Randagismo: un settore che non conoce crisi
Mercoledi 2 Marzo 2011 alle 10:38 | 0 commenti
Federfauna - Tagli, tagli, tagli, ma il randagismo sembra intoccabile. Devono far riflettere non solo i tagli ad attivita' produttive come l'allevamento, ma quelli ai servizi sociali e alla persona, all'assistenza dei disabili, dei bambini, degli anziani: nella sola Liguria 14 milioni tolti ai non autosufficienti. Ma il randagismo sembra intoccabile: si spendono milioni di euro per realizzare canili, poi c'e' il mantenimento degli animali, le spese sanitarie, le ristrutturazioni e le convenzioni con associazioni che hanno "volontari a tempo pieno".
Si', e' vero: gli animali vanno accuditi tutti i giorni e quindi ci deve essere il "personale" fisso, ma e' quantomeno singolare leggere sui giornali, titoli come: "a rischio gli stipendi dei volontari"!... Eppure anche qualche veterinario vede nel randagismo un possibile impiego che gli garantisca il futuro e qualcuno ha addirittura scritto che la gestione del fenomeno deve cominciare ad avvenire "con un'ottica d'impresa". E' triste, ma la cronaca porta a chiedersi come si possa dargli torto, visto che la gestione del randagismo sembra essere tra le attivita' piu' finanziate (alcune stime parlano di 2 miliardi di euro tra Stato, Regioni e Comuni, tra gestione ordinaria e progetti vari) e soprattutto, sembra non conoscere crisi, difesa com'e' da alcuni degli attori coinvolti. Quando, poco tempo fa, qualche Amministratore ha "osato" chiedere conti e trasparenza di operato, sono scattate subito proteste, offese, quando non addirittura pesanti minacce!... Il settore e' vasto e ramificato: si va dalla gestione dei canili finanziati con soldi pubblici al fiorente import-export di randagi, o da Paesi come la Spagna o la Romania verso l'Italia, connesso ad una costante ricerca di stalli, staffette e soprattutto donazioni, oppure dall'Italia verso la Germania o altri Paesi del nord, in cui sembra esista un vero e proprio mercato del cane di seconda mano. Quest'ultima attivita' poi, probabilmente fruttuosa al pari dell'importazione dei cuccioli di razza dall'Est, sembra essere anche molto meno rischiosa: si e' letto di stock da 50-100 randagi, tra i quali anche cuccioli di 40 giorni, fatti viaggiare con mezzi presi a noleggio (abilitati o meno, poco importa), ma non si e' sentito di molte misure prese dalle Istituzioni per fronteggiare il fenomeno. La stessa Legge 201, fotremente voluta dagli animalisti, e' nata come provvedimento anticuccioli dell'Est, mica antirandagi dalla Spagna o dalla Romania o anti deportazioni in Germania. Ci sono poi i finanziamenti a progetti specifici, l'educazione ecozoofila, le campagne di sensibilizzazione: quelle che magari definiscono crudele la detenzione di una tigre in gabbia ma dimenticano che la vita di un cane nel box di un canile, per quanto "animalista" sia, non e' differente se non addirittura peggiore. Quelle che sostengono che un cane acquistato in un negozio o in un allevamento rubi il posto in famiglia ad un randagio, ma che dimenticano che la stessa cosa puo' avvenire quando il randagio e' staffettato o importato da altra localita'. Insomma, fino a che si continuera' a parlare di gestione del problema randagismo e non di risoluzione, e fino a che in tale gestione saranno coinvolte Onlus dai bilanci milionari, e' difficile pensare ad un problema a termine. Anzi, a chi oggi volesse avere un futuro sicuro come "volontario", verrebbe quasi spontaneo suggerire di lasciar perdere settori di volontariato duro e poco finanziato, sempre sotto taglio, e di dedicarsi invece al randagismo: un settore che non consoce crisi.
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