Il Collettivo studenti oggi a Milano: "Non pagare il debito: rompere con il capitalismo!"
Sabato 31 Marzo 2012 alle 10:43 | 0 commenti
Collettivo Studenti Scuola Pubblica - "Non pagare il debito: rompere con il capitalismo!", questo è lo striscione che porteremo oggi al corteo nazionale di Milano (foto d'archivio di una manifestazione di studenti indignati a Vicenza, ndr). "Il debito pubblico è cresciuto così tanto per colpa delle politiche sconsiderate dei governi precedenti, cioè di chi ha speso troppi soldi per lo Stato sociale, pur non avendo le risorse per farlo!" Quella che avete appena letto è un'affermazione molto diffusa. Peccato che sia falsa.
QUESTO DEBITO NON CI APPARTIENE
Il debito pubblico altro non è che il risultato della continua copertura da parte dello Stato delle perdite del capitale privato, attra-verso soldi pubblici (i nostri soldi, provenienti dalle tasse e teoricamente destinati ai servizi). La crisi del capitalismo, cominciata nel 2007 e non ancora esauritasi, ha fatto fallire imprese e portato sull'orlo della bancarotta colossi finanziari di rilevanza mondiale. Per arginare ciò, negli USA e in UE, molti governi hanno dirottato ingenti somme di denaro pubblico nei fondi di banche e imprese, trasformato il debito da privato in pubblico. Alla faccia di chi diceva che il "libero mercato" avrebbe portato benessere per tutti! Ma come fa uno Stato a trovare i soldi per salvare le banche? Ecco il paradosso: li chiede in prestito ad altre banche! Così si indebita, e dovrà restituire loro il prestito con gli interessi. E chi decide di quanto sono gli interessi? Il mercato e le banche stesse (attraverso le agenzie di Rating). Questo meccanismo serve solo a difendere i profitti dei capitalisti: da un lato i banchieri ci guadagnano ad essere creditori degli Stati, dall'altro gli imprenditori traggono molto vantaggio dalle politiche di austerità (cioè, i nostri sacrifici) che i governi devono attuare per trovare i soldi necessari. Questo scenario spiega in che direzione vanno le politiche dei governi sotto il controllo di quella che viene definita la Trojka (Banca Centrale Europea, Unione Europea e Fondo Monetario Intenzionale), in Grecia come nel resto d'Europa. Quindi a pagare i costi della crisi non sono i veri responsabili, ma i lavoratori e i giovani attraverso la riduzione dei principali servizi sociali (privatizzazione dell'istru-zione pubblica, dei trasporti, della sanità ), la cancellazione dei diritti nei luoghi di lavoro (vedi ultima riforma del lavoro con lo smantellamento dell'art.18), l'abbassamento dei salari, i licenziamenti di massa, la precarietà e la disoccupazione.
Insomma, il pagamento del debito pubblico è la ragione che ci viene presentata per continuare a fare la stessa cosa: più risorse ai ricchi, padroni e banchieri, più sacrifici a lavoratori, giovani e pensionati. Per questo, se vogliamo difendere i nostri diritti e avere delle condizioni di vita dignitose, non possiamo più ammettere compromessi: il debito non va pagato.
La parola d'ordine del non pagamento del debito si sta diffondendo a sinistra fra attivisti e organizzazioni politiche, sindacali e studentesche. La manifestazione del 31 marzo promossa dal Comitato No debito a Milano è un momento di raccolta fra queste forze e crediamo che sia importante proprio per portare all'ordine del giorno il problema del debito pubblico.
Per questo motivo noi del Collettivo Studenti Scuola Pubblica saremo in piazza a Milano e porteremo avanti queste parole d'ordine anche nelle scuole della nostra città :
-Rifiuto di pagare il debito pubblico alle banche e agli speculatori, nazionalizzazione sotto il controllo dei lavoratori della banche, dei principali gruppi economici e dei servizi privatizzati.-Veri diritti per tutti. Investimenti nell'istruzione e nella sanità pubblica, da gestire con organismi di democrazia partecipativa.
-Respingere gli attacchi ai lavoratori. No a sfruttamento, disoccupazione e precariato. Distribuzione del lavoro necessario a tutti i lavoratori disponibili con riduzione dell'orario di lavoro a parità di salario.
-No alla repressione delle lotte, dalla Fiat alle scuole alla Valsusa.
Accedi per inserire un commento
Se sei registrato effettua l'accesso prima di scrivere il tuo commento. Se non sei ancora registrato puoi farlo subito qui, è gratis.