Referendum sull'autonomia, oggi il Consiglio regionale veneto torna a discuterne
Martedi 21 Febbraio 2017 alle 08:44 | 0 commenti
Si torna in aula e ancora una volta sarà battaglia. «È la madre di tutte le battaglie» ama ripetere il governatore Luca Zaia, che oggi spiegherà in consiglio regionale per quale motivo a tre anni di distanza si deve rimettere mano alla legge 15, quella che ha istituito il referendum sull’autonomia, aprendo un solco tra Venezia e Roma. La questione è duplice. Da un lato va ritoccata la parte in cui si prevede il negoziato con il governo sul quesito, perché nessun negoziato si è mai instaurato in questi mesi né mai si instaurerà , nonostante Zaia abbia spedito nella capitale un corposo dossier messo a punto dal costituzionalista del Bo Luca Antonini.
Il ministero degli Affari regionali, infatti, ha spiegato che il quesito può essere soltanto quello - che tante polemiche sta suscitando perché lapalissiano - che ha passato il vaglio della Corte costituzionale: «Vuoi che alla Regione del Veneto siano attribuite ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia?». In molti ironizzano: «Certo che no...» ma tant’è, quella è la domanda e quella resta anche se il Pd non si rassegna. Dall’altro lato verrà modificata la parte della legge che subordina il referendum ad una «previa intesa con le autorità statali», in particolare per quel che riguarda l’election day, ossia l’abbinamento della consultazione regionale con un altra votazione, siano le elezioni oppure un referendum, come quello della Cgil sui voucher. Su questo punto va rilevato l’atteggiamento del governo - non esattamente in linea col bon-ton istituzionale - che per due volte non ha risposto alle lettere che Zaia, prima in solitudine, poi insieme al collega lombardo Roberto Maroni, ha inviato al premier (Renzi prima, Gentiloni poi) e al ministro dell’Interno (Alfano prima, Minniti poi) chiedendo l’election day e, in caso di diniego, che ne fossero esplicitate le ragioni (proprio la mancanza «dell’evidenza oggettiva del diniego» potrebbe paradossalmente rappresentare un ostacolo, ha segnalato l’Ufficio legislativo). Una mossa studiata per mettersi al riparo da eventuali future contestazioni della Corte dei conti a cui né Palazzo Chigi, né il Viminale hanno replicato e ora Zaia s’è stancato di aspettare (avendo già annunciato urbi et orbi che il referendum si farà «entro l’anno» e pazienza se a fine 2016 diceva «entro l’estate»). Se la giornata odierna a Palazzo Ferro Fini ha un significato politico, dunque, questo sta nella manifesta volontà della Regione di andare avanti comunque, a prescindere dalla relazione col governo (mai concretizzata) ed anzi, nonostante il governo, con uno sdoppiamento non soltanto sul piano politico-partitico ma anche istituzionale. E fa riflettere che un evento tanto atteso nella nostra regione, caricato di aspettative e significati enormi, lontano dai nostri confini sia non solo poco discusso ma quasi del tutto sconosciuto, sebbene il governatore tenti di pubblicizzarlo a ogni occasione utile. Tant’è, nel silenzio tombale che ci circonda, oggi in Veneto si tornerà a litigare sull’autonomia. Zaia ha già detto che «si tira dritti, il referendum si farà ». Il sottosegretario dem Gianclaudio Bressa, suo antagonista in questa partita, replica che «Zaia vuole soltanto un plebiscito personale per ergersi a paladino del Veneto oppresso dal centralismo di Roma ladrona». Il capogruppo della Lega, Nicola Finco, è lapidario: «Il Pd vada avanti così, si sta facendo solo del male. Peggio per loro». In effetti, il resto dell’opposizione è favorevole al voto, dai «tosiani» (quasi tutti ex leghisti) al Movimento Cinque Stelle: «Il nostro sostegno è totale - dice il capogruppo Jacopo Berti - quando si tratta di ascoltare la gente noi siamo sempre favorevoli». Come si comporterà il Pd? Ieri c’è stata una riunione sull’argomento, da cui i dem non sono usciti con una posizione pregiudiziale: l’astensione, l’uscita dall’aula o il voto contrario (quello a favore è escluso) dipenderanno dall’accoglimento o meno del corposo pacchetto di emendamenti depositato. «Proprio perché prendiamo sul serio il referendum, vogliamo che sia chiaro ai cittadini quel che accadrà dal giorno dopo - spiega il capogruppo Stefano Fracasso - chiederemo che siano precisati i contenuti della consultazione (verrà presentato un parere giuridico sul punto, ndr ), chi ne sarà l’arbitro e il garante (loro suggeriscono il consiglio regionale, ndr ), quali siano i costi effettivi, perché è chiaro che 14 milioni di euro sono un’enormità (c’è chi sostiene possano bastarne la metà , ndr ), come sarà organizzata la comunicazione istituzionale, perché - conclude Fracasso - non può risolversi tutto in uno spot per il governatore».
Di Marco Bonet, da Corriere del Veneto
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