Presentato il libro delle Opere scelte di don Pierangelo Rigon
Martedi 21 Febbraio 2017 alle 10:02 | 0 commenti
Alcuni giorni fa ad Ancignano-Sandrigo nella bella chiesa settecentesca, un vero scrigno che suscita a chi la frequenta il senso del bello e quindi del bene, è stato presentato il libro (Editrice Veneta) che raccoglie una scelta di opere del sacerdote don Pierangelo Rigon di Sandrigo prematuramente scomparso lo scorso anno. L'iniziativa, assunta dai Fedeli di Ancignano, ha raccolto il plauso del Vescovo di Vicenza mons. Beniamico Pizziol e quello del vescvovo di Adria-Rovigo mons. Pierantonio Pavanello. Le opere sono tratte dalle omelie, dagli interventi sui giornali parrocchiali e dai lavori di ricerca sul Cardinale I. Schuster, che il presbitero aveva compiuto presso l'Università Pontificia sant'Anselmo di Roma, conseguendo il dottorato in Liturgia: era l'unico scerdote nella diocesi ad avere questo importante titolo.
Il volume impreziosito da fotografie, è una precisa testimonianza sul valore del sacerdote, proprio in questi difficili tempi, quando notizie ne oscurano la figura. Figura centrale nella Chiesa cattolica il cui compiuto è prima di tutto quello di celebrare il Sacrificio eucaristico ed insieme la cura d'anime. Il grande modello, additato da tutti i papi del Novecento e anche dall'attuale è il Curato d'Ars (Giovanni Maria Vianney, 1786 -1859) che con grande impegno e dedizione aveva proprio, come tanti altri santi, particolare cura della vita spirituale interiore. La presentazione ha inteso "fare memoria" di don Pierangelo Rigon, non semplicemente ricordarlo, perché con questa pubblicazione di scritti e testimonianze sia confermata la sua atualità e il suo invito alla vita cristiana. A questa intese conformare sempre il suo servizio, fin da quando nel 2006 ebbe la cura della Parrocchia di San Pancrazio ad Ancignano. Le sue parole di allora sono una precisa indicazione di servizio e vita: "Io vengo anzitutto come sacerdote per porgere alle famiglie quanto di più prezioso ha la Chiesa: il Vangelo, i Sacramenti, la Carità esercitata in nome del Signore Gesù Crocifisso e Risorto".
Don Pierangelo Rigon, innamorato fin dalla più tenera infanzia del sacrificio eucaristico, sempre lo tenne nella più alta considerazione e fu la sua gioia sempre e con il Curato d'Ars che egli volle raffigurato, una statua, innanzi alla casa canonica di Ancignano, ricordava che "Il Sacerdozio è l'amore del cuore di Gesù" che si esprime nella Santa Eucaristia e nell'annuncio, come ricorda san Paolo: "Non è infatti per me un vanto predicare il vangelo; è un dovere per me: guai a me se non predicassi il vangelo!" (1Cor 9,16).
In questo ricordava tutto quanto i pontefici nell'ultimo secolo da San Pio X all'attuale hanno affermato intorno alla figura del sacerdote. Paolo VI nella Sacerdotalis caelibatus con parole efficaci sostiene: "Il suo particolare impegno nella propria santificazione trova infatti nuovi incentivi nel ministero della grazia, e nel ministero dell'eucaristia, nella quale è racchiuso tutto il bene della chiesa: agendo in persona di Cristo, il sacerdote si unisce più intimamente all'offerta, deponendo sull'altare tutta intera la propria vita, che reca i segni dell'olocausto." Ciò nella linea del Concilio Vaticano II e del decreto Presbyterorum ordinis, dove risuonano le parole sempre valide ed efficienti: "I presbiteri, in virtù della sacra ordinazione e della missione che ricevono dai vescovi, sono promossi al servizio di Cristo maestro, sacerdote e re; essi partecipano al suo ministero, per il quale la Chiesa qui in terra è incessantemente edificata in popolo di Dio, corpo di Cristo e tempio dello Spirito Santo. [...] I presbiteri non devono perdere di vista che nel loro lavoro non sono mai soli, perché hanno come sostegno l'onnipotenza di Dio."
L'attuale pontefice della Chiesa cattolica, papa Francesco, ha espresso la sua riflessione sul sacerdozio numerose volte, qui ricordiamo quella dell'Esortazione apostolica Evangelii gaudium del 2013, dove afferma: "Anche quando la funzione del sacerdozio ministeriale si considera "gerarchica", occorre tenere ben presente che «è ordinata totalmente alla santità delle membra di Cristo». Sua chiave e suo fulcro non è il potere inteso come dominio, ma la potestà di amministrare il sacramento dell'Eucaristia; da qui deriva la sua autorità , che è sempre un servizio al popolo".
