di condizionare in qualche modo il governatore, con cui da tempo è entrato in rotta di collisione. È «l'autonomia» del Veneto messa in discussione da un segretario «milanocentrico». Il compromesso onorevole, ieri in via Bellerio l'hanno proposto almeno in due. Il primo è stato il vecchio Bossi, che da giorni avverte Salvini del rischio che in caso di spaccatura correrebbe la Lega alle regionali del Veneto. Il fondatore del Carroccio ha sussurrato qualcosa alle orecchie del segretario federale: «Consenti di presentare una lista civica "metà a metà ", composta dagli uomini di Tosi e da quelli di Zaia». La risposta del Salvini, un sorriso, è suonata come sprezzante alle orecchie del sindaco. L'altro mediatore che si è fatto avanti si chiama Giancarlo Giorgetti, consigliere ascoltatissimo del segretario: «Anche la lista Zaia porterebbe via voti alla Lega, e allora potremmo presentarci solo come partito, insieme a Forza Italia». Proposta «di buon senso», l'ha definita Tosi: ma non è passata. L'han difeso in pochi, al federale. E Maroni, che fino all'ultimo ha cercato una mediazione, secondo i tosiani avrebbe fatto «il pesce in barile». Tanto che alla fine ha quasi applaudito a una «decisione che serve a fare chiarezza».
Poi sono state sganciate le due bombe atomiche. La prima: il commissariamento del veneto affidato all'ex capogruppo alla Camera Giampaolo Dozzo. L'aveva messo su quella poltrona Maroni, quand'era segretario. E allora Dozzo era un grande amico di Tosi. Che però alle politiche del 2013 non l'ha ricandidato, perché aveva superato il limite dei due mandati. Da quel momento Dozzo è diventato il peggior nemico del sindaco segretario. Ovviamente dopo Zaia e il sindaco di Padova Massimo Bitonci. Insomma, la scelta di un commissario «di parte » ha fatto capire subito che si era scelto di andare a grandi passi verso la rottura. Per dopodomani è convocato il parlamentino della Liga veneta. Che potrebbe anche impugnare il provvedimento del "federale", come aveva fatto capire Tosi nei giorni scorsi fiutando l'aria che tirava. Ma forse non sarà necessario: la rottura è già consumata, la guerra civile tra in leghisti del Veneto sta per finire. Perché uno dei contendenti è stato schiantato. Ma le conseguenze, per Zaia, e anche per la leadership di Salvini, sono imprevedibili. Quali saranno, lo diranno i risultati delle regionali.
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