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Mose, parla il commercialista di Giancarlo Galan
Venerdi 12 Giugno 2015 alle 10:52 | 0 commenti
«Sono completamente estraneo alla vicenda del Mose. E non sono il prestanome di Galan, anche se ormai vengo definito così, quasi per abitudine. Di tutte le persone coinvolte nell’inchiesta conosco solo Giancarlo. E, purtroppo, Baita e Minutillo». Secondo la procura di Venezia, il commercialista padovano Paolo Venuti sarebbe stato il prestanome dell’ex governatore Galan, l’uomo che per anni, nell’ombra, ne avrebbe gestito «il tesoro» accumulato tangente dopo tangente, facendolo sparire in una triangolazione da capogiro tra l’Italia, la Croazia e l’Indonesia.
Un’accusa per la quale il professionista ha patteggiato 2 anni di galera, poi sospesi, e una multa da 70 mila euro.
Proprio per via di quel patteggiamento, martedì Venuti si è dovuto dimettere da presidente del collegio dei revisori dei conti di Padova Fiere, ruolo in cui era stato confermato senza clamori ad aprile. «Ho fatto ciò che era meglio per la società . Nessuno si è mai azzardato a chiedermi un passo indietro, perché non esiste alcun impedimento giuridico o tecnico alla mia riconferma, peraltro l’ennesima dopo 13 anni da revisore in Padova Fiere. È stata una mia decisione».
I soci pubblici, a dire il vero, avevano espresso forti riserve su di lei, una volta che la notizia è diventata di dominio pubblico.
«Se Massimiliano Pellizzari (nominato dal sindaco di Padova Bitonci alla guida di Fiera Immobiliare, la sigla che raggruppa Comune, Camera di Commercio e Provincia in Padova Fiere, ndr .) avesse votato da subito contro, capirei. Ma io sono stato rieletto all’unanimità . Perché Pellizzari abbia cambiato idea non lo so, mi pare una diatriba politica».
Dopo l’inchiesta sul Mose lei è diventato un professionista «impresentabile»?
«No. Nessun cliente mi ha voltato le spalle. Nei giorni successivi all’arresto, il 4 giugno, ho dato le dimissioni da Federconsorzi, Adria Infrastrutture e Save perché pensavo che lo scalpore potesse nuocere alle società . Anche in quel caso, una decisione soltanto mia».
Perché ha patteggiato?
«Il patteggiamento non è un’ammissione di colpevolezza, che da parte mia non ci sarà mai, e non comporta alcun accertamento dei fatti. È stata solo una scelta processuale, peraltro molto sofferta. Inizialmente non la prendevo neppure in considerazione; poi ho conosciuto la realtà del carcere e l’idea di rimanere dentro da innocente, la prospettiva di affrontare un processo che avrebbe comportato anni di massacro mediatico, è stata insopportabile».
L’esperienza in carcere l’ha cambiata?
«È stata durissima, ho retto convincendomi che sono cose che possono accadere quando si fa un lavoro come il mio. Se ho avuto una colpa, è stata quella di frequentare un ambiente a stretto contatto con la politica, un’abitudine che di questi tempi comporta rischi elevati. La mia coscienza è a posto».
In che rapporto è oggi con Galan?
«Ci conosciamo da 40 anni, dai tempi del liceo. È tuttora un amico, una persona perbene che stimo molto. Per dire: sono ancora il suo commercialista».
Galan ha affermato che a lui erano riconducibili le quote di Adria Infrastrutture possedute da Pvp, la società che fa capo a lei e al suo studio.
«A volte Galan non sa di che parla».
In che senso?
«Le quote di Adria Infrastrutture sono state comprate dalla Pvp con fondi propri».
Per conto di Galan? Con l’intenzione di rivendergliele in un secondo momento?
«Non so se Galan avesse intenzione di acquistare quelle quote in un secondo momento, per costruirsi un futuro imprenditoriale dopo la politica, certo sarebbe stato inopportuno e improponibile, e difatti non è mai accaduto».
Perché Pvp ha deciso di investire in Adria Infrastrutture?
«Intravedemmo un’opportunità d’investimento e Baita ci disse che dopo l’aumento di capitale voleva aprire la società a nuove professionalità . Se poi volesse fare un piacere a Galan, tramite me, non posso saperlo».
Come ha conosciuto Baita?
«Me lo presentò Galan. L’avrò visto cinque o sei volte in tutta la mia vita. Mi sembrò una persona geniale, della cui onestà non c’era motivo di dubitare».
Ci può chiarire la vicenda del «gas indonesiano»?
«Una bufala clamorosa. Galan col gas non c’entra un bel nulla».
Un’intercettazione tra lei e sua moglie sembra dire il contrario.
