Migranti e profughi, il direttore Caritas Vicentina don Giovanni Sandonà: "emergenza umanitaria richiama tutti ad atti di responsabilità"
Mercoledi 10 Agosto 2016 alle 16:43 | 0 commenti
Riceviamo da Don Giovanni Sandonà , Direttore Caritas Diocesana Vicentina, e pubblichiamo
Dai bombardamenti in Libia e in Siria (che non risparmiano gli ospedali) agli attentati in Somalia, dalla disperazione di Aleppo (con due milioni di persone allo stremo) agli oltre tremila morti del 2016 nel Mediterraneo, dalla situazione a Como e Ventimiglia alla concentrazione di richiedenti asilo a Vicenza: le cronache locali, nazionali ed internazionali in questi giorni ripropongono con forza il tema dell’emergenza umanitaria legata alla mancanza di condizioni minime di sussistenza che continuano a muovere masse di persone disperate.
Una situazione non nuova, alla quale si aggiunge, come fenomeno più recente, l’aumento negli arrivi di minori – spesso non accompagnati – e di donne. Peraltro, nei focolai di guerra e di povertà non si vedono presupposti che facciano pensare a un superamento delle cause che generano tanta disperazione. Infatti gli indispensabili attori internazionali - Unione Europea e Onu - non sembrano negli ultimi mesi aver generato risposte e salti di qualità nella risoluzione delle cause responsabili del fenomeno migratorio. Il quale, appunto, resta tuttora gestito in termini emergenziali.
In questo contesto continuare a sbandierarlo come un fatto che può essere risolto solo a volerlo, ci pare davvero fuori luogo. Lo sosteniamo da tempo, così come fa Caritas Italiana: le migrazioni sono un fenomeno strutturale della nostra epoca e del contesto economico-politico internazionale in cui viviamo, pur restando vero che le guerre civili in Siria e in Libia rendono eccezionali i flussi degli ultimi anni.
Con queste premesse ci pare quindi necessario ribadire il dovere etico di non poter stare a guardare né come comunità cristiane, né come comunità civili: un’accoglienza diffusa nel territorio resta l’unico modo per rispondere in termini di sostenibilità al dramma umanitario in cui siamo coinvolti. La programmazione della distribuzione di queste persone nel nostro territorio, dove numerose realtà continuano ad esserne lasciate e a starne fuori, ci pare non solo inadeguata ma anche ingiusta verso quei comuni e quelle comunità che stanno accogliendo numeri elevati di migranti, con il prevedibile fenomeno di rigetto che oltre a fomentare irrealistiche posizioni, porterà acqua alle contrapposizioni culturali, sociali e ideologico-partitiche.
Certo, noi per primi riconosciamo la fatica di tante comunità cristiane, dove la presa di responsabilità matura molto lentamente, ma ciò non può significare un attendismo da spettatori né per le parrocchie né per le comunità civili.
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