Riceviamo da Alberto Peruffo, portavoce del Gruppo Mamme Marcia dei pFiori, e pubblichiamo
Gentile Direttore, volevo esprimere alcune considerazioni e un’ipotesi di lavoro per gli operai della MITENI dopo la conferenza “PFAS - Serve un nuovo modello di sviluppo†indetta dalla CGIL presso la Sala Civica di Montecchio Maggiore il 20 maggio 2016. Nonostante la partecipazione di rappresentanti istituzionali di un certo prestigio, la sala era mezza piena. O mezza vuota. Un indizio importante, su cui non mi soffermo. Cittadini comuni, come me, pochi.
Pur apprezzando gli interventi della prima metà dei relatori, a partire dal Presidente provinciale della CGIL, montecchiano, gli altri hanno dimostrato una preoccupante lontananza dalla realtà che noi tutti viviamo. Anche il contraddittorio è stato rarefatto e non si è giunti ad alcuna conclusione o proposta pratica per i lavoratori. Si è scesi nella farsa quando Bruno Cardini è arrivato a negare l’evidenza della contaminazione immaginando un complotto per succhiare soldi allo Stato mediante una falsa bonifica. Di certo la contaminazione falsa non è, mentre sui milioni in ballo per gestire la cosiddetta emergenza PFAS, qualche dubbio è lecito.
Ho notato invece un cambio di marcia, uno scarto notevole, da parte del dirigente ARPAV – Ing. Vincenzo Restaino – nell’ammettere la gravità della contaminazione – in continuo movimento – e del Dott. Domenico Mantoan nel prendere posizione contro la potenziale fiducia che si può dare a una fabbrica che ha dimostrato nel corso della “sua†storia di avere commesso danni accertati, fabbrica che ha proprietà e dirigenze dislocate altrove, senza legami “affettivi†– di vita – con il territorio. «Chi ci assicura che tra 20 anni la MITENI non ripeterà quello che ha già fatto o che in futuro scopriremo che ha sversato sostanze di cui ancora oggi non conosciamo la pericolosità ?». Nessuno. La storia ha dimostrato il contrario. Le provette degli scienziati e le inchieste degli inquirenti lo stanno certificando. Ma non basta. La storia ha scorie che le magistrature non potranno bonificare e che non possiamo sottovalutare. Proprio perché sono sotto ai nostri piedi (e alle nostre coscienze di genitori) e agiranno nel profondo per molti anni.
Sono alla quinta assemblea pubblica PFAS e mi sono confrontato con diversi esperti, ho sentito e parlato con Restaino e l’autorevole chimico Lorenzo Altissimo. C’è solo una soluzione. Tutti sono concordi che se l’insaturo – il materiale sui cui poggia la MITENI, il tratto di terra che separa l’azienda dalla falda e che continuamente la contamina – si dimostra essere, come sembra, pregno di contaminante, solo un intervento radicale, che significa ruspe, una grande cava che asporti via tutto, potrà portare a un’efficace bonifica della zona e inoltre – aggiungo io – ad avere la certezza che la MITENI non inquini più. Per togliere l’insaturo infatti bisogna togliere la fabbrica che ci sta sopra. Non ci sono altre soluzioni.
