L'uccisione di Dino Carta, commemorazione: una lezione di storia patria per i giovani
Domenica 16 Gennaio 2011 alle 19:14 | 0 commenti
Riceviamo da Luciano Parolin e pubblichiamo (chiunque può inviarci propri scritti a [email protected] , l'indirizzo per i Citizen Writers, quelli più vicini alla vita e alle notizie ...)
Sabato 15 gennaio 2010, Rappresentante dell'Amministrazione Comunale Avv. Pio Serafin. A cura di Luciano Parolin
Porto il cordiale saluto del sindaco Achille Variati e di tutta l'amministrazione comunale alle sorelle di Dino ed ai familiari presenti.
AÂ tutti voi convenuti per questa cerimonia commemorativa di Dino Carta qui ucciso dai fascisti il 12 gennaio 1945. Saluto tutte le associazioni combattentistiche e d'arma, l'associazione partigiani, gli allievi del Patronato Leone XII e dell'Istituto Tecnico Alessandro Rossi, le scuole frequentate da Dino Carta, gli allievi della scuola media Dino Carta (Ferrovieri)
Un particolare ringraziamento alla classe 5D del Liceo Pigafetta accompagnata dal professore che ha voluto partecipare a questa commemorazione.
Questa cerimonia avviene nell'anno delle celebrazioni per il 150° dell'Unità d'Italia e noi vogliamo riprendere le parole del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano secondo il quale:
"Tutte le iniziative in programma per il 150° fanno tutt'uno con l'impegno a lavorare per la soluzione dei problemi oggi aperti dinanzi a noi: perché quest'impegno si nutre di un più forte senso dell'Italia e dell'essere italiani, di un rinnovato senso della missione per il futuro della nazione.
Ieri volemmo farla una e indivisibile, come recita la nostra Costituzione, oggi vogliamo fa rivivere nella memoria e nella coscienza del paese le ragioni di quella unità e indivisibilità come fonte di coesione sociale, come base essenziale di ogni avanzamento tanto nel Nord quanto nel Sud in un sempre più arduo contesto mondiale.
Così, anche nel celebrare il 150°, guardiamo avanti, traendo dalle nostre radici fresca linfa per rinnovare tutto quel che c'è da rinnovare nella società e nello Stato."
Noi vogliamo ricordare il martirio di un giovane partigiano di appena vent'anni, catturato, torturato e ammazzato proprio qui dove adesso ci troviamo.
Grazie alle testimonianze di Renato Leontini, di Dino Miotti, di don Giuseppe Frigo, di Rino Pavan sappiamo chi lo uccise e come lo uccise mentre Carta stava scappando dai suoi carnefici che lo detenevano a Villa Triste, nome con il quale si ricorda Villa Girardi di Via Fratelli Albanese.
Dino Carta faceva parte della Compagnia Julia nella quale militava anche un altro ventenne come lui, Franco Fraccon.
Franco era stato studente del "Pigafetta", la scuola di Toni Giuriolo e di Luigi Meneghello, il cantore dei "Piccoli Maestri", dove aveva conseguito la maturità nel '43 e l'anno dopo fu deportato assieme al padre a Mauthausen per l'aiuto dato nell'organizzazione della fuga di ebrei.
Franco Fraccon morirà nel lager pochi giorni prima della liberazione del campo e poco prima della morte del padre.
Leontini ha raccontato che Carta aveva preso accordi con i partigiani della Brigata "Argiuna" ed era entrato nella Polizia ausiliaria nel gennaio del '44.
Così aveva potuto trasmettere informazioni su rastrellamenti, rappresaglie, appostamenti. Per questo era stato sospettato e pedinato e un anno dopo, il 12 gennaio del '45 era stato arrestato.
Durante l'interrogatorio al quale era stato sottoposto don Giuseppe Frigo, che subì pugni, calci, scudisciate e scosse elettriche, il sacerdote sentì due fascisti di Villa Triste, Piero Zatti e Osvaldo Foggi che litigavano perché ciascuno voleva attribuirsi il merito dell'assassinio di Dino Carta.
