Pago io o paghi tu?
Martedi 6 Dicembre 2011 alle 10:17 | 0 commenti
 
				
		
Riceviamo da Italo Francesco Baldo, presidente di Impegno per Vicenza, e pubblichiamo.
La pubblicazione delle nuove prospettive di risparmio da parte del Governo Italiano, vistate dal presidente della Repubblica, hanno immediatamente suscitato il classico problema . pago io o paghi tu? La risposta è stata immediata e chiara: paghi tu! Con celerità coloro che sono stati coinvolti nei tagli, hanno protestato e protestano perché non avranno il denaro che avevano precedentemente. Si guarda all'altro che magari non ha subito tagli vistosi oppure nessun taglio.
Perché lui sì e io no? Nessuno pare disponibile ad analizzare la  situazione, a verificare se non sia possibile operare al meglio lo  stesso. Quello che importa sono solo le rimesse statali, quello che è  sempre e comunque necessario è che non si tocchi in alcun modo quello  che io ricevo. Paghino gli altri, ce ne sono tanti, anzi tantissimi che  possono pagare, a loro è giusto togliere, a me no. Non richiameremo a  questo proposito l'articolo 2 della Costituzione della Repubblica  Italiana che impone il modo inderogabile il dovere della solidarietà  economica, politica e sociale a tutti i cittadini italiani, ma  richiameremo invece due altre prospettive che sono operanti in Italia.  La prima è quella di una visione solo materialistica della vita sociale  che si è coniugata bene con la sempre maggiore crescita del consumismo.  Siamo incapaci di cambiare stili di vita, ciascuno deve avere quello che  intende avere sia esso la macchina blu oppure i libri gratis alla  scuola primaria anche se potrebbe acquistarli. ecc. Fondazioni di ogni  genere, Associazioni onlus e non onlus, Istituti che si occupano di  cultura, le scuole con il Piano dell'Offerta Formativa, le fantasie dei  docenti spesso,' ecc. affermano a gran voce di basarsi sul volontariato,  ma  i denari li elargisce lo Stato, non gli associati, i quali  talora  ricevano dei denari per quanto compiono, ovviamente solo le spese, non  secondo quella che deve essere la gratuità dell'impegno a favore degli  altri uomini, ma faccia qualcosa, ma senza alcun impegno economico.  Certo i denari servono, certo mancando forse qualche cosa non potrà  esserci più. Ma non sfuggirà a nessuno che la crisi richiede cambiamento  radicale e scelte ragionate su tutte le spese, come dovrebbe fare una  famiglia attenta. Si prospettano tagli ai servizi per le persone  disabili, ma mai per le prebende di coloro che li organizzano e non  parlo degli impiegati, ma di chi riceve stipendi, che dovrebbero per  morale essere ridotti.  Meglio tagliare i servizi invece.  La scuola  consuma quantità enormi di carta, di toner, compie attività che non  potenziano l'istruzione, ma il tempo-gioco, oppure le "scenette"  teatrali, che allontanano più che avvicinare al teatro. Si fa di tutto e  di più. Costano, ma nessuno è disponibile invece a fare con fantasia  altre e meno costose attività. Ci si rifugia perfino nel discorso che  costano poco, ma per quante volte costano poco?  In realtà non si parla  né di solidarietà, né di vero impegno per tutti, dimenticandosi che la  democrazia e la visione dei molti al bene e al bene civile. Paga tu, io  non ne ho o se ne ho i miei sono necessari i tuoi no. Non è la guerra  tra poveri, ma l'egoismo e l'assolutezza delle proprie rendite.
Esiste  un'altra prospettiva, quella che sa che se anche supereremo la crisi,  il nostro tenore di vita, dovrà abbassarsi, trovare altre strade, dovrà  esercitare magari la fantasia per ideare soluzioni nuove o semplicemente  togliere quello che di inutile abbiamo o vogliamo fare. Un'economia di  scala nella sanità e nel sociale, nella scuola, negli stipendi,  un'industria che punti su prodotti qualificati, una sobrietà di vita, un  vero pagamento delle tasse anche da parte di chi, attraverso artifici  organizzativi, coopera più a ricavare che non a dare, ecc. In fondo 50  anni fa questa era la regola delle famiglie. Non pretendere, ma dare il  proprio contributo. Insomma pago io, perché una democrazia vive con il  concorso partecipato di tutti, non attraverso l'invidia sociale, che  l'ha fatta da padrona in Italia, non devono pagare solo quelli, perché è  la partecipazione di tutti che porta a risolvere i problemi. Non sarà  quindi indecoroso compiere quei lavori che oggi con aria di sufficienza  affidiamo a extracomunitari che non amiamo, perfino nel rivolgersi loro  con il "tu" che non è certo di amicizia, ma di superiorità, non si sa in  che cosa.  E' sobrietà fare cultura anche senza il gettone di presenza,  ma come disponibilità all'accrescimento del nostro Stato, ecc. ecc.  Riuscire a ricomprendere la vita sociale nell'ottica in un insieme  coerente non è facile, ma è ciò che ci richiede questo nostro tempo. Se  invece il Parlamento con gioco di pressioni, di interessi tenderà come  diceva il principe di Salina, a cambiare, ma in realtà a mantenere,  allora lo scenario della vita sociale italiana apparirà al centro come  in periferia non in declino, ma nella fase terminale di uno Stato: la  bancarotta.
Ma si sa che il popolo è anche capace di grandi cose.
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