Pd, tante parole zero idee: VicenzaPiù n. 203
Domenica 12 Dicembre 2010 alle 15:30 | 0 commenti
Variati, Chiamparino e Zanonato all'attacco dell'oligarchia del loro partito. Ma i contenuti non ci sono.
Dopo aver ascoltato Variati, Zanonato e Chiamparino sul futuro del Pd in quel di Vicenza nell'ultimo weekend di novembre, se fossi un militante democratico probabilmente sarei tutto eccitato a commentare le loro prese di posizione. Se ne fossi ancora un elettore, invece, dovrei ingoiare l'ennesimo Malox. E' questo scarto la dannazione di un partito nato stanco quale è il Pd: da una parte l'appassionarsi, degno di miglior causa, per le divisioni interne, dall'altra lo scetticismo e l'indifferenza del loro popolo, sempre più elitario e precario. Vediamo perché.
Rottamatori
Sabato 27 novembre, assemblea regionale del Partito Democratico. Il sindaco della nostra città , che ci tiene a mostrare il proprio distacco "civico" dalla nomenclatura di partito, suona la carica del "ringiovanimento" della classe dirigente democratica e il de profundis sul reale peso politico-elettorale del Pd: «So che mi farò nemici, ma noi non siamo pronti ad affrontare le elezioni. Chi ha guidato i Ds e il Ppi-Margherita nel nuovo Partito democratico, quella classe dirigente che ha fatto un grandissimo lavoro, adesso dovrebbe fare un passo indietro. Uno non può andare bene per tutte le stagioni. E dobbiamo dare voce ai giovani, ascoltarli: ci indichino loro su cosa puntare». E ancora: «Deve andare avanti chi ha il consenso diretto dei cittadini, e non parlo di me» (Giornale di Vicenza, 28 novembre 2010). Il primo cittadino di Padova, invece, da buon ex Pci sogna il ritorno al vecchio partito "pesante", strutturato e capillare, partendo naturalmente dal territorio: «Governiamo quattro capoluoghi, una provincia e moltissimi comuni. Dobbiamo autoconvincerci che non siamo una forza marginale. Pensiamo sempre di dover ripartire da zero, ma così non decolleremo mai. Dobbiamo porre l'accento sulla parola "partito", essere una forza organizzata, solo così potremo essere meno eterodiretti da televisioni e giornali che dettano la nostra agenda» (Corriere del Veneto, 28 novembre 2010).
Cambio di scena. Parla Sergio Chiamparino, sindaco di Torino, per la presentazione del libro "La sfida. Oltre il Pd per tornare a vincere. Anche al Nord", organizzata dal circolo liberale in quota Pd "Nessuno escluso". Chiamparino non fa mistero di puntare a candidarsi alle primarie, e la sua campagna di autopromozione la conduce dichiarando guerra all'"oligarchia": «L'obiettivo di questo libro è dare un contributo per ragionare sui motivi per cui è nato il Pd, fornire argomenti per un messaggio politico nuovo che credo sia ancora possibile. Aprire porte e finestre e far entrare tutti coloro che vogliono farlo e recuperare anche coloro che se ne sono andati, creare un'alternativa credibile al centrodestra». (Variati è stato ancora più esplicito: «Bisogna cacciare l'oligarchia. I cittadini chiedono emozioni e contenuti alla politica, ma i meccanismi del Partito democratico si sono inceppati e i fermenti della base non arrivano al vertice», Giornale di Vicenza 28 novembre).
Bignami
A parte il fatto che tutti e tre, Variati, Zanonato e Chiamparino, non sono certo dei novizi bensì vecchie volpi provenienti proprio da quell'apparato di Dc e Pci, poi trasformatisi in Margherita e Ds, contro cui ora si ergono a critici (non senza una certa faccia tosta), tutti questi appelli al rinnovamento, all'ascolto della base, alla rottamazione dei vertici e ad un nuovo slancio organizzativo sono frase fatte senza sostanza. E' proprio la sostanza che continua a mancare al Partito Democratico. I suoi iscritti, dal primo all'ultimo, persino i tanto mitizzati giovani, si lasciano prendere dal dibattito puramente autoreferenziale sul miglior candidato, su chi è più nuovo o slegato dalle oligarchie, sulla necessità di riempire il contenitore con dei contenuti, ma al dunque questi benedetti contenuti non saltano mai fuori. Sì, per carità , si parla di riforma dell'Irpef, sgravi fiscali sul costo del lavoro, sostegno al lavoro delle donne, "bonus figli", governo regionale della scuola, innalzamento dell'obbligo scolastico, riconoscimento della cittadinanza italiana a figli di immigrati nati qui, revisione del patto di stabilità per i Comuni al collasso. Ma queste sono ideucce buone per il vademecum del bravo amministratore, non per una forza politica nazionale che aspiri, per dirla con Variati, a dare "emozioni" ai cittadini sfiduciati. Ma, dico, è umanamente possibile emozionarsi col bignamino riassunto sopra, giusto per restare alle cose dette all'assemblea regionale? L'uomo della strada che ancora, bontà sua, conserva un briciolo di fede nei partiti e nelle elezioni controllate dai partiti può mai identificarsi in un Pd che anche quando sale sul tetto coi precari delle università va a rimorchio dell'agenda del governo Berlusconi, e uno straccio di proposta di grande impatto sociale non è mai riuscita a farla?
Ragionieri
Perché la chiave sta tutta lì: nell'identità , e perciò nell'identificazione dell'elettore nel messaggio globale, in questo caso, del Pd. L'identità non c'è, e non c'è perché questo partito è veramente un Pd meno elle: la variante buonista dell'alter ego di destra. Mette forse in discussione qualcuno dei capisaldi della nostra incancrenita ingiustizia sociale ed economica? Perché non c'è un'idea che sia una sulla riconquista della sovranità popolare, ad esempio, sulla moneta e sulla finanza, ancora e sempre dominate dalle banche e dagli speculatori, un mondo in cui, guarda un po', comandano fior di supermanager e raider simpatizzanti del Pd, da Passera a De Benedetti all'esautorato Profumo? Come mai non si ammette chiaro e tondo che la disastrosa legalizzazione della neo-schiavitù chiamata flessibilità è stata inaugurata da un ministro del lavoro di centrosinistra, il vicentino Treu, e perché non si sostiene, né più né meno, che la legge Biagi va a-bo-li-ta? Perché blaterare di "sviluppo sostenibile", cioè avanti con mattone e grandi opere inutili basta che non devastino troppo, quando siamo arrivati all'insostenibile, al punto di non ritorno per cui basta che il buon Dio faccia piovere di brutto e si allaga mezzo Veneto soffocato dal cemento? Ci fermiamo qui, perché lo spazio è tiranno. Ma anche perché siamo convinti di parlare ai sordi. Questi Democratici ragionano come ragionieri, e non sono proprio capaci di alzare lo sguardo dal qui e ora e tornare a sognare. In questi quindici anni Berlusconi è riuscito a vendere un sogno di plastica. Ma dava una speranza, per quanto farlocca. Veltroni, il Kennedy all'amatriciana, aveva provato a imitarlo, e (per fortuna) ha fallito. Bersani neanche ci prova perché lui, bonomia emiliana a parte, è il classico, serio, serioso, compìto, preparato e dabbene apparatchik delle Frattocchie comuniste. Gente rispettabile, ma che fa vibrare i cuori e che immagina un futuro radicalmente diverso come un impiegatino programma le ferie ogni anno tutte uguali. Stessa spiaggia, stesso mare. Stessa noia, stesso nulla.
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