Pedemontana Veneta a rischio sismico, la parola all'esperto
Giovedi 25 Agosto 2016 alle 09:35 | 0 commenti
Alpago, Valdobbiadene e Montello, tutta la fascia che dall’Alto Trevigiano si estende al Friuli. E, in seconda battuta, la parte settentrionale del Garda e la Lessinia orientale, al confine tra Verona e Vicenza. Anche la «storia sismologica» recente conferma quello che le cronache medievali e i libri di storia tramandano del Veneto. «A cominciare dalla zona tra Belluno e Treviso, interessata a fortissimi sismi nel 1695 e nel 1873. Ma tutta l’area pedemontana è potenzialmente a rischio terremoti».
Giulio Di Toro, docente di Meccanica delle rocce all’università di Padova usa un concetto molto intuitivo per mettere a confronto quella che è la situazione del Nordest, rispetto a quella dell’Italia centrale: «La penisola sta ruotando in senso antiorario: si sposta di cinque millimetri all’anno in direzione Balcani all’altezza del medio Adriatico. Di due millimetri all’anno verso Vienna, per quanto riguarda il Triveneto». Diverse velocità per una diversa pericolosità . Una situazione che risulta essere ricalcata da quella che è la mappa messa a punto dalla Protezione civile per il Veneto, anche se, da un punto di vista scientifico, va presa con le pinze. «Diciamocelo chiaramente - prosegue Di Toro - i terremoti non seguono i confini dei comuni. E, in passato, ci sono state anche delle manovre politiche per mantenere alcuni comuni in una classificazione sismica a rischio più moderato per avere uun regolamenti edilizi meno stringenti: L’Aquila, per esempio figurava nel rischio sismico di categoria 2, quando avrebbe dovuto essere nella 1».
Secondo Di Toro, il terremoto avvenuto la scorsa notte con epicentro ad Accumuli «pur essendo un evento severo, rientra in quella che è la fenomenologia del luogo». «Il sisma è stato stimato, per il momento a 6.0 gradi della scala Richter, simile a quello registrato all’Aquila, del 2009. I suoi effetti sono stati amplificati forse perché l’ipocentro è stato molto superficiale e per delle caratteristiche “di sitoâ€, ovvero dalla posizione in valle dei paesi colpiti». Anche in questo caso, prevedere il disastro era impossibile. «C’è stato un silenzio sismico che durava da circa il 15 agosto, quando in quelle zone vengono registrati movimenti strumentali su base quotidiana - nota Di Toro -. Ma questo di per sé non predice niente: molti terremoti vengono “annunciati†da uno sciame sismico, come quello dell’Aquila, altri da nessuna scossa, altri ancora sono preceduti dall’assoluta normalità di quelle che sono le dinamiche della zona. Ogni tentativo di fare un modello previsionale su dati del genere è finora fallito». Nessuna meraviglia, invece, che la scossa sia stata percepita fino in Veneto. «Soprattutto chi abita ai piani più alti - conclude il geologo - può aver avvertito non solo il primo evento, delle 3,36, ma anche l’aftershock di magnitudo 5.4 delle 4,33. Per sua conformazione, la pianura veneta fa da cassa di risonanza, soprattutto per le onde sismiche provenienti da sud».
Di Davide Orsato, da Il Corriere del Veneto
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