«Si tratta di due episodi distinti, da non confondere. C’è la perquisizione che subii durante un viaggio in Indonesia, dove mi stavo recando per una delicata operazione che nulla ha a che vedere con Galan ma con un altro mio cliente, Thema Italia, com’è stato ormai ampiamente dimostrato. E c’è l’intercettazione, presa fuori contesto, in cui parlo con mia moglie della possibilità di importare, sempre dall’Indonesia, del gas liquido. Un affare in cui pensai di coinvolgere la Green Power di Mirano, di cui mi pare fosse socia la moglie di Galan, azienda che pure era interessata ad entrare nel mercato del gas. Ne parlai come ogni giorno parlo di molte possibilità d’investimento, è il mio mestiere, ma non se ne fece nulla perché il trasferimento via mare del gas risultò del tutto antieconomico».
E per quanto riguarda il coinvolgimento di Pvp in Nord Est Media?
«Quell’operazione sì che fu pensata per il futuro di Galan ed anzi, lui ne era il perno vista la sua esperienza in Publitalia. Non ci vedo alcun conflitto d’interessi. Era una start up costituita con capitale di Pvp e di Baita, in modo trasparente. Anche in quel caso, però, non si è mai andati oltre l’idea».
Sempre da un’intercettazione emerge il sospetto che lei abbia gestito conti all’estero per conto di Galan. È vero?
«Penso che ci siano ancora indagini in corso, quindi non entro nel merito. Comunque, no, non ho gestito e non gestisco un euro all’estero per conto di Galan. Nel colloquio intercettato faccio riferimento ad un deposito mio e di mia moglie in Croazia, una posizione trasparente, tracciabile e tassata in Italia, che abbiamo aperto lì solo perché i tassi erano più favorevoli. Quanto a Galan, non mi risulta abbia conti all’estero. Ha due abitazioni in Croazia, quelle sì. A Rovigno siamo vicini di casa...».
Nessun tesoro nascosto, dunque?
«O l’ha nascosto talmente bene ed era talmente disonesto da non farne cenno neppure ad un amico che conosce dai tempi dei pantaloni corti e con cui va in vacanza insieme, o quei soldi non ci sono. E per me è così. Galan è una brava persona».
Lei ha mai chiesto a Baita e alla Mantovani di coprire le fatture relative alla ristrutturazione di Villa Rodella?
«Mai, è tutto falso. Il mio studio registrava le fatture che arrivavano dall’impresa, così come i successivi pagamenti della banca. Se poi i prezzi praticati a Galan fossero corretti o meno, non so dirlo. Non faccio l’architetto, non capisco nulla di capitolati. E se ci siano state sovra o sottofatturazioni non lo so, saranno le indagini a dirlo e sarà Galan a difendersi».
Se, come dice, è tutto falso, allora perché persone diverse, in contesti diversi, la tirano in ballo nell’inchiesta?
«Mi sono fatto la stessa domanda per mesi, ho scavato il cortile del carcere a forza di ripetermela andando su e giù. Ho pensato ad un errore, che Baita mi avesse confuso con un altro. Poi ho pensato che coinvolgermi sarebbe stato utile per il proseguimento dell’indagine. Ma non mi faccia dire cose che non posso dire. Sono solo supposizioni, e quelle non servono a nulla».Â
Proprio per via di quel patteggiamento, martedì Venuti si è dovuto dimettere da presidente del collegio dei revisori dei conti di Padova Fiere, ruolo in cui era stato confermato senza clamori ad aprile. «Ho fatto ciò che era meglio per la società . Nessuno si è mai azzardato a chiedermi un passo indietro, perché non esiste alcun impedimento giuridico o tecnico alla mia riconferma, peraltro l’ennesima dopo 13 anni da revisore in Padova Fiere. È stata una mia decisione».
I soci pubblici, a dire il vero, avevano espresso forti riserve su di lei, una volta che la notizia è diventata di dominio pubblico.
«Se Massimiliano Pellizzari (nominato dal sindaco di Padova Bitonci alla guida di Fiera Immobiliare, la sigla che raggruppa Comune, Camera di Commercio e Provincia in Padova Fiere, ndr .) avesse votato da subito contro, capirei. Ma io sono stato rieletto all’unanimità . Perché Pellizzari abbia cambiato idea non lo so, mi pare una diatriba politica».
Dopo l’inchiesta sul Mose lei è diventato un professionista «impresentabile»?
«No. Nessun cliente mi ha voltato le spalle. Nei giorni successivi all’arresto, il 4 giugno, ho dato le dimissioni da Federconsorzi, Adria Infrastrutture e Save perché pensavo che lo scalpore potesse nuocere alle società . Anche in quel caso, una decisione soltanto mia».
Perché ha patteggiato?
«Il patteggiamento non è un’ammissione di colpevolezza, che da parte mia non ci sarà mai, e non comporta alcun accertamento dei fatti. È stata solo una scelta processuale, peraltro molto sofferta. Inizialmente non la prendevo neppure in considerazione; poi ho conosciuto la realtà del carcere e l’idea di rimanere dentro da innocente, la prospettiva di affrontare un processo che avrebbe comportato anni di massacro mediatico, è stata insopportabile».
L’esperienza in carcere l’ha cambiata?
