Pluto, Pippo e Fido
Lunedi 17 Settembre 2012 alle 23:45 | 0 commenti
Da VicenzaPiù n. 240 e BassanoPiù n. 2 in edicola, in distribuzione e sfogliabile comodamente dagli abbonati  Â
Le proteste che stanno scaturendo dall'affaire Pluto sono il frutto di un giustificato sentimento di sconforto e indignazione. Nel mucchio c'è ovviamente anche una buona dose di calcolo politico. È nella natura delle cose. Le elezioni comunali si avvicinano e ognuno cerca di rigirare la minestra come meglio crede. Ma la partita dialettica cominciata qualche settimana fa rischia di trasformarsi in una zuffa da capponi di Renzo in cui presunti contrari e presunti favorevoli all'opera si scontrano senza cercare capire la ragione chiave dello scontro.
E la ragione di fondo si chiama Nato. Con tutti gli annessi e connessi, geopolitici e di banale tasca che ne seguono. Fintanto che l'Italia ne farà parte, fughe in avanti da parte della difesa Usa con il consenso dei massimi vertici politici e militari italiani saranno la norma. In realtà che il centro di addestramento di Longare si faccia o meno; che contenga la «training facility» più avanzata al mondo o che contenga solo un deposito di gazzose del Vermont poco importa. Ogni volta che un insediamento del genere viene a contatto con l'opinione pubblica gli animi si scaldano: poco o tanto ma si scaldano. A partire dalla metà degli anni Duemila tra i casi più indicativi, oltre a camp Ederle 2, ci sono il sito Muos di Niscemi in provincia di Caltanissetta e il potenziamento di Camp Darby tra Pisa e Livorno. Area per la quale, da anni, importanti esponenti del centrosinistra toscano invocano, ben sapendo di parlare tanto per parlare, una progressiva smilitarizzazione del complesso.
La questione è dirimente. Gli accordi che regolano l'adesione dell'Italia alla Nato, ma soprattutto gli accordi bilaterali che sovraintendono alla alleanza militare tra Usa e Italia sono de facto segreti. Sono il frutto di un periodo opaco, ostico da conoscere a fondo, anche per gli storici, che va dalla seconda metà degli anni Quaranta alla seconda metà del decennio successivo. Tale periodo è il brodo di coltura nel quale si è materializzato quel rapporto di forza che ha fatto della penisola un Paese a sovranità limitata: «servi degli Stati Uniti» come sapidamente dice lo scrittore Massimo Fini. Cosa peraltro che in passato non ha impedito a politici astuti come Giulio Andreotti, che l'Italia intessesse solide relazioni con regimi invisi agli Stati Uniti. Libia in primis.
Di conseguenza è sterile accapigliarsi in un dibattito Pluto sì, Pluto no. Senza domandarsi prima: è ora che l'Italia rompa e rinegozi gli accordi degli anni '50 e quelli successivi? È ora o è giusto o è opportuno che l'Italia esca dall'alleanza atlantica? Di recente il presidente della provincia Titti Schneck (Lega), il sindaco vicentino Achille Variati (Pd) e il sindaco di Longare Tano Fontana (area Pdl) si sono trovati per discutere del caso Pluto. Nella più coraggiosa delle ipotesi le critiche sono finite al governo italiano, mai «all'alleato» americano. E se da una parte Fontana ha pacificamente dichiarato, «per cultura e convinzione», di essere filo-americano con quella soavità mariana tipica del pater familias democristiano veneto degli anni Sessanta, Variati e Schneck si sono ben guardati dall'affrontare l'argomento: ben intuendo i due che discutere della cosa equivalga a toccare i fili dell'alta tensione. Così ne hanno fatto una questione di correttezza di rapporti con il governo e di sana gestione della res publica locale. «Io sono un amministratore» ha ripetuto più volte Schneck, che è interessato più alle mancate compensazioni in termini di oneri et similia che alla questione in sé stessa. Compensazioni che per legge però non sono dovute quando c'è di mezzo la difesa.
Ma tant'è una domanda nasce spontanea. Come avrebbe argomentato Schneck se al posto di un centro di addestramento gli Usa avessero voluto realizzare un lager per leghisti? Sicché al di là della provocazione, che serve però a smascherare l'ipocrisia di fondo che permea il caso, il nocciolo della discussione viene occultato col solito gioco degli specchi. Che Variati pratica ben meglio dell'«amico» leghista. Il sindaco ha più volte ribadito infatti che gran parte degli accordi militari sono il frutto di un' epoca buia, ormai lontana. Anche lui però, pur condannando il metodo della pratica ben si è guardato dall'andare oltre sino a condannare il sistema che lo genera. Viene quindi da ridere che ci sia qualcuno che stigmatizzi la recente azione dimostrativa dei «No Dal Molin» a Longare, dove con le cesoie sono state tagliate un po' di reti di cinta del sito militare; mentre di contro la potenza straniera che gestisce quella base ha causato la morte, in una guerra scatenata su base illegale per sistemi di distruzione di massa mai trovati (Iraq), tra i 130mila decessi civili secondo l'Onu, sino ad arrivare ai 600mila della seriosissima rivista medica "The Lancet". Il tutto consegnando al mondo un Iraq più instabile, più diviso e più incarognito dalla possibilità del rigurgito terrorista, di quello controllato dal dittatore Saddam Hussein. Fino a pochi anni prima fedele alleato degli Usa nel contenimento dell'Iran khomeynista per di più. E non è un caso infatti che la percezione da parte dell'opinione pubblica, anche occidentale, nei confronti degli Usa, soprattutto nel periodo dell'invasione dell'Iraq, registrava un fortissimo decremento come documentato a Washington dal Dipartimento di Stato nonché dal centro di ricerca Pew proprio a metà degli anni Duemila.
