Popcorn: La vita folle del progresso
Sabato 15 Agosto 2009 alle 08:00 | 0 commenti
Sono disponibili nel mercato dell'home video i primi due film della trilogia di Qatsi. Koyaanisqatsi è un "documentario" sulla frenesia della vita moderna e sull'assurdità distruttiva di certe scelte
Concludo questa prima fase estiva di recensioni (la settimana prossima non ci sarò: me ne vado a meditare in un monastero buddhista) con la riproposizione di questo mitico film, primo della trilogia di Qatsi, oggi disponibile sul mercato dell'home video in un cofanetto che comprende anche il secondo, Powaqqatsi (1988). Bisognerà attendere ancora un po', probabilmente, per vedere il terzo, Naqoyqatsi (2002), oggi purtroppo acquistabile solo in versione Region1, cioè per lettori made in USA o Canada. ‘Qatsi' significa ‘vita' nella lingua degli Hopi, una delle innumerevoli etnie amerindie sterminate dall'avanzare della ‘civiltà ' dei bianchi, i cui discendenti vivono oggi miseramente in una riserva dell'Arizona.
La parola intera - ko-yaa-nis-qatsi - ha un significato composto e complesso (prendo le traduzioni dalla coda del film): "vita folle, vita in tumulto, vita in squilibrio, vita in disintegrazione"; insomma, "uno stato di cose che richiede un nuovo modo di vita". Concetti che le culture ‘primitive' e preindustriali non si stancano di ripetere da millenni, o per lo meno da secoli, se non altro da quando hanno incontrato la voracità distruttiva del ‘Progresso' tecnologico, che le ha quasi completamente cancellate.
Ma il modo in cui Reggio ce li illustra, è semplicemente stupefacente, è un linguaggio cinematografico assolutamente nuovo, qualcosa di mai visto prima, e conseguentemente, qualcosa la cui potenza comunicativa ed espressiva è inaudita, bypassa i normali ‘canali' cui siamo abituati per raggiungere non mediatamente livelli di commozione e di emozione che non credevamo nemmeno di possedere.
Non c'è una ‘storia', in Qoyaanisqatsi, ma solo ‘immagini', che parlano da sé, senza mediazioni, senza essere sottomesse alla banalità di un racconto. Lo stesso montaggio di queste immagini è solo limitatamente e marginalmente ‘didascalico': in questa sua stupenda e raffinatissima opera, Reggio rifugge da ogni ‘moralismo', lasciando appunto che le immagini e le cose entrino quasi subliminalmente in noi, operando alchimie imprevedibili, misteriose ed uniche. Non dimentichiamo, infine, che questa è un'opera a quattro mani, e che al linguaggio di Reggio è intimamente legata la stupenda colonna sonora di Philip Glass, assolutamente non banale ‘commento' e accompagnamento, ma ‘discorso' ad un tempo a se stante ed intrecciato a quello dell'immagine, a comporre una sintesi espositiva perfetta.
Davvero poveri esseri, quelli che hanno etichettato questo film come ‘documentario ecologista', accusandolo di ‘stucchevole lirismo': significa veramente - per una volta lasciatemi attaccare dei ‘colleghi' - non aver capito un cazzo. Qoyaanisqatsi è - nonostante i quasi trent'anni di vita: anzi, forse oggi più che mai - una sferzata alle coscienze che viene dal fondo dei polverosi pueblos degli Hopi, ma che probabilmente tenta invano di raggiungere, ancora una volta, le nostre case di plastica colorata. Ne rimarranno fuori anche le profezie Hopi che accompagnano dolenti le immagini: "Se deprediamo il terreno di elementi preziosi, invitiamo il disastro". Curioso. Fosco Maraini, nel suo bellissimo "Segreto Tibet", edito da Corbaccio, racconta che il suolo tibetano era ricco d'oro, ma che i contadini non gradivano che ne venisse raccolto troppo perché, dicevano, ‘il terreno si isterilisce'. ‘Pazzi primitivi', li ha definiti il nazicomunismo cinese, che ha infranto l'interdipendenza tra ambiente ed esseri senzienti che essi avevano sapientemente realizzato, avviando la trasformazione anche del Tibet in discarica per i rifiuti del progresso. Ma, dicono ancora gli Hopi, "un giorno verrà scagliata dal cielo un'urna di ceneri, che brucerà la terra e farà ribollire gli oceani". Quel missile che nei primi fotogrammi sale trionfante nel cielo, negli ultimi esplode, riempiendo l'aria di fumi e fuochi infernali, e in quei rottami fiammeggianti che a lungo, estenuantemente, scendono verso terra non possiamo fare a meno di vedere l'arroganza infranta di Lucifero, che paga con la distruzione la sua ubris, il suo folle desiderio di farsi pari agli Dei.
Koyaanisqatsi, Godfrey Reggio, USA, 1982
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