Non di sole ciclabili vive il ciclista
Domenica 27 Dicembre 2009 alle 14:00 | 0 commenti
Dopo pranzi e cene, forse una bella pedalata non farebbe male. Eccovi, quindi, il ‘pezzo' giusto.
Non di sole ciclabili vive il ciclista
Padova, Mestre e anche la "piccola" Schio stanno investendo molto sulla mobilità ciclabile
Dalle zone a traffico moderato alle rotatorie sicure
ecco alcune idee che potrebbero tornare utili anche in cittÃ
Non ci sono soldi, non c'è spazio, non si possono togliere i parcheggi. L'elenco delle giustificazioni per non fare piste ciclabili, e più in generale per non mettere mano a tutti quegli interventi a favore di chi si sposta in bicicletta, è sempre ben nutrito e, almeno all'apparenza, ben motivato. In realtà , quando ci sono progetti chiari e una volontà politica decisa, i risultati sono a portata di mano. Come si può verificare con una scampagnata di pochi chilometri, a Padova, a Mestre, o anche nella "piccola" Schio. Tutte città in cui, negli ultimi anni, le politiche a favore della bicicletta hanno fatto passi, anzi, pedalate, da gigante.
Sant'Antonio dei ciclisti
A Padova la rete delle piste ciclabili arriva ormai a sfiorare i 120 chilometri, di cui una quarantina buoni realizzati negli ultimi tre anni. Ci sono itinerari che collegano quasi tutte le zone più popolose della periferia al centro storico, e una fitta rete di percorsi nella parte più antica della città . A fine 2008, a Vicenza, i chilometri di piste ciclabili erano solo 33, e in molti casi si tratta ancora di frammenti isolati. Anche tenendo presente che Padova è due volte più grande, basterebbero queste poche cifre per dare l'idea di come sia stata affrontata in modo diverso la politica delle due ruote.
Le piste ciclabili, però, sono solo una parte del problema, e forse nemmeno la più importante. "Sono solo uno degli ingredienti della torta della ciclabilità - conferma Michele Mutterle, di Tuttinbici, associazione che insieme a Legambiente organizza per gennaio un corso sulla mobilità ciclabile proprio per approfondire le varie possibilità che ci sono in questo campo -. Non possiamo pensare di avere una ciclabile per ogni strada". E infatti, all'ombra della Basilica del Santo, accanto alle ciclabili hanno messo in campo un'ampia gamma di misure per persuadere la gente a lasciare l'auto in garage. Il tram, ad esempio, la nuova linea su monorotaia che taglia in due la città , ha avuto un ruolo di primo piano in questo mix. Lungo il suo percorso è stato vietato il transito ad auto e biciclette; in compenso, sono state allargate l'area pedonale e la ztl, e nelle vie laterali a quelle in cui corre la monorotaia sono state tolte aree di sosta per ridare spazio a chi si muove in bicicletta, a piedi, e anche alle stesse auto.
In punta di ruote
L'altro pilastro della politica ciclabile della giunta Zanonato è stata la creazione di varie zone a traffico moderato nei quartieri: aree in cui le auto siano quasi costrette a muoversi lentamente, "in punta di ruote", come ripete più volte Mutterle. Come? Inserendo limiti di velocità di 30 chilometri orari, creando attraversamenti pedonali e incroci rialzati e, per quanto possa sembrare strano, riducendo la dimensione delle carreggiate, a tutto vantaggio di marciapiedi e aree verdi. Una sede stradale larga, infatti, invita a schiacciare sull'acceleratore: le corsie strette (dove c'è il limite dei 30 km all'ora possono essere anche inferiori ai 3 metri), invece, danno anche visivamente l'idea di uno spazio in cui l'automobile deve convivere con gli altri mezzi. E producono velocità più basse. "I 30 all'ora sono una velocità compatibile con gli altri utenti della strada - riprende Mutterle -. La maggior parte degli incidenti avviene in aree urbane, e il 70 per cento coinvolge pedoni o ciclisti. Se si vuole lavorare sulla sicurezza, bisogna lavorare sulle velocità : perché mentre in un incidente a 30 km all'ora il pedone o il ciclista ha la quasi certezza di sopravvivere, in un incidente a 70 chilometri all'ora ha la quasi certezza di non uscirne vivo".