E allora come mai, sui media locali specialmente, sebbene nessuno lo affronti in nuce, attorno al caso Pluto si sta scatenando un gran bailamme? Comunque la si pensi il caso potrebbe tornare comodo a molti. Ai No Dal Molin, in calo di visibilità e di azione politica, potrebbe tornare utile alla loro identità , giacché sul piano amministrativo non hanno usato gli stessi metodi di denuncia per casi ben più gravi: a partire dalle ultime scelte urbanistiche volute dal comune. Al sindaco la cosa potrebbe tornare utile per continuare a far capire «agli ambienti che contano» che lui è l'uomo giusto per mediare tra le necessità dei ceti produttivi con quelle di un pezzo della società più votata all'attivismo, più o meno di facciata. Al centrodestra la situazione potrebbe tornar comoda per colmare il vuoto di una opposizione sfiancata, magari per cercare di sconfiggere Variati alle municipali del 2013. Oppure per convincere Variati a lasciare i No Dal Molin e il loro azionista di riferimento (Sel-Cgil) al ruolo di una opposizione costruttiva. Magari sino a incorporare il Pdl nel governo cittadino, come già accaduto a Thiene. Ma ad ogni modo l'affaire Pluto una utilità immediata ce l'avrà comunque. Quella di fornire, a chi la cercasse, la possibilità di distogliere l'opinione pubblica dalle gravissime rogne che la crisi, figlia della globalizzazione che vede negli Usa la punta di lancia di un intero sistema ormai alla follia, sta depositando sul capo del governo nazionale, della regione e su quello degli enti locali. Con quali probabilità di successo è tutto da vedersi.
Rimane poi un'ultima grande ipocrisia della quale fare piazza pulita. Ogniqualvolta in cui si sussurra di abbandonare la Nato c'è il solito benpensante che obbietta: "eh no è grazie agli americani che ci siamo liberati dei nazifascisti. Ed è grazie alla Nato che si è tenuto lontano dall'Italia l'orso sovietico". Anzitutto sarebbe da dire che se l'Europa non è finita sotto il regime nazionalsocialista lo si deve senza dubbio agli alleati. Ma la metà del merito va all'Urss che pagò, e la memoria va ai popoli non agli apparati, il tributo più pesante al secondo conflitto mondiale: venti milioni di vittime grazie alle quali oggi politici onesti o meno celebrano anniversari e contro-anniversari in salse più o meno eclettiche.
Vieppiù se la libertà si tara con il criterio delle quote societarie allora l'Italia sarebbe dovuta essere metà occidentale e metà in mano all'azionista sovietico. Se poi uno ritiene semplicemente che il mutuo sia scaduto, che il muro di Berlino sia caduto per davvero e che per l'Italia sia giunta l'ora di abbandonare il patto atlantico per camminare da sola allora apriti cielo. Uno è tacciato nell'ordine di essere comunista, anti-americano, no global, terrorista, talebano, nazista, fascista. Mancano gommista, dentista, ebanista ed il filotto è completo. E se la faretra dell'idiozia è vuota il refill dura un baleno. Giacché subito ti dicono che "considerando lo scacchiere presente e passato non sarebbe conveniente perché l'Italia rimarrebbe sguarnita sul piano geo-strategico". Ma basta conoscere un po' di storia e geografia, roba da terza media, per ricordarsi che ci sono civilissimi paesi europei come Svizzera, Austria, Svezia e Finlandia che nella Nato non ci sono mai entrati. Ma la Svizzera è una eccezione si dirà . Ma l'Austria che patì e anelò al contempo l'«Anschluß» germanico? E la Svezia? E la Finlandia che negli anni Quaranta combattè nazisti e sovietici ricacciando tutti indietro? Ma si sa l'Italia, e Vicenza brilla in tal senso, è un covo di servi. Infìdi ed infedeli per di più, come i voltafaccia di Prima e Seconda guerra insegnano.Â
Accedi per inserire un commento
Se sei registrato effettua l'accesso prima di scrivere il tuo commento. Se non sei ancora registrato puoi farlo subito qui, è gratis.