«È stata durissima, ho retto convincendomi che sono cose che possono accadere quando si fa un lavoro come il mio. Se ho avuto una colpa, è stata quella di frequentare un ambiente a stretto contatto con la politica, un’abitudine che di questi tempi comporta rischi elevati. La mia coscienza è a posto».
In che rapporto è oggi con Galan?
«Ci conosciamo da 40 anni, dai tempi del liceo. È tuttora un amico, una persona perbene che stimo molto. Per dire: sono ancora il suo commercialista».
Galan ha affermato che a lui erano riconducibili le quote di Adria Infrastrutture possedute da Pvp, la società che fa capo a lei e al suo studio.
«A volte Galan non sa di che parla».
In che senso?
«Le quote di Adria Infrastrutture sono state comprate dalla Pvp con fondi propri».
Per conto di Galan? Con l’intenzione di rivendergliele in un secondo momento?
«Non so se Galan avesse intenzione di acquistare quelle quote in un secondo momento, per costruirsi un futuro imprenditoriale dopo la politica, certo sarebbe stato inopportuno e improponibile, e difatti non è mai accaduto».
Perché Pvp ha deciso di investire in Adria Infrastrutture?
«Intravedemmo un’opportunità d’investimento e Baita ci disse che dopo l’aumento di capitale voleva aprire la società a nuove professionalità . Se poi volesse fare un piacere a Galan, tramite me, non posso saperlo».
Come ha conosciuto Baita?
«Me lo presentò Galan. L’avrò visto cinque o sei volte in tutta la mia vita. Mi sembrò una persona geniale, della cui onestà non c’era motivo di dubitare».
Ci può chiarire la vicenda del «gas indonesiano»?
«Una bufala clamorosa. Galan col gas non c’entra un bel nulla».
Un’intercettazione tra lei e sua moglie sembra dire il contrario.
«Si tratta di due episodi distinti, da non confondere. C’è la perquisizione che subii durante un viaggio in Indonesia, dove mi stavo recando per una delicata operazione che nulla ha a che vedere con Galan ma con un altro mio cliente, Thema Italia, com’è stato ormai ampiamente dimostrato. E c’è l’intercettazione, presa fuori contesto, in cui parlo con mia moglie della possibilità di importare, sempre dall’Indonesia, del gas liquido. Un affare in cui pensai di coinvolgere la Green Power di Mirano, di cui mi pare fosse socia la moglie di Galan, azienda che pure era interessata ad entrare nel mercato del gas. Ne parlai come ogni giorno parlo di molte possibilità d’investimento, è il mio mestiere, ma non se ne fece nulla perché il trasferimento via mare del gas risultò del tutto antieconomico».
E per quanto riguarda il coinvolgimento di Pvp in Nord Est Media?
«Quell’operazione sì che fu pensata per il futuro di Galan ed anzi, lui ne era il perno vista la sua esperienza in Publitalia. Non ci vedo alcun conflitto d’interessi. Era una start up costituita con capitale di Pvp e di Baita, in modo trasparente. Anche in quel caso, però, non si è mai andati oltre l’idea».
Sempre da un’intercettazione emerge il sospetto che lei abbia gestito conti all’estero per conto di Galan. È vero?
«Penso che ci siano ancora indagini in corso, quindi non entro nel merito. Comunque, no, non ho gestito e non gestisco un euro all’estero per conto di Galan. Nel colloquio intercettato faccio riferimento ad un deposito mio e di mia moglie in Croazia, una posizione trasparente, tracciabile e tassata in Italia, che abbiamo aperto lì solo perché i tassi erano più favorevoli. Quanto a Galan, non mi risulta abbia conti all’estero. Ha due abitazioni in Croazia, quelle sì. A Rovigno siamo vicini di casa...».
Nessun tesoro nascosto, dunque?
«O l’ha nascosto talmente bene ed era talmente disonesto da non farne cenno neppure ad un amico che conosce dai tempi dei pantaloni corti e con cui va in vacanza insieme, o quei soldi non ci sono. E per me è così. Galan è una brava persona».
Lei ha mai chiesto a Baita e alla Mantovani di coprire le fatture relative alla ristrutturazione di Villa Rodella?
«Mai, è tutto falso. Il mio studio registrava le fatture che arrivavano dall’impresa, così come i successivi pagamenti della banca. Se poi i prezzi praticati a Galan fossero corretti o meno, non so dirlo. Non faccio l’architetto, non capisco nulla di capitolati. E se ci siano state sovra o sottofatturazioni non lo so, saranno le indagini a dirlo e sarà Galan a difendersi».
Se, come dice, è tutto falso, allora perché persone diverse, in contesti diversi, la tirano in ballo nell’inchiesta?
«Mi sono fatto la stessa domanda per mesi, ho scavato il cortile del carcere a forza di ripetermela andando su e giù. Ho pensato ad un errore, che Baita mi avesse confuso con un altro. Poi ho pensato che coinvolgermi sarebbe stato utile per il proseguimento dell’indagine. Ma non mi faccia dire cose che non posso dire. Sono solo supposizioni, e quelle non servono a nulla».Â
di Angela Tisbe Ciociola e Marco Bonet dal Corriere del Veneto
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