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Procura di Vicenza, processo per i vertici del Banco Popolare
Sabato 6 Giugno 2015 alle 21:48 | 0 commenti
La procura di Vicenza ha chiesto il rinvio a giudizio dei vertici del Banco Popolare, gruppo che controlla tutti gli sportelli a marchio Banca Popolare di Verona, per il concorso in estorsione, truffa e usura. Il 23 settembre davanti al gup compariranno quindi il presidente dell’istituto di credito Carlo Fratta Pasini, l’ad Pier Francesco Saviotti e il direttore generale Maurizio Faroni, oltre al funzionario della filiale di Arzignano, Adelino Zanderigo. Spetterà al giudice decidere se rinviarli a processo.
Al centro della querelle, la denuncia della Edilparise srl, società vicentina che vende materiali edili: la sede arzignanese dell’istituto di credito avrebbe minacciato i titolari dell’azienda di non concedere un fido, ottenendo così dai soci una fideiussione e la graduale estinzione del debito. In caso contrario - è l’accusa - la banca avrebbe segnalato la ditta alla centrale rischi precludendole di conseguenza la possibilità di ottenere ulteriori finanziamenti. Secondo la procura, un’estorsione. Inoltre la banca per diverso tempo avrebbe preteso da Edilparise tassi oltre la soglia di usura. La truffa ipotizzata, invece, starebbe nel fatto di aver applicato «con artifizi e raggiri» interessi maggiori a quelli convenuti «con ingiusto profitto». Fin qui le accuse rivolte a Massimiliano Avanzi, che vanno inevitabilmente a coinvolgere anche Fratta Pasini, Saviotti e Faroni «per avere omesso ogni controllo e ogni forma di vigilanza, di competenza degli organi di vertice della banca, atta a impedire la commissione del reato». L’istituto di credito veronese si difende: «Le accuse nei confronti dei vertici della Banca sono assolutamente infondate - si legge in una nota - e si basano anche su un grossolano errore di metodo del consulente incaricato dal pubblico ministero». L’avvocato della Edilparise, Renato Bertelle, invece, ricorda: «La Banca ha già avuto modo di esporre al consulente le proprie giustificazioni, ma è evidente che non sono bastate a far cambiare idea alla procura».
di A.Pri. dal Corriere del Veneto
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