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Muoio ... di fame!

Di Citizen Writers Giovedi 11 Agosto 2011 alle 05:45 | 0 commenti

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Riceviamo su [email protected] da Luc Thibault, Delegato USB Greta Alto Vicentino, e pubblichiamo.

Nel mondo ci sono persone che soffrono la fame e muoiono di malnutrizione. Ventinovemila bambini sotto i cinque anni morti di fame negli ultimi novanta giorni, probabilmente altrettanti oltre quella soglia d'età deceduti per lo stesso motivo, più di duemila esseri umani a rischio ogni giorno, mentre in situazione di pericolo restano 11 milioni di persone. Dal Corno d'Africa in ginocchio arrivano numeri da olocausto.

La fame! Un tema che può sembrare così distante dalla nostra vita tranquilla e dalla nostra quotidianità. Eppure la fame non è un male inevitabile. Gli esperti confermano che il mondo è già oggi in grado di produrre cibo per tutti, nessuno escluso. Eppure si muore di fame. Sono le facce della stessa medaglia: lo spreco e la carestia di risorse alimentari. La radice del problema è che molti nel mondo non hanno terra, condizioni, capacità sufficienti per produrre il cibo di cui necessitano; oppure non hanno abbastanza reddito per comprarne. Una vulnerabilità di fondo, aggravata dalla difficoltà di accesso all'acqua potabile, che moltiplica le conseguenze dei disastri naturali, inclusi quelli generati dai progressivi cambiamenti climatici. Su equilibri già tanto vulnerabili vanno ad incidere l'assenza di sensibilità degli stati e la mancanza di politiche distributive e di riciclo. E pensare che durante il Vertice mondiale dell'Alimentazione del 1996 i leader mondiali avevano preso il "solenne" impegno di dimezzare in vent'anni il numero di affamati: bene, dopo gli incoraggianti progressi iniziali il numero è cresciuto del ...20 per cento e oltre! Le immagini allucinanti che ci arrivano da queste aree per mezzo di reportage televisivi sembrano estrapolate, soprattutto per noi occidentali, da un qualche macabro museo degli orrori, dandoci al contempo la misura di un fenomeno tristissimo che ha raggiunto dimensioni planetarie. Non mancano gli appelli, da tutte le parti, a fare qualcosa per sollevare quei popoli da una simile catastrofica situazione. Ma tali appelli appaiono come uno spesso velo di pietismo tessuto coi fili dell'ipocrisia e di una demagogia sottile quanto ... criminale. Come se il problema fosse l'invio di un tozzo di pane per alleviare per qualche ora la fame storica dei popoli di quelle aree; come se l'atto risolutore fosse una più ampia disponibilità dei paesi più ricchi nel rapporto coi paesi del "terzo" e del "quarto" mondo (definizioni, queste, di comodo e quanto mai inesatte). Il problema si presenta come il portato storico di un modo particolare di sviluppo del capitalismo, obbediente alla legge dello sviluppo ineguale e d'altra parte all'opera sistematica di rapina perpetrata a suo tempo dal colonialismo e oggi dal dominio assoluto del capitale finanziario delle cittadelle dell'imperialismo mondiale. L'atto di "pietà" di chi invia un container colmo di derrate alimentari o di medicinali è, il velo meschino steso con fare ipocrita da chi con una mano dà (le briciole) e con l'altra prende (materie prime, risorse naturali, forza-lavoro a bassissimo costo, ecc.). E mentre il "dare" si dimostra come atto di pura generosità, il prendere, invece, è visto, semplicemente, come vicendevole scambio inerente alla sfera del lavoro e della sua "ineluttabile" suddivisione, per ruoli e per differenziati accapparramenti dei relativi vantaggi.
Il piano delle Nazioni Unite utilizzato per consentire lo sviluppo della ricerca nel campo dell'agricoltura tropicale equivale al 2% della spesa militare mondiale media in un anno! Secondo i dati analizzati dal SIPRI1 la spesa militare mondiale per l'anno 2010 è risultata pari a 1.630 miliardi di dollari: ciò rappresenta un incremento dell'1.3% in termini reali rispetto all'anno 2009 e un incremento del 50% rispetto al 2001. No comment!
Il mondo è diventato molto più ricco, tuttavia la gran parte della nuova ricchezza ha recato vantaggio agli 1.5 miliardi di persone più ricche, rispetto a una popolazione globale che secondo le stime delle Nazoni Unite raggiungerà 7 miliardi di individui entro ottobre 2011. Un mondo molto più ricco e ancora più diviso di prima, che conta quasi il doppio di persone malnutrite, rispetto ai primi anni ‘70. Questi fatti, da soli, bastano a giustificare una critica schiacciante del modo in cui il sistema economico mondiale si è evoluto, e in particolare dell'aver ignorato il problema della sicurezza alimentare per decine di milioni di persone povere e vulnerabili. La siccità in corso nel Corno d'Africa e in Africa orientale sta mettendo in grave difficoltà le popolazioni più vulnerabili, molte delle quali già oppresse dalla povertà e dall'insicurezza. L'ampiezza delle aree colpite è particolarmente estesa: i due distretti in Somalia, che sono ora indicati come zone di carestia, rappresentano solo le situazioni più estreme di un più vasto disastro che si estende dalla Somalia all'Etiopia, dal nord del Kenya al Sudan arrivando fino al distretto di Karamoja nel nord-est dell'Uganda. Le popolazioni esposte al rischio, in quella che si presenta come la peggiore siccità nella regione dal 1950, sono in numero enorme. Almeno 11 milioni di persone sono interessate dalla catastrofe. Nel distretto Turkana del Kenya settentrionale, 385.000bambini (su una popolazione totale di circa 850.000) sono affetti da malnutrizione acuta (cfr Miriam Gathigah, "East Africa: Millions Stare Death in the Face Amidst Ravaging Drought", TerraViva / IPS, 18 luglio 2011). Dadaab, nel nord del Kenya, il più grande campo di rifugiati al mondo, offre una chiara illustrazione delle conseguenze della siccità. La popolazione di Dadaab, progettato per far fronte a 90.000 persone, è aumentata negli ultimi mesi a 380.000 - e vi stanno arrivando più di 1300 persone al giorno (cfr Foynes Denis, "Eleven Million at Risk in Horn of Africa", TerraViva / IPS, 19 luglio 2011).
Quali sono le soluzioni per uscire da questa crisi? Come invertire un processo che è gestito dalle mani di pochi egoisti? Come "aprire" gli occhi ad avidi potenti su un futuro nero che non coinvolgerà più solo gli africani, ma che rischia certamente di diventare anche quello degli occidentali, con i mutamenti climatici che incalzano e le risorse che si assottigliano? Innanzitutto, la creazione di un governo globale che si occupi, principalmente, di evitare le crisi alimentari e di rispondere tempestivamente e con efficacia a queste, qualora si verifichino, investendo sulla lotta ai cambiamenti climatici. In secondo luogo, privilegiare, nei paesi in via di sviluppo, le piccole fattorie aumentandone la produttività e garantendo l'accesso dei coltivatori alle risorse naturali. Infine, modificare radicalmente il sistema produttiva delirante e il comportamento dei consumatori del Nord del Mondo ed evitare così sprechi ingiustificati di risorse ed iniquità nella distribuzione.
Si direbbe facile e molto probabilmente lo è: se non ci fossero di mezzo, gli interessi di un manipoli di potenti, mai troppo stanco della propria indifferenza e della propria avidità. Purtroppo la situazione sta effettivamente precipitando ed è difficile immaginare quali scenari si profilano all'orizzonte: se, effettivamente, ci si deciderà per tempo ad invertire rotta o se saranno necessarie altre crisi profonde, perché tutti arrivino a rendersi conto. Una cosa è certa: così davvero non può continuare. La crisi dell'Africa e le rivoluzione arabe sono un allarme, ben venga!
Nel 2011 ci saranno ancora 925 milioni di affamati, con un pugno di grassoni filibustieri e sfruttatori di madre natura e della specie umana.


