Ovest Vicentino, l'occasione per voltare pagina
Domenica 3 Ottobre 2010 alle 10:02 | 0 commenti
Riprendiamo dal n. 198 di VicenzaPiù in distribuzione il pezzo di Enrico Soli, di cui al titolo, come ulteriore stimolo all'azione intrapresa dall'amministrazione, tra cui il premio ai 'vecchi' amministratori' e Il Concerto di oggi nella piazza comunale (foto VicenzaPiù) con Lucio Dalla, Luca Carboni, Fiorella Mannoia e tante altre star.
Il loro compito, oltre che divertire gli arzignanesi, è di portare alla ribalta nazionale la città della vecchia (mala) concia anche come la città che punta al suo 'rinascimento' come ha dichiarato il sindaco Giorgio Gentilin venerdì sera. Il nostro compito è di vigilare e stimolare su questa strada condivisbile.
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Di Enricoli Soli
Diciamo le cose come stanno: qualche volta è bello sentirsi vicentini. Abitanti del capoluogo, intendo. Accade soprattutto quando si pensa alla vita dei nostri conterranei dell'Ovest, così riconoscibili a partire dalla cantilena che caratterizza la Vallata. Quanti chilometri separano Vicenza da Arzignano? Diciassette-diciotto, non di più. Eppure andando verso occidente sembra di entrare in un altro mondo, che evoca più le brutture industriali lombarde che le bellezze naturali del Veneto. Il territorio vicentino si può dividere in quattro zone corrispondenti ai quattro punti cardinali: a Sud i colli, a Est la campagna, a Nord i monti. E a Ovest? A Ovest la puzza della concia, la puzza dei soldi, con la qualità della vita equiparata al mero benessere economico. La villetta con lo squallore intorno, la strada statale piena di traffico, l'inquinamento, le case orribili, i capannoni e i grandi magazzini. Lungo l'asse viario da Ponte Alto alla Vallata si è raccolto negli ultimi decenni il meglio e il peggio della vicentinità : l'intraprendenza e la produttività che vanno di pari passo con il cattivo gusto e l'ignoranza. Non si può avere tutto dalla vita - si dirà -, non si può essere imprenditori e al tempo stesso filantropi o forti lettori. Chi lavora non ha tempo per leggere, la sera arriva a casa stanco e va a dormire. Di assi viari orribili il Veneto sa offrire altri famigerati esempi: nel suo ultimo libro ("Tristissimi giardini"), ad esempio, Vitaliano Trevisan descrive acutamente il disastro della statale che collega Vicenza a Treviso. L'apice del grottesco viene raggiunto quando, lasciando la provincia di Padova per addentrarsi in terra trevigiana, si viene salutati dal gigantesco cartello: "La Marca, se la vedi ti innamori". Ti guardi intorno, bloccato tra un semaforo e l'altro, e davvero ti senti preso per i fondelli. Di cosa mai dovrei innamorarmi? Spesso penso che, dopo aver fatto evacuare chi lo abita, l'Ovest vicentino andrebbe raso al suolo. Poi però mi assale un dubbio atroce: e se gli abitanti del posto ricostruissero tutto come prima e più di prima? Credo ne sarebbero capaci, e al pensiero mi assale l'orrore. Più opportuno allora lasciar tutto com'è, che la storia segua il suo corso, e attendere che il baldanzoso e rampante imprenditore di oggi evolva col tempo in qualcosa di meglio. Magari tra vent'anni ci ritroveremo con un Ovest assennato e acculturato, mentre a Sud, invece della bella civiltà dei colli Berici, troveremo - lungo la Valdastico Sud- un nuovo squallido agglomerato industriale. Qualcuno sarà contento, altri molto meno, ma così gira il mondo.
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