PdCI Veneto: le ingiustizie secondo Matteo Renzi
Mercoledi 17 Settembre 2014 alle 21:34 | 0 commenti
Partito dei Comunisti Italiani Federazione regionale del Veneto - Matteo Renzi, nel suo discorso di ieri sui “mille giorniâ€, tra un annuncio e l'altro, tra una minaccia e l'altra, ha parlato di “ingiustizie†e ha attaccato i sindacati e la sinistra che, secondo lui, le difenderebbero. Ma cosa voleva dire Renzi con «il diritto del lavoro non potrà essere quello di oggi»?
O con la frase «non c'è cosa più iniqua e meno di sinistra che dividere i cittadini tra quelli di serie A e quelli di serie B, dobbiamo superare un mondo del lavoro basato sull'apartheid»? Ma a quali fatti ingiusti si riferiva Renzi, al di là delle “belle parole†quasi sempre retoriche e furbescamente ambigue (così come vuole la propaganda) che ha pronunciato? Al fatto, forse, che c'è una minima parte della popolazione italiana che ha la stragrande maggioranza della ricchezza del paese? Al fatto che chi possiede tali ricchezze, spesso esporta capitali, delocalizza il lavoro, evade le tasse e corrompe per aumentare la propria ricchezza? Al fatto che si privatizza tutto, dalle industrie strategiche ai beni comuni e ai servizi come sanità e scuola, regalando a “lorpadroni†ricchezze che dovrebbero essere di tutti? Al fatto che ci sono dirigenti come Marchionne che pontificano su come cambiare l'Italia senza pagare le tasse nel nostro paese? Al fatto che si danno ai dirigenti stipendi e buone uscite di decine di milioni (solo a mo' di esempio ricordiamo i 27 milioni di euro che verranno dati a Luca Cordero di Montezemolo per lasciare la presidenza della Ferrari)? Cifre da capogiro che corrispondono a quanto un operaio o un impiegato riceve in centinaia di anni di lavoro.
No, per carità , Renzi non si riferiva a nulla di tutto questo. Lui continua in quella voluta confusione tra diritti e privilegi che fece, solo qualche mese fa, anche il ministro del lavoro Poletti parlando del “Jobs act†in relazione ai diritti che i lavoratori hanno conquistato con la lotta. Diritti che, per altro, sono previsti dalla Costituzione. Quella Costituzione che Matteo Renzi, spalleggiato dal presidente Napolitano, vuole stravolgere.
Le ingiustizie alle quali si riferisce Renzi, infatti, non sono quelle imposte da leggi che sono state approvate da parlamentari nominati grazie a una legge dichiarata anticostituzionale nei suoi punti principali. E non sono quelle che subiscono oggi giorno i lavoratori che sono discriminati e ricattati, quelli che si ammalano o si infortunano perché i luoghi di lavoro non sono sicuri, i precari di qualsiasi età , i sottopagati, i disoccupati che non trovano lavoro, i pensionati che non arrivano a fine mese. No. Per Renzi le ingiustizie esistono perché ci sono lavoratori hanno ancora un posto di lavoro fisso e le tutele per mantenerlo. Per l'ex sindaco di Firenze, che ci sia chi è riuscito ad andare in pensione, è un'ingiustizia nei confronti di chi non riesce ad andarci per leggi che anche il suo partito ha votato spesso con entusiasmo. L'ingiustizia non è perché c'è chi sta peggio ma perché qualcuno è riuscito a mantenere qualche diritto.
E, allora, dietro le frasi ad effetto, si nasconde la vera soluzione che Matteo Renzi e i suoi soci prospettano per cancellare quelle che loro chiamano “ingiustizieâ€. Una soluzione che è facile intuire. Ridurre tutti i lavoratori al minimo livello di diritti. Anzi, bisogna toglierli loro definitivamente, insieme alla possibilità di unirsi e lottare. Perché, ce ne dobbiamo rendere conto, i normali diritti, nella testa di Renzi e soci, vengono considerati privilegi.
Imbarazzante! Abbiamo una classe dirigente che crea le ingiustizie e, con la scusa che queste esistono, agisce non per cancellarle ma per azzerare definitivamente i diritti più elementari a chi li ha. Seguendo questa ideologia iperliberista e reazionaria, allora, si devono lasciare fuori dai cancelli delle fabbriche e dalle porte degli uffici la Costituzione e le leggi dello Stato. Si deve permettere di derogare a qualsiasi contratto nazionale, anzi li si dovranno cancellare. E, poi, si riducano i salari, si assuma senza dare garanzie, si licenzi a seconda del capriccio del padrone. Si legalizzino e incentivino odiose forme di caporalato, il lavoro giornaliero, quello a chiamata. Si permetta ai padroni di scegliersi il sindacato col quale “trattare†escludendo quelli scomodi e si impedisca ai lavoratori di farsi rappresentare da chi vogliono. E si approvino leggi e norme che permettano di mantenere alta la disoccupazione e altissima la precarietà perché i lavoratori non devono pensare ma vivere sotto ricatto, ogni giorno, ogni ora, sempre. Lo si faccia quanto prima possibile, altrimenti potrebbero prendere coscienza, ribellarsi e pretendere di contare qualcosa.
È una strana forma di giustizia quella di Renzi e soci. Una “giustizia†che rende tutti più poveri e senza diritti. Una “giustiziaâ€che puzza, questa si, di apartheid. Solo che le discriminazioni non sono per il colore della pelle o per questioni di credo religioso o ideale politico, ma per la classe alla quale si appartiene. La giustizia di Renzi è quella di ridurre chi vive del proprio lavoro al livello di servitù. Tutti senza diritti, tutti più poveri. Un mondo a parte rispetto a quello pieno di veri privilegi dove vivono “lorsignoriâ€.
E, poi, qualcuno ritiene che Renzi, i suoi soci di governo e il partito del quale è segretario abbiano ancora qualcosa da spartire con l'essere “progressista†o anche solo “moderatamente di sinistra�
Lo chiediamo soprattutto a chi, nel PD, riesce ancora a non essere d'accordo con la politica “ufficiale†portata avanti dal proprio partito.
Facciamo un appello ai parlamentari del PD, a quelli che si credono ancora di sinistra e a quelli veneti in particolare: fate qualcosa per impedire lo scempio che il governo che il vostro partito sostiene sta attuando nei confronti dei diritti dei lavoratori. Diritti che non sono privilegi ma solo elementi di giustizia in una società altrimenti spaventosa. Abbiate un sussulto di dignità . Fate qualcosa di sinistra. Ragionate con la vostra testa.
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