Piano degli interventi di Vicenza: osservazioni e contributi conoscitivi e valutativi
Martedi 1 Gennaio 2013 alle 11:57 | 0 commenti
Riceviamo da Irene Rui, Â sociologa urbana e del territorio, e Guido Zentile, ricercatore dei sistemi urbani, e pubblichiamo
Osservazioni e contributi conoscitivi e valutativi sul piano degli interventi del comune di Vicenza (art. 18 - L.R. 11/2004 e s.m.i.) adottato con Delibera del C.C. n. 50 del 23-24.10.2012.
Il Piano degli Interventi dovrebbe definire un’idea di città , una città per la quale è necessario ricostruire ciò che dagli anni dell’immediato dopoguerra (fine anni ’40 del secolo scorso) ha fatto innescare un processo che ha comportato una crescita disordinata, con uno scarso controllo degli strumenti di pianificazione del territorio.
Uno strumento che attraverso la partecipazione diretta dei cittadini deve modellare e muovere una massa complessa e variegata per costruire la polis, con le sue piazze, le sue strade, i suoi quartieri, più luoghi di incontro e di socializzazione. Luoghi e spazi vivi che devono mettere al centro la persona, e la persona sta con la città ed è parte della stessa.
A mettere chiarezza per permettere di fare, soprattutto, analisi storica e sociale, gli artt. 2.2 e 2.3, lettera b) degli Atti di Indirizzo, di cui all’art. 50 - comma 1°, della L.R. 11/2004, intendono fornire delle indicazioni operative per far sì che la veste, ormai abusata, che copre il territorio suddividendolo in zone omogenee - come normate dal D.M. 1444 del 1968 - deve subire una profonda trasformazione, in pratica una nuova disciplina dello zooning.
In particolare la prima parte dell’art. 2.3 recita così “Per la nuova suddivisione del territorio comunale (le cui zone potrebbero essere definite a tessuto insediativo omogeneo) si dovrà privilegiare l’analisi dei tessuti urbani in funzione della loro complessità ed articolazione; la zona deve essere definita in funzione di un’organizzazione urbanistica/edilizia la cui omogeneità sia la risultante di più processi, fra cui la formazione storica e le sue successive fasi di trasformazione, ……….â€.
Non sembra che il P.I. rispetti quanto sopra. Anzi ripercorre il P.R.G. vigente, la cui variante tecnica-ricognitiva è del 2009, ridefinendo la zonizzazione, mantenendo il medesimo (arcaico) linguaggio, aggiornato con gli strumenti attuativi approvati e da eseguire, gli strumenti operativi oggetto di specifici accordi di programma, e gli strumenti attuativi nuovi, aggiunti nel P.I., come già di massima individuati in sede di P.A.T.
Ed è da aggiungersi la scarsa risonanza per la pubblicazione sui quotidiani locali e negli avvisi sul B.U.R. (bollettino regionale), aspetti, questi, che non sono stati formalizzati e che meritano alcune riflessioni sull’efficacia dello strumento urbanistico.
Quindi ci troviamo di fronte ad un pesante carico urbanistico che si allontana da un concetto di riequilibrio del territorio, quale dovrebbe essere la base per una corretta pianificazione, senza altresì ricercare la partecipazione dei cittadini, soggetto fondamentale per sviluppare nuove idee e concetti che non siano semplicemente bussines plan.
Soffermiamoci, con particolare attenzione, in due ambiti che sono oggetto di programmi e progetti che vorrebbero dare un volto nuovo, un po’ di modernità , da città europea, con il rischio di attivare dei percorsi azzardati: il centro storico e le aree dismesse.
Localizziamo, quindi, gli interventi, partendo dall’area che racchiude la città storica, denominati Progetto Urbano (PU) 1 - ex viale Margherita, a ridosso del perimetro del centro storico, e Progetto Urbano (PU) 12 - San Biagio, inglobato nelle tracce delle cinta muraria interna.
Il PU 1 richiede un’accurata analisi in quanto la sua posizione si presenta assai critica, lungo un viale che dovrebbe permettere un cono di visuale verso l’Arco delle Scalette, quale percorso di accesso alberato verso Monte Berico. Un impatto e un richiamo che deve essere valorizzato. La dismissione dell’impianto di carburante che porterà alla rimozione di una struttura impropria in tale zona, non rende possibile un riutilizzo edificatorio, né sopra, né nel sottosuolo. Si osserva, quindi, l’opportunità di rivedere il comparto nell’originario disegno del Piano Coppa, componendo, negli spazi dimessi, delle zone a verde con percorsi finalizzati ad agevolare la mobilità ciclo-pedonale (data la presenza, ora, anche, dell’Università ) e dei mezzi pubblici, e ridurre e monitorare l’incidenza dell’auto privata.
