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Sotto i nostri occhi sono stati via via riattivati in Italia alcuni dei dispositivi del fascismo che operarono dal 1938 al 1945: il rastrellamento di corpi clandestini da espellere, la detenzione in campi per aver commesso il «reato» di esistere, i muri di separazione etnica, l?istituzione di classi separate per «stranieri», l?accesso differenziale alle cure mediche, una nuova politica sempre più cupa e aggressiva di «salute pubblica».
Fantò ha ragione a definire il leghismo nostrano come "l'espressione casareccia di uno strumento funzionale ad un fascismo ben più sofisticato di quello che conobbero i nostri padri e nonni" Esso è diventato un fenomeno diffuso, capillare, articolato anzitutto sul razzismo, alimentato da tv, governo, amministrazioni locali e che ha prodotto un disciplinamento autoritario diffuso: il perbenismo aggressivo, la propaganda martellante di «paure» razziste e omofobe, il familismo opprimente, il sessismo, la volontà di punire chi non fa figli bianchi italici cattolici, la persecuzione contro prostituzione e aborto, la manipolazione della memoria pubblica.
Apparati statali e organizzazioni neofasciste da sempre collaborano per costruire una cultura di massa dell?odio e della discriminazione verso i presunti «diversi» e per convincere le «classi espropriate» a considerarsi come popolazione privilegiata nei confronti dei ?gruppi stranieri? sacrificati.
Per questo credo che oggi l?antifascismo non costituisca affatto un residuo logoro del passato, ma un campo vivo e irrinunciabile di pratiche e resistenze contro i processi di disciplinamento sociale, nella scuola, sul lavoro, nel privato, nella famiglia, nella società.