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Giovedi 27 Dicembre 2018 alle 17:38 da Luciano Parolin (Luciano)
In Panettone e ruspe, Comitato Albera al cantiere della Bretella. Rolando: "rispettare il cronoprogramma"
Caro fratuck, conosco molto bene la zona, il percorso della bretella, la situazione dei cittadini, abito in Viale Trento. A partire dal 2003 ho partecipato al Comitato di Maddalene pro bretella, e a riunioni propositive per apportare modifiche al progetto. Numerose mie foto del territorio sono arrivate a Roma, altri miei interventi (non graditi dalla Sx) sono stati pubblicati dal GdV, assieme ad altri come Ciro Asproso, ora favorevole alla bretella. Ho partecipato alla raccolta firme per la chiusura della strada x 5 giorni eseguita dal Sindaco Hullwech per sforamento 180 Micro/g. Pertanto come impegno per la tematica sono apposto con la coscienza. Ora il Progetto è partito, fine! Voglio dire che la nuova Giunta "comunale" non c'entra più. L'opera sarà "malauguratamente" eseguita, ma non con il mio placet. Il Consigliere Comunale dovrebbe capire che la campagna elettorale è finita, con buona pace di tutti. Quello che invece dovrebbe interessare è la proprietà della strada, dall'uscita autostradale Ovest, sino alla Rotatoria dell'Albara, vi sono tre possessori: Autostrade SpA; La Provincia, il Comune. Come la mettiamo per il futuro ? I costi, da 50 sono saliti a 100 milioni di € come dire 20 milioni a KM (!) da non credere. Comunque si farà. Ma nessuno canti Vittoria, anzi meglio non farne un ulteriore fatto "partitico" per questioni elettorali o di seggio. Se mi manda la sua mail, sono disponibile ad inviare i documenti e le foto sopra descritte. Con ossequi, Luciano Parolin [email protected]
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