A Vicenza gli spunti per mettere in campo iniziative di moderazione del traffico non mancano. "Corso Fogazzaro sarebbe perfetto - continua l'esponente di Tuttinbici -. ma anche tutti quei quartieri in cui ci sono scuole costruite negli anni '60 o '70, che di solito sono fronteggiate da strade larghissime e marciapiedi strettissimi. Penso ad esempio alla strada delle scuole di San PioX, che è talmente larga da essere usata come parcheggio notturno per i camion: lì bisognerebbe fare un marciapiedi di 5 metri, per dare spazio ai ragazzi, e per convincere i genitori a lasciare l'auto nei parcheggi che ci sono all'inizio della via".
Trappole per biciclette
Sempre parlando di moderazione del traffico, a Padova hanno anche messo in sicurezza tutte le 110 rotatorie della città . Creando degli anelli ciclabili e, in tutti quei casi in cui lo spazio era sufficiente, realizzando degli attraversamenti rialzati in entrata e in uscita. Anche qui, si costringono le auto a rallentare e a prendere coscienza, se così si può dire, che sulla strada ci sono altri mezzi. "A Vicenza il 18 per cento degli incidenti avviene in rotatoria - riprende Mutterle - mentre solo il 4 per cento ai semafori. E c'è lo stesso numero di semafori e di rotatorie: questo significa che, per chi si muove in bicicletta, le rotatorie vicentine sono cinque volte più pericolose di un semaforo. Il fatto è che alcune sono effettivamente delle trappole per ciclisti, in particolare quelle che possono essere attraversate senza rallentare. Ma non dobbiamo pensare che debbano essere per forza così: realizzarle in modo diverso, e più scuro, è possibile".
Il caso Mestre
Qualcosa di molto simile è in corso a Mestre. Lì il Comune ha adottato un biciplan, cioè un progetto per lo sviluppo della mobilità ciclabile, molto ambizioso: nel giro di una decina d'anni, infatti, vorrebbero scippare a Bolzano - dove già oggi il 25 per cento degli spostamenti urbani avviene su due ruote - il primato di città più ciclabile d'Italia. Per farlo, stanno mettendo in campo un mix di soluzioni molto simile a quello padovano. Piste ciclabili separate dalle carreggiate delle auto per collegare le periferie al centro lungo le strade più trafficate, e interventi di moderazione del traffico nei quartieri: incroci rialzati, carreggiate più strette, porte di ingresso nel quartiere in cui può passare un'auto alla volta ("Così chi guida ha la percezione di muoversi in uno spazio diverso"). I risultati, anche se il progetto è ancora agli inizi, si vedono: nel giro di un paio d'anni la percentuale di spostamenti ciclabili è salita dal 17 al 20 per cento.
Pedalare è bello
Anche Schio si sta muovendo su questa strada: ha adottato un biciplan, ha fatto partire il servizio di bike sharing e sta investendo molto in comunicazione. Con manifesti e depliant in cui si spiegano i vantaggi - per la salute, per l'umore, per la collettività - dello spostarsi in bicicletta. "Schio investe un milione di euro all'anno - osserva Mutterle -, ed ha trentamila abitanti. A Vicenza, dove gli abitanti sono quattro volte di più, si investe molto meno. Bisognerebbe ragionare su cifre diverse: con tre milioni di euro, ad esempio, si potrebbe già far molto. Invece non c'è abbastanza coraggio, e ci sono quartieri popolosi come San Lazzaro, i Ferrovieri o San Pio X che sono scollegati dalla rete delle piste ciclabili". E dire che il bacino di utenti non manca: l'ultima stima sul numero di persone che sceglie la bicicletta per spostarsi è stata fatta proprio da Tuttinbici, che nel 2008, in una mattinata di mercato, ha monitorato gli ingressi in centro storico. Scoprendo che in sei ore, dalle 7,30 alle 13,30, ben 6.600 persone erano entrate in città pedalando. "Sono tantissime - conclude Mutterle -. Se tutte si muovessero in auto, sarebbe un disastro. Per questo aumentare o ridurre quella quota può fare la differenza".
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