San Biagio - PU 12, più epoche a confronto individuate, in particolare, nell’ambito dell’ex struttura conventuale con degli edifici che presentano delle connotazioni di interesse ambientale risalibili per una buona parte al XIX secolo, con delle pertinenze che si sono aggiunte circa un secolo dopo. All’interno del complesso sono individuati degli edifici (epoca 1500 - 1600) che costituiscono, con proprie caratterizzazioni monumentali, l’originaria costruzione. Edifici che meritano di essere valorizzati, scarsamente percepibili essendo all’interno delle aree cortilizie che comprendono, altresì, ad est, un blocco di edifici di modesta rilevanza e fuori contesto. I classici rimaneggiamenti che ci trasciniamo e per i quali non si vuole addivenire ad una soluzione di compromesso; va bene mantenerli, ove possibile, ma con una completa rivisitazione in sintonia con il contesto storico, valorizzando ciò che è rimasto (o tenuto) nascosto. L’area di San Biagio, non è l’unica che presenta tali aspetti, ma è comunque l’unica che nell’ambito del P.I. è all’interno dell’antica cinta muraria: Vicetia richiede rispetto.
Altre importanti considerazioni sono osservabili per quanto riguarda i vari ambiti che riguardano le aree dismesse a ridosso della zona centrale, fra le quali quelle della prima industria vicentina, e le aree a servizi, come l’ex parco ferrotranviario tra l’attuale stazione dei treni e quella della autolinee provinciali. Quest’area è individuata nel P.I. con la sigla PU 5, nella quale, come individuabile nelle N.T.O. sono previsti degli interventi di forte consistenza volumetrica dovuti all’applicazione di indici elevati con uno sviluppo in altezza di edifici di otto piani. Gli interventi di riqualificazione dell’area che richiamano strutture prevalentemente direzionali e pubbliche, dovranno essere adeguatamente monitorati onde evitare una massiccia cementificazione, come intenzionalmente si ipotizza, ed evitare di aggravare il già pesante cono di visuale (colle - città - colle) dovuto alla presenza delle palazzine di viale Milano - via Torino. Quindi non si vuole negare la possibilità di interventi edilizi, ma questi dovranno essere a bassa densità e dimensionati in funzione di specifiche e puntuali esigenze (e quindi non a stretta soddisfazione del mercato immobiliare); primo fra tutti fornire un servizio alla cittadinanza, senza però costruire spazi amorfi mancanti di vitalità e partecipazione. E’ naturale che il verde (pubblico) dovrà avere una funzione aggregante, di continuità e di collegamento con la città storica e la stazione.
Da questa area si prosegue lungo la spina ovest negli altri comparti, fra loro ravvicinati, dove erano insediate attività industriali di primaria importanza, quali la acciaierie - ferriere Beltrame e Valbruna, collegate con un loro raccordo al parco ferroviario per l’inoltro dei carri carichi di rottami di ferro. Testimonianze, storiche, dell’industria dentro la città . Le aree, ora, sono, in parte inutilizzate e non fruibili, e in parte adibite a parcheggio. Individuate con PU 7 (zona c.so San Felice) e PU 6 (zona ad ovest del teatro comunale, già oggetto di Accordo di Programma - art. 6 della L.R. 11/2004), rappresentano un contesto di rilievo per la città ; due vaste entità territoriali, data la loro posizione, quale cerniera tra le aree periferiche e il centro storico. Un’importante cerniera che si dovrà presentare come spazio aperto, dove, anche qui, il verde pubblico deve assumere un ruolo architettonico di rilievo con edificazioni a bassa densità che non devono creare muri, ma aprirsi quale invito a frequentare e scoprire una città . Edificazioni che prevedono insignificanti ed impattanti scatole di vetro e cemento non contribuiscono a dare un’immagine di un ambiente urbano che unisce in sé l’aspetto storico, e nello stesso tempo conferisce quel tocco di modernità che non intende snaturare il contesto della città palladiana.
Un’altra area che riveste una particolare importanza è l’area che comprende i manufatti dimessi dell’ex complesso industriale “lanificio Rossiâ€, comprensivo di pertinenze, e di parco, uno spazio verde all’interno di una struttura produttiva fra le più importanti della città . Di proprietà di una società immobiliare, vi è già configurata una destinazione residenziale - commerciale (C 37 - indice It 0.7, come le vicine aree C 35 - indice It 1.00), anche se necessita, come normato, di un idoneo strumento attuativo perequativo.
