Raniero: Foibe, alcune riflessioni...su realtà e propaganda
Martedi 12 Febbraio 2013 alle 18:10 | 1 commenti
Germano Raniero - Nella ricerca storica sulla questione delle “foibe†il primo periodo storico da esaminare è quello dell’immediato dopo 8 settembre 1943, quando, in seguito all’armistizio firmato con gli Alleati, i militari italiani furono abbandonati dai vertici dell’esercito e si trovarono allo sbando. In questo stato di vacanza del potere alcune zone dell’Istria passarono per breve tempo sotto il controllo delle formazioni partigiane; vi furono arresti di persone, in genere compromesse con il regime fascista, ed anche esecuzioni sommarie causate da vendette personali.
Le vittime di questo periodo furono circa 300; i corpi di 200 di queste vittime furono riesumati da svariate “foibeâ€, ma su questi recuperi torneremo più avanti.
Consideriamo ora invece che per riprendere il controllo del territorio i nazifascisti causarono, tra fine settembre ed i primi di ottobre, migliaia di vittime nel territorio istriano: il fatto è che di questi morti non si parla mai, come se non esistessero, nonostante siano almeno dieci volte più numerosi degli “infoibati†nel periodo immediatamente precedente.
Da subito iniziò l’uso strumentale delle foibe per nascondere i crimini commessi dai nazifascisti: si misero in evidenza esclusivamente le violenze operate dai partigiani tacendo della feroce repressione nazifascista. Esempio di questa manovra è la pubblicazione di un libello dal titolo “Ecco il conto!â€, pubblicato sia in lingua italiana che in lingua croata, contenente alcune foto di esumazioni di salme e basato fondamentalmente su slogan anticomunisti. Si volle in tal modo creare un clima di terrore nella popolazione allo scopo di isolare il movimento partigiano, che veniva descritto come feroce e pericoloso per tutti i civili, e che lo scopo del potere era proprio quello di difendere la popolazione dalle violenze dei partigiani.
Per comprendere come iniziò la propaganda nazifascista : < I servizi della X Mas assieme a quelli nazisti organizzarono la riesumazione propagandistica degli uccisi, con ampio uso di foto raccapriccianti dei cadaveri semidecomposti e dei riconoscimenti da parte dei parenti. Le prime pubblicazioni organiche di propaganda sulle foibe sono due: “Ecco il conto!†edita dal Comando tedesco già nel 1943, ed “Elenco degli Italiani Istriani trucidati dagli slavo-comunisti durante il periodo del predominio partigiano in Istria. Settembre-ottobre 1943†redatto nel 1944 per incarico del Comandante Junio Valerio Borghese, capo della X Mas e dell’on. Luigi Bilucaglia, Federale dei Fasci Repubblicani dell’Istria, da Maria Pasquinelli con l’ausilio di Luigi Papo ed altri ufficiali dei servizi della X Mas >.
Un altro documento che dovrebbe servire a mettere fine alla querelle sul numero degli infoibati nel periodo in questione è una nota inviata al capitano Miani dal federale dell’Istria Bilucaglia, nell’aprile 1945, che accompagnava 500 pratiche relative a risarcimenti destinati a parenti di persone uccise dai partigiani dall’8/9/43 fino allora. È quindi una stessa fonte ufficiale fascista a dichiarare che, ad aprile 1945, gli “infoibati†in Istria non erano stati più di 500, comprendendo in questo numero anche gli uccisi per fatti di guerra nei 18 mesi successivi al breve periodo di potere popolare nella zona di Pisino.
II fase: dopo il maggio 1945: le foibe come “contraltare†ai crimini di guerra italiani.
