Regionali:Pd,débacle di un partito senz'anima
Mercoledi 31 Marzo 2010 alle 19:40 | 0 commenti
Che si andasse incontro ad uno sconfitta lo sapevano tutti.
Che la scoppola sarebbe stata di quelle forti, lo temevano in molti.
Adesso che la batosta è arrivata, e con dimensioni anche peggiori del previsto, sono però in pochi all'interno del centrosinistra veneto e vicentino a guardare con lucidità al verdetto delle urne.
Da più parti si tenta di minimizzare la débacle, con osservazioni del tipo: "Abbiamo tenuto rispetto alle ultime europee".
La realtà , come tutti sanno, per primi gli elettori del Pd e del centrosinistra, è ben diversa.
Le ultime europee erano state un disastro, e a quel disastro il centrosinistra, e in particolare il Pd, non ha saputo in alcun modo reagire.
Accontentarsi di assestarsi a quei livelli, equivale ad intonare un de profundis. Un po' come se i generali italiani, nell'inverno del 1917, avessero detto: "Beh, dai, dopotutto stiamo andando come a Caporetto".
O come se la Ferrari fosse soddisfatta di ripetere i risultati dell'annata 2009.
Soprattutto, non si vede nessuno che prenda atto della necessità di dare rapidamente una svolta netta al modo di impostare la propria politica. A leggere certi commenti del giorno dopo c'è da rimanere allibiti: Bortolussi per dire, se n'è uscito ipotizzando un dialogo con il Pdl. Il segretario regionale Rosanna Filippin, da parte sua, ha cercato consolazione nel risultato di Venezia, dove Orsoni ha sconfitto il ministro Brunetta, per osservare che il Pd con l'Udc può costituire un'alternativa vincente.
A me, invece, sembra che si dovrebbe andare esattamente nella direzione opposta.
Quello che serve al Pd non è né un'alleanza con l'Udc né tantomeno un accordo, in pura funzione antileghista, col Pdl. In tutti e due i casi non si farebbe che aggiungere un ulteriore pasticcio ad una storia politica già fin troppo confusa. In questi ultimi anni, a forza di volersi presentare come partito moderato e a forza di inseguire il centrodestra sul suo terreno, il Pd non ha fatto altro che erodere quella base di consenso di cui godeva in partenza.
Quello che gli servirebbe per uscire dall'impasse è, finalmente, una linea politica degna di questo nome. Un messaggio chiaro e preciso. O, detto in termini più caldi, un'anima.
Esattamente come fa la Lega, che se ha vinto lo ha fatto anche e soprattutto perché un messaggio forte (per quanto discutibile) ce l'ha e lo comunica bene. Se a questo si aggiunge poi che la Lega è uno dei pochi partiti ancora radicati sul territorio e uno dei pochi che, almeno a livello locale, ha il coraggio di rinnovarsi e presentare facce nuove, il gioco è fatto.
Il Pd, invece, una linea definita non ce l'ha quasi su nulla. E pare abbia sempre più paura a prenderne una, con il risultato di una continua emorragia di voti.
Alle regionali del 2000 Cacciari raccolse oltre un milione di voti, e la sua lista, che in pratica corrispondeva alla Margherita, più i Ds ne collezionarono quasi seicentomila.
Alle elezioni del 2005 Massimo Carraro fece ancora meglio, arrivando a 1 milione 140 mila voti, e l'Ulivo era il primo partito della regione (pare impossibile ma era così) con 560 mila voti.
Oggi Bortolussi ha raccolto 738 mila consensi, e il Pd 456 mila. Dove sono finiti quei 400 mila voti che separano Bortolussi da Carraro?
Qualcuno sarà anche volato verso il Carroccio, ma in gran parte si tratta di elettori delusi da un partito che balbetta su tutto, a partire da quelli che dovrebbero essere i suoi cavalli di battaglia. La difesa del lavoro (provate a cercare qualcuno del Pd che metta in dubbio la flessibilità ), la tutela del territorio e dell'ambiente (senza paura nel dire no ad opere inutili e calate dall'alto), la difesa degli interessi pubblici su quelli privati (soprattutto nella gestione dei servizi), la legalità , la solidarietà .
Il Pd dovrebbe ripartire da qui per riportare alle urne un po' della gente persa per strada.
Se, invece, pensa di riguadagnare terreno con alleanze al centro, la partita è già persa: farà la fine della Bresso in Piemonte, affossata dalla disaffezione dei suoi elettori molto più che dalla presenza delle liste di Grillo.
Le vittorie a Bassano, Venezia, e anche a Vicenza, dove il Pd ha vinto anche con il sostegno dei moderati, sono eccezioni che confermano la regola.
E in cui hanno giocato un peso enorme le divisioni del centrodestra.
Ma non si può sperare sempre negli errori dell'avversario.
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