Mattiello: De Marzi, Fantò e Mannino
Martedi 25 Maggio 2010 alle 13:50 | 1 commenti
Riceviamo da Giuseppe (Beppino) Mattiello e pubblichiamo
Senza la presunzione di aver ragione, vorrei interloquire sulla disputa tra Fantò e Mannino originata dall'articolo sul maestro De Marzi.
Forse Fantò esagera nell'attribuire a Mannino intenti provocatori che non gli appartengono, almeno da quando lo leggo.
Certamente non mi entusiasma questa specie di "revisionismo"nei confronti della Lega che va di moda anche in sala Bernarda.
Limitarsi a definire i leghisti "tali perché frutto di una paura" mi sembra un po' riduttivo. Tantomeno nobilizzarli come una "diversità " da analizzare mi sembra eccessivo non fa giustizia alle meditate intemerate di De Marzi nei loro confronti.
E' notorio che in casa leghista chi non si adegua al volere del Capo non può certamente aspirare a traguardi importanti, alla faccia della democrazia.
De Marzi, da coerente uomo di fede, si limita a dileggiare quegli atteggiamenti paganeggianti, per la verità , a mio modo di vedere un po' ridicoli, che, unitamente all'avversione per il "diverso", basta ricordare i Borghezio, i Salvini, i Gentilini, non trovano certamente riscontro nei Vangeli.
Quello che mi fa specie, senza indulgere in anatemi nei confronti dei leghisti, ma preoccupandomi, è il loro "conformismo", probabilmente inconscio ed in buona fede.
E tutti quelli che conoscono le origini dei totalitarismi sanno che tale atteggiamento è sempre stato l' ingrediente vincente dei dittatori.
Cordialmente.
Giuseppe (Beppino) Mattiello (Vicenza)
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Sotto i nostri occhi sono stati via via riattivati in Italia alcuni dei dispositivi del fascismo che operarono dal 1938 al 1945: il rastrellamento di corpi clandestini da espellere, la detenzione in campi per aver commesso il «reato» di esistere, i muri di separazione etnica, l?istituzione di classi separate per «stranieri», l?accesso differenziale alle cure mediche, una nuova politica sempre più cupa e aggressiva di «salute pubblica».
Fantò ha ragione a definire il leghismo nostrano come "l'espressione casareccia di uno strumento funzionale ad un fascismo ben più sofisticato di quello che conobbero i nostri padri e nonni" Esso è diventato un fenomeno diffuso, capillare, articolato anzitutto sul razzismo, alimentato da tv, governo, amministrazioni locali e che ha prodotto un disciplinamento autoritario diffuso: il perbenismo aggressivo, la propaganda martellante di «paure» razziste e omofobe, il familismo opprimente, il sessismo, la volontà di punire chi non fa figli bianchi italici cattolici, la persecuzione contro prostituzione e aborto, la manipolazione della memoria pubblica.
Apparati statali e organizzazioni neofasciste da sempre collaborano per costruire una cultura di massa dell?odio e della discriminazione verso i presunti «diversi» e per convincere le «classi espropriate» a considerarsi come popolazione privilegiata nei confronti dei ?gruppi stranieri? sacrificati.
Per questo credo che oggi l?antifascismo non costituisca affatto un residuo logoro del passato, ma un campo vivo e irrinunciabile di pratiche e resistenze contro i processi di disciplinamento sociale, nella scuola, sul lavoro, nel privato, nella famiglia, nella società.