Questo è il racconto di don Giuseppe Frigo mentre veniva torturato:
"Zatti si mise in piedi di fianco agli altri e siccome in quel momento nessuno parlava, disse a Foggi: "Come mai questa volta non metti la pistola sul tavolo? Pretendi di essere in gamba, ma se non c'ero io, Carta ti era già scappato". Foggi gli rispose: "So che ti vanti di averlo colpito e ti ho lasciato dire, anche se so che Carta è caduto per i miei colpi."
Intervenne Di Fusco che disse ai due di uscire per dirimere la questione.
Due delinquenti che si contendevano il "merito" dell'assassinio di un giovane ventenne dal cuore puro: Dino Carta della Compagnia "Julia", fu il commento di don Giuseppe Frigo.
Sappiamo quindi che i torturatori avevano messo sul tavolo una pistola scarica per indurre Carta a prenderla e scappare per poi ucciderlo.
Dino Carta se n'era impossessato, ma senza sapere che non poteva sparare ed era fuggito. Durante la sua breve fuga Dino percorse Via Capparozzo, Via Salvi, Via Formenton e arrivò fin qui.
Fu Rino Pavan a vederlo fuggire sulla neve e a descrivere gli ultimi istanti della sua vita. Grazie alle preziose ricerche presso l'archivio del Tribunale di Vicenza compiute da Sonia Residori sappiamo che Piero Zatti e Osvaldo Foggi, dopo la Liberazione, furono entrambi condannati, con sentenza del 18.4.46, alla pena di morte mediante fucilazione alla schiena.
Il 25.7.46 la C.S. rigettò i ricorsi di Zatti e Foggi.
Il 30.1.47 il Capo provvisorio dello Stato commutò la pena di morte in ergastolo.
Successivamente la pena dell'ergastolo, in cui era stata commutata la pena di morte, fu ridotta alla pena di anni 19, poi ridotta ad anni 7.
Il 27.1.54 la Corte d'Appello di Venezia ridusse la pena per effetto di successivi condoni a ciascuno ad anni 5, mesi 8 di reclusione, sottoponendoli a libertà vigilata per amnistia.
In particolare sappiamo che Foggi fu scarcerato il 1° febbraio 1954.
Tornando alle celebrazioni per il 150° vogliamo sottolineare l'importanza che assumono cerimonie come questa in onore di Dino Carta.
Esse devono essere l'occasione per riflettere sulla nostra storia, la nostra cultura, i nostri valori, su che cosa significhi l'Italia, l'essere italiani, la nostra unità . Sulla necessità di proteggere la nostra memoria, in un Paese difficile. E ciò particolarmente in una Città come Vicenza, l'unica città d'Italia ad essere stata decorata di due medaglie d'oro per il Risorgimento 1866 e la Resistenza 1945.
Tale indicazione sarà ora riportata nella segnaletica stradale dopo la recente votazione all'unanimità del Consiglio Comunale secondo la quale i segnali di localizzazione territoriale (quelli con scritta bianca in campo marrone) dovranno portare oltre all'indicazione di città patrimonio mondiale dell'umanità anche questa dicitura.
Termino questo mio intervento con un invito ed un appello a tutti voi.
Quello ad essere presenti sabato 12 febbraio prossimo al Cimitero Maggiore di Vicenza all'inaugurazione -in occasione del "Giorno del Ricordo" che sarà celebrato due giorni dopo per consentire una maggiore partecipazione- del monumento alle vittime delle Foibe e dell'esodo giuliano dalmata.
Si tratta di un monumento voluto da questa Amministrazione eretto anche grazie alla donazione di una scultura di Nereo Quagliato. Quest'ultima è costituita da uno splendido bronzo che rappresenta la Quinta Stazione della Via Crucis nella quale il Cireneo aiuta Gesù a risollevarsi.
Essa è stata scelta perché esprime l'idea di passione, di tragedia, di sofferenza come tragicamente dolorosa fu la vicenda delle Foibe e dell'esodo.
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