Relazioni aziendali? Sembra di essere negli anni settanta
Mercoledi 13 Aprile 2011 alle 16:02 | 0 commenti
Maurizio Pini, Presidente Federmanager Vicenza  -  Il dibattito che negli scorsi mesi è nato in Italia attorno al cosiddetto "effetto Marchionne" e alle dichiarazioni dell'ad Fiat ha messo in evidenza anche un altro tema di discussione: quello delle relazioni esistenti all'interno delle aziende e delle grandi realtà industriali.
Manager, dipendenti, sindacati: i rapporti che legano i lavoratori e chi li guida o li rappresenta sono spesso così mal organizzati e poco trasparenti da ricordare l'impostazione che vigeva negli anni '70. Alla rivendicazione di molti diritti si affianca uno scarso impegno nel tener fede ai doveri; contrasti e stravolgimenti intestini impediscono di focalizzarsi su un percorso di crescita, che guidi al raggiungimento di una competitività a livello internazionale; e la situazione politica non aiuta, data la diffusa conflittualità e l'incapacità di maggioranza od opposizione (la differenza è poca) di offrire idee o progetti legislativi a favore della categoria.
Quello in cui ci troviamo a muoverci è un Paese che sembra sempre sul punto di "lasciarsi andare", senza sogni di progresso, senza pretese. La mancanza di regole precise, modificate sulla base di puri interessi personali, e di figure di riferimento ci porta a pensare, a volte, che l'ingiustizia e l'ignoranza costituiscano la normalità delle cose, e non ci indigniamo più, cadiamo in facili giustificazioni, cercando di andare avanti alla meglio giorno dopo giorno.
Perché, allora, per ridare fiducia e futuro a questa Italia non cominciamo proprio da lì, dalle relazioni che quotidianamente nascono e si sviluppano tra i componenti di un'azienda, e che sono il punto di partenza per uno sviluppo economico e sociale corretto? Perché non investiamo tempo e risorse nella creazione di un modello organizzativo nuovo, che scardini quello vecchio, infonda coraggio e consenta di applicare anche un nuovo sistema di politica retributiva?
Mi rivolgo ancora a voi, rappresentanti di Confindustria, perché, come ho già sostenuto, credo nel vostro ruolo e nel contributo che sono certo potreste dare. Innovazione, dinamismo: è questo ciò di cui abbiamo bisogno, assieme a un maggior coinvolgimento da parte vostra non solo di noi, membri dell'Associazione Industriali, ma anche di tutte le altre Associazioni di categoria. Vi assicuro che guadagnereste dei potenziali alleati, e suggerimenti che potrebbero rivelarsi preziosi per l'avvio di nuove iniziative.
Basta con le scelte obsolete, con le battaglie sterili a suon di carta stampata o con i "riti" di produzione stantii: è tempo di fermarsi a pensare, per formulare e applicare nuove direttive, partendo dalla realtà più vicina, quella del nostro territorio, e allargando poi il cambiamento alle istituzioni centrali.
"Spostare" la ricchezza nazionale e fare in modo che siano le aziende a goderne è un'esigenza che l'"effetto Marchionne" ben interpreta. Questa mossa permetterebbe, per esempio, di incentivare il principio della retribuzione variabile, che prevede la partecipazione agli utili o ai prodotti dell'azienda in base ai risultati conseguiti dal singolo, e sulla quale già dal 2004 avete sottoscritto con Federmanager un contratto per dirigenti. Ma affinché l'esito sia positivo si deve agire in modo onesto, legale e soprattutto coinvolgente, motivando e rendendo partecipe la forza lavoro. E chi meglio di voi potrebbe anticipare, concretizzare e consolidare un proposito simile di nuova struttura retributiva?
A oggi quell'accordo fa ancora fatica a essere applicato, soprattutto nelle imprese vostre associate, e molti dirigenti non ne sanno nulla o quasi. È chiaro dunque che non lo avete mai sostenuto con sufficiente impegno e convinzione.
Dove andremo a finire, di questo passo? Ma soprattutto: cosa si può fare? Bando alle polemiche: ciò che serve è un'azione coordinata, che aiuti le aziende, a resistere e a prosperare, mettendo in campo tutti gli strumenti necessari per tutelarle.
Il cambiamento non è una minaccia, ma anzi la via salvifica per uscire da certi "ristagni", e dare a lavoratori e imprese la prospettiva di un miglioramento possibile. Nessuno meglio di Confindustria può farsi portavoce di questi intenti e, con il giusto atteggiamento, velocizzare un processo che, ne siamo sicuri, sarà fonte di benefici, per tutti.
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