La propaganda sugli infoibamenti e sui crimini che sarebbero stati commessi dai liberatori ricominciò dopo la fine della guerra. In tutta Italia (come del resto negli altri paesi d’Europa che furono occupati dai nazifascisti) si verificarono delle rese dei conti contro chi aveva collaborato con il nemico invasore, però (pur in presenza di operazioni come la corposa produzione letteraria sui “crimini dei liberatoriâ€, della quale Giampaolo Pansa è uno dei capiscuola) la propaganda oggi sembra concentrarsi per la maggior parte sugli avvenimenti del confine orientale.
III fase, anni ’90, grandi manovre.
All’inizio degli anni ‘90, dopo il crollo del muro di Berlino e l’asserita “fine del comunismoâ€, con il contemporaneo sfascio della Jugoslavia, anche la pubblicistica sulle foibe ha conquistato nuova linfa.
Fondamentale in questa operazione il ruolo del pordenonese Marco Pirina, che negli anni ‘60 e ‘70 era stato un attivista di estrema destra (quale rappresentante del Fronte Delta fu coinvolto nelle indagini sul tentato golpe Borghese, e poi prosciolto), che iniziò una serie di pubblicazioni sulle vicende del confine orientale, finalizzate a dimostrare la “barbarie†dei partigiani, la violenza dei “vincitoriâ€, ma usando a questo scopo metodi poco ortodossi, come il moltiplicare la quantità di “infoibati†inserendo negli elenchi delle “vittime dei titini†anche moltissimi nominativi di persone che non erano state uccise dai partigiani.
 Il dato è che solo una minima parte di coloro che morirono per mano partigiana durante e dopo la guerra furono effettivamente uccisi nelle foibe, mentre la maggior parte di coloro che persero la vita nel dopoguerra morirono nei campi di prigionia o dopo condanna a morte. Ma accettare a livello storicistico una tale definizione, che nell’immaginario collettivo ha sempre richiamato l’immagine di una morte terribile, significa soltanto voler perpetuare una generalizzazione mistificante che non fa certo un buon servizio alla realtà storica.
Punto finale, 2010: “colpire la memoria, riscrivere la storiaâ€.
“Operazione foibe a Trieste†si apriva con la citazione di alcuni versi della canzone “Ruggine†degli Africa Unite: “colpire la memoria, riscrivere la storiaâ€, parole che a distanza di 13 anni appaiono quanto mai appropriate. Nel 2004 fu approvata la legge per l’istituzione del Giorno del ricordo “della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale†(14), da celebrare il 10 febbraio, cioè nell’anniversario della firma del Trattato di pace del 1947.
Sostanzialmente in tal modo viene lasciato ai propagandisti come Pirina di entrare nel merito concreto della questione (cioè il numero dei cosiddetti “infoibatiâ€), senza valutare se quanto detto corrisponda a verità ; e considerando che Pupo ha fatto anche un breve cenno alla questione dei “negazionistiâ€, da lui definito come fenomeno marginale al quale è stato dato anche troppo risalto, ciò che viene da pensare è che Pupo ritenga valide le cifre di Pirina, visto che considera “negazionisti†coloro che lo hanno smentito.
Nell’ambito della valutazione di questi fenomeni storici da un punto di vista politico, vediamo poi anche che la vicenda non solo non viene inquadrata nell’ambito di quella che fu la sistemazione degli equilibri internazionali alla fine della seconda guerra mondiale, ma che si è addirittura giunti alla creazione di un “non-fenomenoâ€.
E nel contempo diventa necessario, per perpetuare questa teoria politica, considerare con sufficienza, se non con disprezzo, gli storici che insistono nel voler fare la “contabilità dei mortiâ€, cioè distinguere le modalità delle uccisioni e le qualifiche delle vittime.
In realtà , come evidenziato in precedenza, la Jugoslavia non aveva in alcun modo “pianificato†le uccisioni di chi poteva essere considerato un “nemicoâ€; così i militari prigionieri nei campi di internamento, morti per malattia, non furono uccisi scientemente perché “pericolosi†per la costruzione della nuova Jugoslavia, né si può attribuire alle autorità jugoslave la responsabilità degli uccisi per vendette personali o regolamento di conti.
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