Accanto alla celebrazione della S. messa, don Pierangelo invitava costantemente alla preghiera che deve accompagnare ogni momento della vita di un cristiano, Dimenticare la dimensione dell'orazione è dimenticarsi di Dio, lasciarLo al di fuori di noi. Ciò non significa negarlo o non riconoscerlo, ma non fare di Lui la dimensione orizzontale e verticale della vita, come ricordava ai suoi corrispondenti Santa Teresa d'Avila e con lei tutti i Santi. La Liturgia, di cui don Pierangelo fu dottore non solo per studi accademici, è la preghiera che i fedeli insieme, riuniti nel Cenacolo - ogni chiesa nella quale nessuno è mai ospite- compiono con la guida del sacerdote, facendo memoria della morte/ressurrezione di Gesù Cristo e della rendenzione, la gioia, da lui portata come dono agli uomini. Precisava sempre don Pierangelo che la liturgia non va confusa con "i riti" i "gesti" che si possono compiere o definiti precisamente o liberi, talora eccessivamente "originali", ma è, come ha ben spiegato papa Benedetto XVI, una Lex orandi. Un modo di pregare e la Chiesa Cattolica ha diversi modi di pregare (lex orandi), tutti egualmente importanti e validi. Non vi è una liturgia superiore alle altre e don Pierangelo lo attestò, quando, avvalendosi del Motu proprio Summorum pontificum, radunò in questa chiesa, coloro che nella Diocesi di Vicenza e non solo, intendevano pregare nel modus del Messale edito da San Giovanni XXIII del 1962, che è l'unico Missale romanum di riferimento. Don Pierangelo, non sempre "accettato"in questa sua scelta, testimoniava però il suo valore di preghiera, che ancor oggi, qui, ha, grazie a mons. Vescovo Beniamino Pizziol e al parrocco don Giovanni, possibilità di svolgersi, perché, come scrisse Benedetto XVI,: "Queste due espressioni della "lex orandi" della Chiesa non porteranno, né dovranno mi permetto di aggiungerre, in alcun modo a una divisione nella "lex credendi" ("legge della fede") della Chiesa; sono infatti due usi dell'unico rito romano."
Amare la liturgia, non gli estetismi o gli originalismi, significa porsi come la sposa davanti allo sposo nella bellezza, ornata di significato comprensivo della sostanza alla quale si avvicina. La Chiesa è sempre militante davanti all'amore di Dio per l'uomo e chiede di essere ricambiato... per quanto è possibile con uno slancio della mente e del cuore. La bellezza della fede e dei luoghi dove si svolge in modo particolare, le Chiese, e il bene sono sempre congiunti. Per questo motivo le Chiese sono ornate e cercano di essere "belle", ossia congiungere l'armonia della costruzione e degli arredi alla bellezza della fede e devono invitare a ciò e anche nei più sperduti villaggi dell'Africa se si vede una chiesa, questa è sempre ornata con equilibrio a seconda del luogo ovviamente della santità del tuo tempio."
In modo sobrio don Pierangelo celebrava nelle due lex orandi della Chiesa romana e apprezzava che la liturgia fosse accompagnava da una buona musica sacra come aveva anche indicato mons. Ferdinando Rodolfi e che nel coro "Laetificat juventutem meam" ha trovato per la Lex orandi del Messale 1962, felice attività .
Ma non solo per la preghiera liturgica facciamo memoria di don Pieranglo Rigon di porre in luce l'attività pastorale e in primo luogo le omelie che egli proponeva con quella sobrietà che già il sacerdote poeta Giacomo Zanella chiedeva nel sonetto
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Chi per febbre di plausi il lezïoso
Stempra sermon che sol dal labbro esala,...
Nelle omelie, sempre preparate si evidenziava senza sfoggio la sua cultura, ma soprattutto non tediava i fedeli con lunghe prediche, conscio che uno o due riflessioni sono bastevoli ai fedeli, perché è necessario non che sia bravo il predicatore, ma che il fedele porti con sé quanto detto.
> Non fu facile nemmeno il suo servizio, ma quale servizio è facile, i serviti vorrebbero troppo spesso ottenere quello che individualmente vogliono e se non l'ottengono...criticano, ma il sacerdote che guida una comunità di fedeli ha anche la responsabilità di dire"no", come un buon padre e lo diceva anche a coloro che seguivano il rito detto"antico", perchè prima di tutto viene il bene dell'insieme, della chiesa che è pax et concordia, ossia il riunirsi nel nome di Cristo.
I suoi interventi nelle pubblicazioni della parrocchia, nei giornali, la sua attività di ricercatore instacabile nella liturgia, il suo servizio nei sacramenti è e deve essere ben ricordato, perchè, facendone memoria, noi continuiamo nel cammino della fede anche senza di lui presente, ma vicino ed orante in ben più alta liturgia, come indicavano i suoi amati cardinale Idelfonso Schuster e il Curato d'Ars, Svolgeremo la nostra fede, mantenendoci vicini ai nostri sacerdoti per aiutarli e con la consapevolezza che se mancano...,temo, come diceva il curato d'Ars, si ameranno più i cani dei cristiani!
La presentazione si è conclusa non con il battimani, forma un po'troppo "alla moda", ma con un momento di preghiera svolto da don Giovanni Sandonà , parrocco dell'Unità Pastorale cui appartiene Ancignano.
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