Ordinanze, Vicenza non ne ha bisogno eppure Variati si intestardisce e fa lo sceriffo del West
Sabato 16 Aprile 2011 alle 23:51 | 0 commenti
C'è un giudice a Berlino. La Corte costituzionale ha fatto piazza pulita dell'abuso di potere attribuito nel 2008 dal decreto Maroni (il "pacchetto sicurezza") ai sindaci-sceriffi. Basta con gli odiosi e fantasiosi divieti spuntati come funghi in tutt'Italia: contravvenendo al carattere di urgenza e di contingenza, i Comuni non avevano il diritto di emanarli e sono perciò illegittimi. Seppur tardivo, l'intervento della Consulta rende giustizia ai cittadini multati in questi anni per la smania regolatrice e trombonesca dei John Wayne in fascia tricolore.
A Vicenza decadono le ordinanze emesse dall'attuale primo cittadino Achille Variati (Pd). Niente più multe contro i clienti di prostitute in sosta per contrattare la prestazione, niente più sequestro dell'elemosina ai mendicanti, niente più misure anti-bivacco per i nomadi e niente più nemmeno la recente ammenda per i locali "rumorosi": si torna al normale regolamento di polizia urbana. L'amministrazione Variati non l'ha presa bene: «È una giornata terribile, brutta. Non avrei mai pensato di dover tornare sui miei passi. Non dobbiamo prendercela con la Corte costituzionale ma con il governo, colpevole di averci fornito un'arma sbagliata», ha commentato Achille. Il quale, pur ammettendo che «soltanto una legge potrà risolvere in via definitiva queste questioni», ha promesso che metterà al lavoro gli uffici legali comunali per sfornare nuove ordinanze a norma di legge e che si procederà alla revisione del regolamento secondo tutti i crismi.
Come il suo collega leghista veronese, il duro e puro Flavio Tosi, il sindaco berico non si rassegna a starsene con le mani in mano. Sa che la gente, se deve trovare un colpevole al periodico allarmismo che si scatena sui media contro il "degrado", se la prende col Comune. E lui, che deve blandire un'opinione pubblica vicentina un po' bacchettona e facile agli isterismi, a fare il capro espiatorio non ci sta. Possiamo capirlo. Quel che non capiamo - o capiamo benissimo - è il voler inseguire a tutti i costi la destra e la Lega Nord sull'ossessione di una malintesa sicurezza. Non raccontiamoci storie: Vicenza è una città tranquilla, anche troppo. E' ridicolo pensare di essere minacciati da un'orda di accattoni, puttanieri, zingari e gruppi musicali. I clochard non fanno male a nessuno, se sono insistenti li si manda a quel paese e se per caso, fatto raro, diventano aggressivi dovrebbero esserci i vigili o le forze dell'ordine a intervenire, come per qualunque persona molesta. Le belle di notte spaventano tanto i genitori di bambini che non si capisce bene quale trauma psicologico contrarrebbero dal vedere minigonne e scollature sui marciapiedi, dato che in televisione se ne fanno una quotidiana scorpacciata. Gli zingari sono una vera fissazione di destrorsi e leghisti: sembra che il fatto stesso che esistano non li faccia dormire la notte. Ora, a parte che in città da anni resistono, indisturbati, due campi, se si decide di sloggiarli lo si faccia e basta invece di fare melina brandendo editti che rimangono sulla carta (en passant: il progetto di questa giunta, poi ritirato, era di sostituirli con ben cinque micro-campi. Fare in modo che mettano su casa e si trovino un lavoro come tutti è pretendere troppo?). L'ultimo parto è stata la multa mirata contro i locali "fracassoni" che fanno suonare le band. E' il massimo: il centro è un mortorio spopolato e per giunta si colpisce quel florido sottobosco locale di musicisti facendo scattare il coprifuoco prima di mezzanotte.
Se poi vogliamo parlare di spaccio, rapine, delinquenza da strada bene, ma è un altro discorso. Che coinvolge direttamente polizia e carabinieri, e solo secondariamente l'autorità comunale (il cui compito sarebbe piuttosto rivitalizzare le zone abbandonate a sé stesse, non punire e reprimere). Purtroppo, per ragioni esclusivamente elettorali, Variati si intestardisce a fare lo sceriffo del West. Non vuole lasciare agli avversari l'arma propagandistica della lotta al degrado. Un degrado presunto, irreale, montato.
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