Referendum sull'autonomia, quanto spinge la molla fiscale
Giovedi 2 Marzo 2017 alle 09:05 | 0 commenti
Quando scopri che la Regione Siciliana paga l’assistenza sanitaria anche i morti, oppure ti ricordano che la percentuale di dipendenti pubblici in Campania è doppia rispetto a quella lombarda, non puoi che chiedere a Roberto Maroni e Luca Zaia, rispettivamente governatori di Lombardia e Veneto, di farci votare il più presto possibile per l’autonomia fiscale. Quando leggi che, sempre in Campania, una pensione di invalidità su tre è falsa (lo dice la Corte dei Conti) e che a Napoli un contribuente su due si dimentica di pagare la tassa sui rifiuti, non puoi che pretendere lo statuto speciale anche per Lombardia e Veneto.
Quando vieni a conoscenza che il tasso di infedeltà fiscale, cioè il rapporto tra redditi dichiarati e consumi effettuati, è da allarme rosso in Campania, Sicilia e Calabria e che Palermo s’è scordata di riscuotere 56 miliardi di tasse dei siciliani... beh, non puoi che esigere che il 90% del gettito Irpef realizzato in Lombardia e Veneto resti al Nord. Che il 90% del gettito Ires non vada a Roma. Che il 90% del gettito Iva rimanga a Milano e Venezia. Come l’Alto Adige. Vent’anni fa, quando Umberto Bossi, annunciò la secessione della Padania, la sinistra corse ai ripari varando un cosiddetto federalismo, che in realtà era solo un aumento delle spese regionali, oltre a quelle statali. Risultato finale: gli spreconi hanno sprecato di più, i parsimoniosi hanno risparmiato ancora di più. Perchè nel frattempo, con lo scoppio della crisi del 2011, i governi centrali hanno iniziato a massacrare i trasferimenti agli enti locali, senza distinguire fra virtuosi e scialacquatori. Vi ricordate la battaglie per introdurre i costi standard? Sparite. Così le siringhe continuano a costare diversamente fra Sicilia, ad esempio, e Veneto. Idem i pasti ospedalieri. Soldi buttati, in particolar modo nel Mezzogiorno, che non hanno tuttavia minimamente inciso sulla qualità dei servizi. Anzi. Continua il pellegrinaggio dei pazienti del Sud nelle strutture del Nord. Inutile girarci intorno: la ricetta centralista ha fallito. Tarpa le ali al Nord e impoverisce ulteriormente il Meridione. Proprio ieri il ministero dell’Economia ha diffuso i redditi regionalizzati: un lombardo in media guadagna 24mila euro l’anno, un calabrese circa 14mila. Il guaio è che la forbice Nord-Sud si allarga ogni giorno che passa. E il governo che fa? Fa approvare un altro decreto per incentivare investimenti sotto Roma. Con tanto di sgravi miliardari. Altri quattrini gettati al vento. Quattrini, ricordiamolo, che sono prodotti al Nord. Non se ne può più, perchè nel frattempo in Veneto, per dire, si sono battuti i record di suicidi economici e in Lombardia, nonostante il boom di Milano, parecchie piccole attività hanno chiuso. E pensare che se i soldi generati al Nord rimanessero al Nord, si potrebbe, ad esempio, regalare una busta paga più pesante ai dipendenti o meno oneri agli imprenditori... Il che significa più crescita, più occupazione, più consumi. Un circolo sano e virtuoso insomma. No. Milano e Venezia non possono investire per il loro futuro perchè c’è da mantenere forestali o lavoratori socialmente utili meridionali. Eppure a leggere certi numeri c’è da diventare matti: Veneto e Lombardia cedono ogni anno allo Stato un residuo fiscale - cioè la differenza di entrate e spese nel territorio - di oltre 70 miliardi. Per la precisione 53,9 miliardi la Lombardia e 18,2 il Veneto. Per questo, per avere giustizia fiscale, Maroni e Zaia hanno indetto un referendum consultivo sull’autonomia. La scheda elettorale sarà molto semplice: lombardi e veneti volete avere più soldi in tasca? Già la prossima settimana si potrebbe capire la data del referendum. I governatori stanno trattando con Gentiloni per arrivare a un election day, in concomitanza delle amministrative di giugno. Se Palazzo Chigi dirà di no, allora si voterà probabilmente la prima domenica di ottobre. E allora sì, che Roma tremerà davvero. Anche con la Brexit, i grandi intellettuali ridevano dei rozzi contadini che volevano staccare la Gran Bretagna dall’Europa. Anche con Trump, i soliti maestri del politicamente corretto, stigmatizzavano i buzzurri del Midwest che hanno preferito Donald alla Clinton. Succederà lo stesso con i polentoni e ignoranti del Nord, che voteranno col portafoglio in mano e a gran voce diranno basta. La ricreazione degli sprechi è finita. Siamo realisti: è chiaro che Zaia e Maroni non potranno mai portare a casa il 90% delle tasse prodotte nei loro territori. Limitiamoci solo all’Irpef, cioè ai redditi dichiarati dai residenti in Veneto e Lombardia. Di che numeri parliamo? Venezia genera circa 15 miliardi l’anno, Milano oltre 37. In tutto sono 52. Se il 90%, come chiesto dai presidenti di Regione, rimanesse in loco, Roma perderebbe oltre 45 miliardi l’anno. Sarebbe la fine della sostenibilità finanziaria dell’Italia, sulla quale graverà dal 2018 il fiscal compact, cioè la manovra ventennale per ridurre il debito pubblico rispetto al Pil. Zaia e Maroni sono allora cattivi, che vogliono far fallire l’Italia? No, «sarà come accendere la luce nella notte della Repubblica», ha detto il governatore del Veneto.
Di Giuliano Zulin, da Libero
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