Musica, catastrofi e storia
Lunedi 8 Novembre 2010 alle 23:37 | 0 commenti
Ogni catastrofe o tragedia lascia un silenzio, il silenzio dello stupore, della paura appena passata eppure ancora viva, della realtà con cui i molti dovranno fare i conti. Un silenzio spesso spezzato da urla di rabbia e disprezzo verso chi non ci ha difeso e avrebbe potuto e dovuto farlo, una richiesta d'aiuto ripetuta macchinalmente ma senza successo, un sospiro malinconico nel realizzare ciò che si è perso.
Tutto questo è però ancora più silenzio. Ed anche se è certo che tutto un domani ricomincerà , che la vita tornerà alla normalità , che i bambini di oggi ne udiranno solo l'eco lontana, nella storia di ognuno di noi un silenzio resterà a segnare la memoria. Forse è proprio per questo che molte delle grandi catastrofi della storia, che siano eventi naturali come l'esondazione di un fiume o le guerre che gli uomini combattono, hanno sempre un riscontro nella musica e in essa hanno cercato un appiglio. Perché la musica è la forma più forte con cui esorcizzare il silenzio che affollerà i nostri ricordi, senza farli dimenticare, ma avvolgendoli di speranza e donando loro un senso, un perché. In molti sguardi ora assente. Uno strumento familiare a tutti e da tutti comprensibile, perché la prima musica che ascoltiamo è il battito del cuore di nostra madre nel suo ventre, uno strumento di comunicazione che ci segna e realizza da sempre, che descrive la nostra esistenza nei momenti di gioia come in quelli di dolore e ci permette di condividerli con il resto degli esseri umani, prescindendo da aspetti culturali e sociali. Sono molti in questo senso gli artisti che, in situazioni come quella che oggi viviamo, hanno condiviso il proprio estro e le emozioni che ne sono la forza generatrice. Così sono stati organizzati festival, sono state scritte canzoni ed opere. Penso ad esempio a "Domani", la canzone scritta da molti dei rappresentanti più illustri della musica italiana per il terremoto che lo scorso anno ha devastato la città dell'Aquila (nella foto a cantarla è il popolo Aquilano), o a storici esempi quali "Born in the USA" di Bruce Springsteen contro la guerra in Vietnam o anche "Sunday bloody sunday" degli U2 a denuncia della strage di manifestanti indipendentisti dell'Irlanda del Nord in quella domenica del 1972. Solo pochi esempi di come tutta la nostra storia sia anche musica, e come quest'ultima spezzi realmente i nostri più bui silenzi. Perciò l'appello più vero e grande che le nostre coscienze possono fare adesso è quello di non rinchiudersi nell'anonimato dell'aridità artistica data dal silenzio o dalle urla dei singoli nella solitudine della loro condizione, ma di cercare con forza l'espressione di questa tragedia nella musica, nell'insieme delle voci unite. La capacità di risollevarsi dai problemi proviene sempre dal profondo ed è tanto maggiore quanto più la si può condividere con altri. Tutto questo è musica, di cui ora abbiamo bisogno anche se non ci ridarà certo ciò che abbiamo perso. Non ci farà dimenticare, ma ci aiuterà a ricominciare e a sentirci parte di una comunità unita e compatta, un'unica voce.
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