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"Operazione Copperfield", GdF individua frodi nel settore orafo: danni all'erario per 70 mln

Di Redazione VicenzaPiù Mercoledi 13 Giugno 2012 alle 12:42 | 0 commenti

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Guardia di Finanza  -  "Operazione Copperfield": la guardia di finanza individua molteplici e raffinati sistemi di frode nel settore orafo con un nocumento per l'erario di circa 70 milioni di euro. Accertate vendite in nero in italia di oro e preziosi per circa 33 quintali, mascherati in prevalenza da false esportazioni. Contestata l'introduzione in contrabbando di preziosi simulando false rispedizioni di beni in transito.

Denunciate 15 persone per contrabbando, falsità ideologica, appropriazione indebita, reati fiscali. Coinvolti sette rappresentanti doganali di note case di spedizioni di Vicenza e sei società orafe. Indagini condotte In Russia, Hong Kong e Croazia: ricostruiti flussi finanziari per oltre 36 milioni provenienti da conti cifrati in paradisi finanziari. Nel comparto orafo, nell'ultimo biennio, recuperata una base imponibile di oltre 370 milioni di euro.

 

Il Nucleo di Polizia Tributaria di Vicenza, a seguito di un'attività di polizia giudiziaria durata circa due anni, ha individuato molteplici sistemi di frode connessi alla commercializzazione di oro e preziosi da parte di alcune società italiane, molte delle quali operanti nella provincia berica, con operatori esteri, posti in essere con la complicità di rappresentanti doganali.
La città di Vicenza si caratterizza, del resto, per la presenza di un vasto distretto produttivo orafo-argentiero, con performance significative e posizioni di leadership sui mercati nazionali e mondiali, vantando circa 900 imprese operanti e 6.000 addetti, che trainano un export superiore al miliardo e duecento milioni di euro.
Le investigazioni hanno consentito, in estrema sintesi, di individuare:
a. fittizie esportazioni di merci preziose da parte di alcune società di Vicenza (che recavano quali formali cessionarie imprese russe, cambogiane, coreane, ucraine) spedite a società di Hong Kong risultate inesistenti o cessate in data antecedente alle transazioni economiche, rese possibili grazie alla connivenza di alcuni rappresentanti indiretti in dogana, dipendenti di talune case di spedizione, prestatisi ad attestare dati falsi sui documenti doganali di esportazione: tali operazioni fittizie, dall'anno 2005 all'anno 2009, hanno avuto ad oggetto oro e preziosi quantificati in circa 1.380 kg., per un valore pari ad oltre 26 milioni e mezzo di euro;
b. false esportazioni di merci preziose formalmente dirette a società della Federazione Russa e mai giunte a destino: tale sistema di frode, parimenti reso possibile dalla complicità di alcuni rappresentanti indiretti in dogana, ha permesso di attestare false esportazioni per oltre 950 Kg. di preziosi in lega (per un controvalore dichiarato di oltre 11 milioni di euro), asseritamente realizzate con la procedura di imbarco aeroportuale con bagaglio "al seguito" del passeggero (del peso, per ogni singolo viaggio, anche di oltre 70Kg.!);
c. false esportazioni di preziosi verso un'impresa orafa croata, formalmente realizzatesi attraverso l'effettivo invio di plichi di merce all'estero, per oltre 800 Kg. - per un controvalore dichiarato pari a circa 20 milioni di euro - merce risultata costituita, tuttavia, da falsi gioielli realizzati con una lega in similoro (c.d. tombak);
d. un vero e proprio contrabbando di merci preziose provenienti dalla Corea del Sud, introdotte in un deposito doganale privato (gestito da una casa di spedizioni vicentina) con falsa indicazione in fattura dell'acquirente nazionale (che risultava essere proprio la stessa casa di spedizione!) per poi essere falsamente rispedite verso imprese commerciali della Federazione Russa, accompagnate da documentazione fiscale emessa da una società orafa vicentina: in tal modo, sono stati introdotti fraudolentemente in Italia, omettendo il pagamento di dazi ed imposte, circa 50 kg. di oro, per un valore di circa mezzo milione di euro.
Le merci fittiziamente esportate (in regime di non imponibilità iva), quantificate in circa 56 milioni di euro, in realtà, erano già state cedute in nero in Italia, evadendo oltre 10 milioni di euro di iva; peraltro, documentazione extracontabile sequestrata ha consentito di rilevare ulteriori vendite in nero, per 275 Kg. di oro, non mascherate da successive false esportazioni, per altri 4 milioni di euro.
Sono risultate coinvolte 6 società, una delle quali dichiarata fallita su iniziativa della competente Procura della Repubblica, in tal senso attivata dai finanzieri.
Le risultanze investigative, che hanno portato alla denuncia di 15 persone, tra cui 7 amministratori e dipendenti di società di spedizione, hanno tenuto conto degli esiti di 18 perquisizioni (4 presso i locali delle case di spedizioni, 3 presso imprese orafe coinvolte ed 11 domiciliari) nonché, soprattutto, di una rogatoria esperita presso le Autorità di Hong Kong e di una richiesta di mutua assistenza amministrativa inoltrata, per il tramite del Comando Generale del Corpo, all'Organo collaterale russo.
Per quanto concerne le false esportazioni delle merci, esse avevano ad oggetto, per lo più, formali cessioni ad operatori russi (spesso clienti storici delle società coinvolte) di oro e preziosi indirizzati, tuttavia (su asserita richiesta dei cessionari) a società cinesi, risultate del tutto inesistenti: del resto, lo status di free trade area riconosciuto ad Hong Kong, l'assenza di restrizioni alle importazioni e - circostanza ancor più rilevante - la presenza in tale regione di fidati corrispondenti esteri delle case di spedizione vicentine, attesa l'indubbia rilevanza di tale area nei traffici commerciali mondiali, ben facilitavano l'obiettivo delle società italiane di ricondurre ad una apparente coerenza il sistema di false esportazioni orchestrato.

