Poveri noi
Sabato 21 Gennaio 2012 alle 09:02 | 0 commenti
Riceviamo da Nicola Giangregorio, Comitato C.R.E.D.I.C.I., e pubblichiamo
Il titolo potrebbe far pensare ad una scontata esclamazione, ma dietro quelle due parole si nasconde un significato non tanto scontato per quelle persone che vivono in condizioni di povertà . Termine che viene molto spesso accostato principalmente alle insufficienti risorse economiche, ma che in realtà nasconde uno stile di vita segnato da privazioni e precarietà . Diritti primari come la casa, lavoro, alimentazione, salute, educazione e giustizia sono messi in discussione e negati, anche se contemplati dalla nostra Costituzione.
Effetti, questi, devastanti per molte famiglie, trattate dalle istituzioni con benevolenza, come una semplice concessione, avendo cura del mantenimento dello stato di povertà . Le storie risalenti alle povertà degli anni 40, attraverso la nostra generazione di cinquantenni, viene riscritta in un contesto diverso, per un popolo sommerso che, con dignità , cerca di affrontare la sfida della sopravvivenza giornaliera. Queste non sono frasi retoriche e di propaganda perché sono dimostrate e dimostrabili, sia dai dati Istat e sia prendendo in esame lo stipendio di un un operaio/impiegato, il cui salario è di 1200 euro al mese, che deve vivere con 40 euro al giorno. Per non parlare di un precario che vive con 30 euro al giorno o un pensionato che percepisce una pensione minima di 700 euro vivendo con 23 euro al giorno. Si parla tanto di liberalizzazioni per aumentare la concorrenza e dimezzare i prezzi, ma si manca di aderenza alla realtà quando si dimentica che la concorrenza è stata superata più volte dalle lobby che hanno fatto cartello. Non si tiene conto che, se oggi a chi non ha un lavoro gli chiedi le tasse sulla casa, fra qualche anno lo ritroverai con la sua famiglia a vivere all'interno di una macchina, non si tiene conto che se non avrà soldi per fare la spesa affollerà le mense della Caritas, se non potrà pagare le bollette per riscaldarsi si ammalerà gravando sulla spesa sanitaria. Ma come è possibile non tener conto che ogni azione fatta in questa ottica porterà ad un aggravio della spesa pubblica? Perchè non investire oggi i soldi che lo Stato pagherà domani, per aiutare le aziende ad assumere ed a essere più competitive? Personalmente credo che le liberalizzazioni non sono la cura, ma il tentativo estremo ed irrazionale di chi ha le mani legate da un enorme debito, si trova sull'orlo del precipizio e vuole salvarsi. A tal riguardo, emblematico è il disagio che, i contrari alle aperture domenicali dei centri commerciali, vivono quando pensano alle conseguenze di tale scelta e poi, girando la testa, scoprono che oggi molti pensionati, precari e disoccupati ringraziano Dio se i centri commerciali sono aperti anche di Domenica, almeno avranno un luogo caldo d'inverno e fresco d'estate dove ritrovarsi risparmiando sulle bollette.
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