Se ciò sarà dimostrato, la soluzione per gli operai bisogna perlomeno configurarla, suggerirla, fuori dal modello imperante. Propongo un'ipotesi di lavoro, accertando tuttavia che la dismissione MITENI non nasconda una “via sottile di fuga†per le difficoltà che sta attraversando l’azienda, oggi più che mai “complicate†dalla poco chiara lottizzazione Koris e dalla Pedemontana, che stringono a tenaglia una fabbrica sotto normativa Seveso, per la quale non sono permesse attività “commerciabili†nelle aree di rispetto. Ognuno valuti l’ipotesi per quello che gli compete e per la sua natura sommaria. La CGIL, venerdì sera, ha parlato di messa in sicurezza normativa dei cicli di lavorazione e degli impianti per salvare i posti di lavoro, altri di delocalizzazione. A mio avviso, entrambe le proposte non risolvono il problema per gli operai, costretti a spostarsi chissà dove o a continuare a lavorare in un luogo contaminato e contaminante. Io propongo una “ricollocazione strategicaâ€. Se un addetto costa – per sommi capi – 4.000 euro per 15 mensilità , pari a 60.000 euro, per 130 addetti pari a 7.800.000 di euro all’anno, 78 milioni in 10 anni, io ipotizzo che nei 1.100 milioni che i nostri amministratori chiedono per l’Operazione PFAS – una cifra che trovo molto onerosa e che vorrei fosse giustificata nel dettaglio – devono essere trovati almeno altri 78 milioni per predisporre un Fondo Operai MITENI necessario ad avviare una strategia di ricollocazione che potrebbe seguire due strade, volendo complementari: una, dare alle molte imprese limitrofe 60.000 x 10, 600.000 euro in 10 anni per ogni dipendente che si prendono in carico; l’altra, mettere tutti i soldi o una parte in mano a una start-up di giovani imprenditori con qualche brillante idea per creare una fabbrica di nuova generazione proiettata verso un futuro ecologico, sostenibile, innovativo. A nord della MITENI, pochi chilometri più in su, ci sono decine di capannoni vergognosamente vuoti che possono ospitare i 130 addetti per ipotetiche nuove fabbriche “ricollocativeâ€.
Ammetto: c’è qualcosa che non mi torna sul “nodo geoproduttivo†intorno alla MITENI e mi preoccupa la gestione di cifre così grandi come i 1.100 milioni chiesti dalla Regione. Ho trovato fuori luogo il tono trionfalistico del Dott. Mantoan in Sala Civica a Montecchio in data 28 aprile 2016 quando per annunciare l’imponente indagine medico-sanitaria disse: «Saremo i primi al mondo!». Che triste primato. Considerare cavie da primato 2/300.000 persone vittime di un fatto criminale, di un “disastro ambientaleâ€, se così sarà accertato dalla magistratura, non credo sia motivo di vanto, anche se tinto di asettica ironia, ma di eventuale sacrificio e di triste constatazione su quanto misera sia la condizione dell’uomo che arriva a commettere crimini del genere. Anzi di uomini, persone, che vivono – anche se solo come amministratori e dirigenti –  accanto a noi: vicentini, veneti, italiani, europei. Non dobbiamo infatti trascurare il danno collaterale di quello che sta accadendo: la “contaminazione†della nostra fiducia di cittadini, l’emergere continuo di dubbi sulla serietà e sulle negligenze, dissipazioni, interessi corporativi e personali che potrebbero nascondersi a monte di tutti questi fatti avvenuti in così pochi chilometri quadrati. Per questo i toni devono essere giusti. L’ironia e i protagonismi personali messi da parte, per cedere il passo al rigore. Non c’è alcun vincitore in questa contaminazione. Ma solo il fallimento del "nostro" modello sociale. Un fallimento che ci presenterà un conto molto salato.
Concludo - riprendendo la “via di fuga†aziendale accennata prima - che gli ipotetici 1178 milioni dell’Operazione PFAS dovranno allora essere presi, in primis, dalle tasche di chi ha compiuto materialmente il danno: la MITENI e tutti i dirigenti storici ritenuti responsabili nel corso della lunga e poco luminosa storia dell’azienda. Che ha rovinato, lo ricordo, recidivamente, la vita, l'acqua, l’alimento primo di intere comunità ! Paesi, fertili valli, campagne, per arrivare fino al mare. In nome del grande profitto senza limiti e senza scrupoli, il falso progresso, leit motiv condiviso con la lottizzazione Koris e la grande opera Pedemontana Veneta. Una bestemmia a cielo aperto. Tutto in pochi chilometri quadrati! Com’è stato possibile tutto ciò? Tutto è possibile in una valle di conti e masnadieri. È giunta l’ora di dire basta. Basta a questo modello di sviluppo e ai farabutti (frei-beuter, liberi saccheggiatori) che lo hanno imposto violando i diritti primari dei cittadini.