Il peso urbanistico qui si presenta notevole, non solo per la capacità edificatoria che l’area al termine di via Rossi intende assumere, con le conseguenti manovre per ingranare nel sistema del mercato superfici e volumi, generando i consueti spazi anonimi modello “nuovo Borgo Bergaâ€, ma, come desumibile dalla cartografia della zonizzazione (tavola n. 4), dall’individuazione di una nuova struttura viabilistica che sovrasta la ferrovia (parallelamente al cavalcavia Ferretto de Ferretti) e collega v.le San Lazzaro con il quartiere a sud, sorto attorno all’ex Rossi e all’arsenale. Nel poco spazio che si presenta disponibile si intenderebbe realizzare un improponibile manufatto tale da farlo sembrare più a una giostra che ad un’arteria di scorrimento, presentandosi in ugual modo fortemente impattante per la sua localizzazione. Si osserva che sarebbe da valutare il recupero del parco, quale spazio a verde, e il recupero di alcune strutture a testimonianza storica dell'insediamento: socialità e cultura.
Nella ricerca di luoghi e spazi esistenti, meritevoli di essere recuperati e valorizzati, se aggiriamo la città attraverso il percorso della circonvallazione interna (viale Mazzini, viale D’Alviano ……), le aree dismesse, in prossimità , o nelle vicinanze, sono varie, per le quali lo stesso P.I. prevede una loro rilettura che non crea dialogo e continuità con il contesto cittadino. Con il rischio di rimanere, ognuna, un’entità isolata, forse utilizzata ma non vissuta. Agli abitanti e ai frequentatori dovrà essere fornita l’opportunità di vivere in un ambiente collettivo in cui gli spazi sociali pubblici, e anche privati, fra i quali gli esercizi di vicinato, devono assumere un ruolo prioritario e comunitario.
Mettiamoci quindi in strada, da cittadini, e iniziamo ad amalgamare l’anima di questa città , da ovest ad est, in senso orario.
PU 4 - San Felice e Fortunato/via D’Annunzio (porzione denominata ex IVEM), già oggetto di specifico Accordo di Programma, art. 6 della L.R. 11/2004, nella cui area libera e dismessa sono previsti dei consistenti volumi fino ad elevarsi ad un’altezza di circa 18 mt.; esempi di geometria solida che disturbano la visuale dello storico complesso dell’ex ospedale psichiatrico, la cui struttura sanitaria è ivi ancora operante, ma a rischio a causa dei tagli nello specifico settore e nei servizi sociali. Un’operazione che già presenta una definizione di massima, rispetto ad altri interventi, e merita di essere rivista al fine di ridurre la propria consistenza.
PU 8 e 9: viale Trento - via Cappuccini, due aree fra loro contigue che si trovano nelle immediate vicinanze dei resti del borgo che prospetta le mura in prossimità dell’ingresso nord, lato Carmini. Un’invidiabile posizione in un contesto di alta densità abitativa che merita di essere interamente recuperato e bonificato, avendo ospitato al suo interno insediamenti produttivi importanti, ma fortemente inquinanti, quale l’ex Zambon. Da un primo esame della cartografia (tav. 4 e tav. 5 della cartografia di zonizzazione) l’individuazione di spazi pubblici attrezzati a parco, per il gioco e lo sport, fanno presagire un utilizzo di salvaguardia, ma ciò non basta, in quanto le aree libere e destinate a probabili interventi di edilizia devono prevedere indici (It) di bassa densità , inferiori, quindi, a quanto indicato nelle N.T.O.