I pagamenti delle merci venivano effettuati (ad eccezione di casi non sporadici di insoluti) alle società cedenti nazionali in parte in denaro contante e, magna pars, tramite bonifici bancari provenienti da ulteriori 26 società, tutte con sede in Paradisi finanziari (Panama, Isole Vergini, Cipro, Seychelles, Gibilterra e Svizzera), che nessun legame risultano avere né con le società estere formali acquirenti delle merce, né con quelle cinesi dichiarate quali destinatarie della stessa: i pagamenti in tal modo tracciati ammontano ad oltre 36 milioni di euro.
La prova dell'inesistenza delle società cinesi rinviene sia dalle comunicazioni giunte, per i canali ufficiali, dal Dipartimento di Giustizia - Servizio Legislazione Internazionale - Ufficio per la Mutua Assistenza Giudiziaria di Hong Kong che dalle interrogazioni alle banche dati dei siti governativi, accessibili dai finanzieri.
Non va sottaciuta, in questa sede, la collaborazione offerta dalla Hong Kong Jewellery and Jade Manufacturers Association, tra le principali associazioni di categoria dei gioiellieri di Hong Kong, i cui amministratori, interpellati dai militari, sono spesso presenti a Vicenza in occasione delle importanti Fiere orafe infrannuali.

Le indagini hanno consentito di far emergere, altresì, false fatture emesse, a favore di una società di spedizioni vicentina, dal 2005 al 2008, da una società di Hong Kong, risultata formalmente cessata nel 1998, a fronte di asserite "prestazioni di pubblicità e consulenza", per un valore di oltre 430.000 euro: sui conti correnti di un ex amministratore della stessa società italiana, il cui stipendio netto era di circa 1.000 euro al mese, sono stati rilevati versamenti di denaro contante per circa 450.000 euro.
L'attenzione riservata dalle Fiamme Gialle al comparto orafo resta, dunque, molto elevata, tenuto anche conto dell'alto valore aggiunto dei beni preziosi: si consideri che, nell'ultimo biennio, il Nucleo di Polizia Tributaria di Vicenza ha concluso 19 ispezioni fiscali nei confronti di altrettanti soggetti operanti nel settore, segnalando per il recupero a tassazione elementi di reddito (tra costi indeducibili ed omessi ricavi) per oltre 370 milioni di euro ed iva per oltre 80 milioni.


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Giovedi 27 Dicembre 2018 alle 17:38 da Luciano Parolin (Luciano)
In Panettone e ruspe, Comitato Albera al cantiere della Bretella. Rolando: "rispettare il cronoprogramma"
Caro fratuck, conosco molto bene la zona, il percorso della bretella, la situazione dei cittadini, abito in Viale Trento. A partire dal 2003 ho partecipato al Comitato di Maddalene pro bretella, e a riunioni propositive per apportare modifiche al progetto. Numerose mie foto del territorio sono arrivate a Roma, altri miei interventi (non graditi dalla Sx) sono stati pubblicati dal GdV, assieme ad altri come Ciro Asproso, ora favorevole alla bretella. Ho partecipato alla raccolta firme per la chiusura della strada x 5 giorni eseguita dal Sindaco Hullwech per sforamento 180 Micro/g. Pertanto come impegno per la tematica sono apposto con la coscienza. Ora il Progetto è partito, fine! Voglio dire che la nuova Giunta "comunale" non c'entra più. L'opera sarà "malauguratamente" eseguita, ma non con il mio placet. Il Consigliere Comunale dovrebbe capire che la campagna elettorale è finita, con buona pace di tutti. Quello che invece dovrebbe interessare è la proprietà della strada, dall'uscita autostradale Ovest, sino alla Rotatoria dell'Albara, vi sono tre possessori: Autostrade SpA; La Provincia, il Comune. Come la mettiamo per il futuro ? I costi, da 50 sono saliti a 100 milioni di € come dire 20 milioni a KM (!) da non credere. Comunque si farà. Ma nessuno canti Vittoria, anzi meglio non farne un ulteriore fatto "partitico" per questioni elettorali o di seggio. Se mi manda la sua mail, sono disponibile ad inviare i documenti e le foto sopra descritte. Con ossequi, Luciano Parolin [email protected]
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