Luca Zanon su VicenzaPiù 206: Consulta studentesca, qualche idea per i giovani precari
Domenica 30 Gennaio 2011 alle 13:10 | 0 commenti
Da VicenzaPiù n. 206 in distribuzione
Interviene riguardo un nostro recente articolo Zanon, rappresentante degli studenti vicentini: "Serve un maggiore legame col mondo del lavoro" Di molto si parla e si è parlato della questione del lavoro giovanile, e della difficoltà che riscontrano i giovani nell'inserirsi nel mondo del lavoro.
Mi trovo sostanzialmente d'accordo con quanto scritto da Alessio Mannino nel suo articolo "Giovani e lavoro, basta prenderci in giro" (VicenzaPiù n°203, 3 dicembre 2010). Sul problema si discute molto, ma non è facendo degli incontri di sensibilizzazione sul problema che si può giungere ad una soluzione.
Innanzitutto dobbiamo guardare alla radice del problema: il mercato lavorativo Italiano è estremamente rigido, e non permette quella dinamicità necessaria, in un mercato come quello attuale, che permetta ai neolaureati ed ai neodiplomati di fare quell'esperienza sul campo necessaria per essere competitivi. Si paventa il rischio di passare una vita da precario, una vita senza sapere se il giorno dopo si riuscirà a portare il pane in tavola. Ebbene, basterebbe alzare i minimi salariali per i lavoratori a tempo indeterminato, e le aziende avrebbero tutti i vantaggi ad assumere a tempo indeterminato un lavoratore competente. Non è l'idea del secolo, è una consuetudine già in atto in buona parte degli stati Europei. Il lavoratore fa a meno di una parte dei suoi introiti per avere la sicurezza del posto fisso. Allo stesso tempo, l'azienda ha la ragionevole certezza di assumere un dipendente competente e preparato, senza trovarsi la palla al piede di un dipendente non idoneo, che li costringa a lungaggini burocratiche, sindacali, giudiziarie e a pesanti vincoli monetari per licenziarlo. Altro aspetto fondamentale del "fallimento dei giovani" è quello riguardante la preparazione scolastica. L'ordinamento scolastico italiano è tra i più vecchi in Europa (risale alla riforma Gentile degli anni 20), e, infatti, ospita delle assolute amenità come l'Esame di Stato, una consuetudine solo italiana che nessuno ci invidia, e che rispecchia perfettamente l'errore del sistema scuola italiano: il concepire il mondo del lavoro come una serie di cubicoli statici, dove è possibile entrare facendo un esame di idoneità riconosciuto e ratificato dallo Stato Italiano. Una sorta di enorme Pubblica Amministrazione. Il mercato del lavoro (ma, in fondo, tutta l'Economia) è un una sorta di liquido impalpabile e cangiante, che non si può prevedere, imbrigliare, staticizzare nè tantomeno regolare. Quindi la scuola italiana fallisce due volte: la prima in materia di efficenza delle spese (il 97% del denaro utilizzato dalle scuole italiane finisce a coprire lo stipendio di bidelli e professori), e la seconda, più importante, in materia di preparazione degli studenti, estremamente carente e tutt'altro che omogenea (fattore dovuto alla troppa etereogeneità di preparazione dei professori, categoria nella quale troviamo dei soggetti seri, preparati e motivati e altri soggetti che fanno a gara con i propri studenti in fatto di svogliatezza). Altro tasto dolente riguardante la scuola è l'effettivo contatto con il mondo del lavoro; strumenti come gli stage o gli apprendistati vengono usati in modo improprio dalle scuole e dalle aziende, le prime tenendo conto solo in modo estremamente marginale di queste esperienze, le seconde non capendo e non sfruttando la potenzialità di questi strumenti. Forse il sistema anglosassone, dove gli studenti sono incentivati a cercarsi un lavoretto part time per racimolare crediti è un po' estremo (ma forse neanche troppo), ma è giusto che chi ha delle esperienze nel mondo del lavoro venga riconosciuto dalla scuola come più preparato di coloro che non ne hanno avute. E non aiutano, di certo, le aziende, che spesso assumono in stage "ragazzi" di 50 anni, oppure sfruttano lo strumento dello stage come una specie di "tappabuchi" durante i periodi in cui ci sono picchi di lavoro. Non mi elevo a luminare dell'argomento, perchè, come disse Socrate, "so di non sapere", però uno snellimento delle assunzioni ed una scuola meno accademica e più legata al mondo del lavoro sono di sicuro dei possibili punti di partenza per un intervento serio sul problema del lavoro giovanile.
Luca Zanon Presidente Consulta Provinciale degli Studenti di Vicenza
Prendo atto che Zanon sia d'accordo col mio articolo, in cui in sostanza mettevo in discussione proprio i luoghi comuni sul rapporto scuola-lavoro, ma non ho capito perché. (a.m.)
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