PU 2: dalla parte opposta del percorso circolare, lungo viale Margherita, un’altra posizione di indubbio significato è costituita dal complesso denominato ex FRO, già sede di attività commerciali all’ingrosso, i cui manufatti sono a tutt’oggi in essere sulla sinistra procedendo verso l’Arco delle Scalette, dopo la sede che ospita l’università . L’indice previsto di massimo inviluppo (It 2.00), a fronte di un’altezza massima di 15.50 mt., rischia di rendere il comparto, che si sviluppa su una superficie limitata, soffocato da scatole di cemento che si elevano in altezza, compromettendo definitivamente la prospettiva verso i colli già fortemente disturbata dall’edificio del tribunale.Â
In tutto i PU previsti nell’ambito di questo P.I., che comprende una parte degli interventi previsti nel più ampio strumento sovraordinato, cioè il PAT, sono tredici, distribuiti in più zone della città . Oltre a quegli sopra individuati ripercorriamo la città attraverso gli interventi che comporteranno un’intensità edificatoria di rilevante peso: dal PU 10 di viale San Lazzaro, una sommatoria di metri cubi, dove i volumi edificati sono già ben presenti (l’indice It 3.00 è elevatissimo); al PU 11 del quartiere Laghetto, ove è prevedibile un consistente incremento volumetrico in una zona che presenta le caratteristiche peculiari di una programmazione urbanistica che al tempo della sua attuazione ha dato slancio, innovazione, ed apprezzabilità , alla città ; al PU 13 di via Zamenhof, con ulteriori incrementi direzionali - commerciali, sul retro del centro commerciale Palladio e a fianco del futuro realizzando PUA n. 215; superfici da destinare al terziario: grande distribuzione, parcheggi, auto, quasi ormai un continuum con la vicina centrale del latte, e la strada che la collega al vicino Comune di Torri di Quartesolo (che ha di recente adottato il proprio P.A.T.) e il centro commerciale dell’area Piramidi.
Elementi che snaturano la città dalle sue dinamiche.
Poi ancora gli interventi già segnalati in sede di variante tecnico - ricognitiva al P.R.G., per i quali (oltre a quelli già specificatamente individuati nella presente relazione), in applicazione dell’art. 6 della L.R. 11/2004, si è già ad una prima pianificazione attuattiva di massima: una decina di Accordi di Programma, che si presentano con la veste di realizzare opere di valenza pubblica, ma di fatto coprono gli interessi dei soggetti privati; quest’ultimi, oltre a dimostrare l’utilità dell’intervento, e, conti alla mano, disponibili a contribuire economicamente a rafforzare le casse comunali, prevedono un pesante utilizzo della superficie territoriale, che necessita, altresì, di una rete viabile adeguata sovrapponendosi a ciò che oggi la mobilità urbana comporta: traffico e inquinamento.
Il Piano Urbano della Mobilità , di recente approvazione, pur presentandosi con un programma che ipotizza un indirizzo all’uso del mezzo pubblico, e alla fruizione di percorsi ciclabili, di fatto è un P.U.M. essenzialmente autocentrico, ragionato sull’utilizzo dell’auto, quale mezzo privato.
Fra questi Accordi l’area dell’Arena degli Eventi, a Vicenza est, richiede una particolare attenzione, non solo perché propone di realizzare degli impianti sportivi di elevato livello, con attività commerciali e direzionali connesse, ma anche perché comporta un forte impatto sulla viabilità già al limite dell’implosione per la presenza, come già sopra precisato, delle aree commerciali e direzionali vicine. Non si ha dubbio che Vicenza avrebbe necessità (anche se non rientra fra i bisogni di primaria importanza) di impianti sportivi adeguati ma ciò, anche se magari gestito da privati, deve avere un controllo pubblico e la mano dell’Amministrazione Comunale deve sovrintendere evitando invadenza ed uso improprio del territorio, quali incidenze ad opera di soggetti investitori, che se da un alto si propongono benefattori, perché magari costruiscono gli impianti sportivi, dall’altro pretendono la gestione dell'intera superficie dell’area per il mercato immobiliare. In pratica un’apparente struttura pubblica che nasconde una chiara manovra speculativa. Non è questo il modo di fare urbanistica partecipata. Sarà la Regione Veneto a dettare gli indirizzi, essendo l’unico fra gli Accordi che dipende a priori da un Ente superiore.
I processi di espansione non si “limitano†a quanto sopra, ma si allargano ad ulteriori proposte (fra i quali gli Accordi - Conferenza di Servizi, di cui all’art. 32 della L.R. 35/2001), proposte di pesante recupero, in un conteso già fortemente edificato, come la perequazione C 37 in viale della Pace (fronte ex Enel), ma anche ex novo, quali, per citarne qualcuna, le aree C 10 e C 33 (questa con viabilità connessa), per circa 52.000 mq., nella zona Est, fra Cà Balbi, via Aldo Moro e strada Bertesina. Una parte di città che si allarga rubando risorse al territorio agricolo.
Nel complesso cittadino tutti interventi espansionistici (da attuare, o già in prima fase attuativa), che se non puntualmente, in questa relazione, tutti analizzati, contribuiscono ad appesantire una città che non necessità affatto di nuovi volumi, ma di una modesta edificazione di completamento che mira a riqualificare l’esistente.
