Perizia valore azioni Popolare di Vicenza, Variati: è crollata una certezza
Lunedi 28 Settembre 2015 alle 14:12 | 0 commenti
«Io ho fatto le valutazioni delle azioni Banca Popolare di Vicenza sulla base dei dati che mi hanno fornito, non spettava a me verificarne la veridicità ». Mauro Bini è l’esperto indipendente che negli ultimi cinque anni ha firmato, su incarico del consiglio di amministrazione, la perizia sui titoli della banca vicentina, un documento, per altro, mai reso noto. E lui non ha mai parlato.
Fino a pochi mesi fa l’azione della Banca Popolare di Vicenza (Bpvi) era fissata a 62,5 euro poi ad aprile il consiglio di amministrazione l’ha tagliata a 48 euro. Ora il prezzo è congelato, così come gli scambi, fino a quando la banca non approderà in Borsa. I 116.797 soci e azionisti si interrogano sul reale valore dei titoli. È un patrimonio enorme che complessivamente vale, alla quotazione bloccata di 48 euro, quasi 5 miliardi. Molto virtuali, perché nella sua staticità il valore della Popolare non tiene conto né della semestrale (rosso di un miliardo), né della prospettiva di aumento di capitale da 1,5 miliardi e nemmeno dell’inchiesta giudiziaria. Il prezzo fisso, sbandierato per anni come un vantaggio competitivo oggi è un drammatico punto di domanda. L’aggettivo non è esagerato per le ripercussioni che ha in migliaia di portafogli e famiglie. Le azioni della Bpvi erano percepite come Bot o Btp: tranquille, imperturbabili e come tali venivano vendute. Nessuno leggeva i documenti informativi dei collocamenti. Lì c’era scritto che trattandosi di titoli non quotati «per i sottoscrittori potrebbe essere impossibile o difficile poterli vendere oppure ottenere, in caso di vendita, un valore uguale o superiore al valore dell’investimento». Ma tra il prospetto informativo con i suoi dubbi e il presidente Gianni Zonin con le sue certezze, chi aveva più presa sui soci e sulla struttura della banca (cioè i dipendenti che dovevano vendere i titoli)?
Ciò che sta cercando di capire la Consob nella sua indagine è se la banca, dal primo all’ultimo dipendente, nel piazzare i titoli ha rispettato la disciplina Mifid sulla valutazione dell’adeguatezza di ogni singolo investitore. È un filone apparentemente secondario. Ma potrebbe avere pesantissime conseguenze, anche sotto il profilo delle responsabilità di funzionari e impiegati.
«Siamo ben consapevoli che i soci della Popolare Vicenza sono investitori non speculativi — affermava rassicurante il presidente Gianni Zonin nell’assemblea di aprile 2014 —. Essi ci affidano con fiducia i risparmi frutto del loro lavoro e della loro fatica, li investono in azioni del nostro istituto e, in caso di bisogno, vogliono la sicurezza di ritrovare integro, o rivalutato, il loro investimento. È questa la forza che la banca ha mostrato nei fatti».
I titoli ora sono bloccati, l’investimento non è né rivalutato né integro, chi ha comprato titoli finanziato dalla banca deve anche pagare gli interessi sul prestito e Zonin è sempre presidente. Il sindaco di Vicenza, Achille Variati, ha inquadrato la questione: «I titoli della banca popolare sono stati considerati dai vicentini come obbligazioni, tanto erano percepiti come sicuri. Ora tutto questo all’improvviso crolla. E dunque crolla una certezza».
Sentiamo allora il «fornitore» del prezzo. Bini è un vero esperto della materia, è professore di Finanza aziendale alla Bocconi (Dipartimento accounting ) con una grande esperienza di valutazione d’aziende e inoltre è consigliere Mediobanca in rappresentanza dei fondi, quindi del «mercato».
«La Popolare Vicenza si era data una procedura per identificare il valore intrinseco della società , non quello di mercato. E il valore intrinseco è dato dalla dotazione patrimoniale e dalla capacità di reddito. Al 31/12/2013 Bpvi aveva un patrimonio eccedente il patrimonio di vigilanza. Ho fatto la valutazione sulla base del bilancio e del piano aziendale».
A ripensare ai tripli salti mortali carpiati che la banca ha dovuto fare per passare gli stress test della Bce dopo aver appena incassato quasi un miliardo di aumento di capitale e, successivamente, alle voragini patrimoniali emerse nel 2015, viene da sospettare che quell’«eccedenza» del 2013 fosse un tantino sovrastimata. «Ribadisco — sottolinea Bini — il prezzo l’ho stimato anche sulla base del bilancio 2013 (chiuso con 33 milioni di perdita, ndr ). Però, attenzione, il piano industriale non prevedeva l’aumento di capitale che aveva un effetto diluitivo.» E poi? «E poi arrivano gli stress test. Tra rettifiche sui crediti e patrimonio di vigilanza che deve salire al 10,5% l’effetto Bce è pari a 10,4 euro sull’azione». Per arrivare da 62,5 euro ai 48 stabiliti nell’aprile 2015 occorre aggiungere l’impatto diluitivo dell’aumento e le prospettive di reddito ben più conservative.
Il diluvio, però, doveva ancora abbattersi. E ora gli azionisti della vicentina dovranno far passare l’inverno per sapere quanto valgano davvero le loro azioni .
di Mario Gerevini dal Corriere economia
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