Prestiti: i primi dati di Istat portano il segno positivo, ma i vicentini forse sono al top della classifica per il flop delle loro azioni BPVi
Lunedi 7 Marzo 2016 alle 20:02 | 0 commenti
A far pensare che la crisi svanisca non sono i luoghi comuni, come i ristoranti sempre pieni, ma i dati dell'Istat che dichiarano che gli italiani hanno rotto gli indugi verso uan maggiore propensione alla spesa già durante il 2015, alzando anche la percentuale di richieste di credito, per lo più per beni durevoli. Gli ultimi tre mesi del 2015 sono stati, infatti, assieme ai primi mesi del 2016, i più profiqui in particolare per quanto riguarda i prestiti finalizzati.I dati nazionali che nel 2016 inziano con il segno positivo - +11,7% per la domanda di prestiti e +13,5% per l'importo medio richiesto, come documenta il sistema di informazioni creditizie Crif - si differenziano tra piccoli centri, dove le richieste sono più animate, e capoluoghi più vasti, dove le domande restano al di sotto della media.
Le dinamiche di incoraggiamento all'acquisto, che, dal 2014, cercano di andare incontro agli acquirenti italiani, hanno avuto i loro risultati in questi utlimi mesi grazie anche alle molte offerte a "tasso zero" o a tassi promozionali da parte delle catene, in particolare di elettronica. Le opzioni dei finanziamenti, infatti, sono sempre in aumento dando alle famiglie la possibilità di valutare un cambio d'auto o un elettrodomestico sino ad ora rimandato. Toccando corde più vicine a noi la città di Vicenza si colloca al decimo posto tra tutte le province che nel bimestre gennaio-febbraio 2016 hanno incrementato la richiesta di prestiti, con un 27,8% secondo i dati Eurisc. Tutti questi dati a livello nazionale, che sono la combinazione di quelli local, fanno presagire una fiducia delle famiglie italiane nell'economia che forse ora, dal 2009 in poi, inizia a vedere un po' di luce in fondo al tunnel, sperando che questo non rimanga uno slogan di origine "montiana".
Ma non è questo il caso di molti vicentini che, invece, hanno visto sparire sotto i propri occhi i risparmi di una vita depositati in gran parte nella casse della Banca Popolae di Vicenza sotto forma di azioni, che valevano 62,50 euro, dicevano gli uomini di Zonin, ma per le quali la soglia di un euro è come un miraggio da soganre di rendere vero.
È forse per questo crollo di circa 6 miliardi rispetto al valore teorico massimo delle azioni, improvviso e imprevisto dagli inconsapevoli, piccoli soci della BPVi, che la richiesta di prestiti in aumento a Vicenza potrebbe essere letta al contrario: invece che una aumentata propensione all'acquisto, sintomo di ottimismo spazza crisi, i vicentini potrebebe ssere stati costretti a ricorrere ai finanziamenti una volta sparito il gruzzolo per "autofinanziare" gli acquisti di beni durevoli, una volta diventati necessari.
Le testate e i tg parlano di ripresa, la politica la promette in continuazione, ma nelle case vicentine c'è tutt'altro che fiducia e serenità e i dati delle statistiche non rappresentano a sufficienza la condizione di coloro che avevano investito denaro e sogni nella Banca Popolare di Vicenza. Iniziare l'anno con dei dati positivi dà speranza ad una nazione che ne ha estremo bisogno, a famiglie che durante la crisi hanno imparato a pianificare le spese familiari come le banche (o, si spera, meglio?) e far girare di nuovo l'economia. Una fiducia, però, minata sul nascere purtroppo, perchè difficilmente i vicentini colpiti torneranno a fidarsi della Banca, che invece ha in mano le sorti dei loro risparmi e anche del loro futuro.
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