Un esempio: consideriamo l’ex Centrale del Latte, in via Medici, area B 15; vogliamo veramente donare uno spazio verde a disposizione della comunità e cancellare ogni e qualsiasi volontà cementificatoria? Qui non si intende operare come zona di completamento con intervento diretto (come si vorrebbe dimostrare), ma ci troviamo di fronte ad un surrettizio progetto espansionistico, come desumibile dalla tabella riportata nelle N.T.O.
Altri elementi presi singolarmente uno a uno, e poi tutti assieme, che dimostrano l’invadenza e l’uso discriminato del territorio sono i BID (i bandi di interesse diffuso). Da un’analisi delle tavole che costituiscono la cartografia della zonizzazione si nota che il territorio comunale è spalmato di tanti piccoli asterischi all’interno di un rettangolo, icona che sta ad indicare le zone in cui viene concesso ai privati, come a suo tempo richiesto, la possibilità di edificare partendo da uno stato di fatto già rappresentativo. Senza togliere nulla a coloro che, senza ricorrere a situazioni speciali e derogatorie, rientrano già nell’ordinario per ampliare la propria abitazione, questi BID sono stati dislocati in modo disordinato e causale con una forte pressione territoriale, in particolare per quelli (e sono la maggior parte) dislocati in zona agricola. Non costituiscono individuazione di ampliamenti puntuali, ma semplicemente consumo di suolo.
In una ipotetica sommatoria di quanto sopra, i numeri sono pesanti per una città che necessita di nuovi orientamenti per costruire una pianificazione partecipata, e non costruire per occupare e consumare territorio:
130.000 mq. di territorio agricolo sottratto all'ambiente;
per realizzare nuove superfici residenziali, commerciali e direzionali, con il conseguente carico urbanistico che esse comporteranno;
per polverizzare la campagna di clientelari insediamenti residenziali diffusi, a scapito della comunità ;
E tutto questo è salvaguardia del territorio?
653.000 mc. di soli volumi residenziali derivanti dalle nuove aree di trasformabilità , e dalle aree di trasformabilità già previste e confermate in serie di P.R.G./P.I.;
E questo significa recupero dell’esistente?
320.000 mq. di superficie utile commerciale - direzionale, distribuita in strutture di medie e grandi dimensioni, derivanti da accordi di programma già definiti, e da aree di riqualificazione e di sviluppo insediativo;
Per quando riguarda gli aspetti correlati all’effettivo stato dei luoghi, e all’individuazione di porzioni di territorio rispetto ai vincoli ambientali, l’area già PIRUEA Cotorossi costituisce, nella penisola racchiusa tra i fiumi Bacchiglione e Retrone, un’intensissima edificazione con pesantissimi volumi (fra cui il nuovo tribunale), parcheggi multipiano, per incentivare il modello autocentrista, e una grande spazio commerciale per incentivare il modello consumistico. Trattandosi di un Piano che insieme ad altri interventi di consistente peso urbanistico non considera la persona come cittadino partecipativo, né si pone alcun riguardo, né interesse, circa gli spazzi sociali e di aggregazione che non siano un ipermercato, gli aspetti rilevanti che risaltano nelle cartografie e che meritano menzione, sono due; l’uno (tav. 5 della zonizzazione), trattandosi di uno strumento (il P.I.) che dovrebbe riprodurre una situazione aggiornata non viene rappresentato l’intervento complessivo su tutta l’area, peraltro già definito, e quindi non si ha una visione completa di come e cosa sarà la zona di Borgo Berga; l’altro (tav. 5 dei vincoli), tutta l’area, costituente il promontorio, presenta un simbolo, o meglio un bollo, non proprio rassicurante:(una X rossa): sito da bonificare. Quindi oltre a cementificare all’inverosimile un’area già critica e fragile, aver distrutto anni di storia, ed anche di cultura vicentina, aver devastato non solo fisicamente, ma anche socialmente, un quartiere, c’è l’incubo della bonifica. Forse la Cotorossi non è proprio del tutto scomparsa e nel sottosuolo ha lasciato ancora le sue tracce.
La storia continua, attraverso uno strumento che non matura niente di nuovo, a parte l’informatica, uno strumento che è già vecchio e trascina con sé i concetti arcaici dell’urbanistica.
Un Piano degli Interventi, in conclusione, che non mette al centro la persona, ma i metri cubi che si possono e si vogliono realizzare.
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