Lovat risponde a Peroni sulla famiglia: il dibattito è sentito, intenso e contrastato
Martedi 21 Febbraio 2012 alle 14:47 | 2 commenti
Davide Lovat, Progetto Veneto - La replica di Peroni e del PD al comunicato di Progetto Veneto è priva di senso logico, per i motivi seguenti: è il matrimonio lo strumento per vedersi riconosciuti dallo Stato, per diritto pubblico, i diritti della famiglia. Se un uomo e una donna hanno già "consumato" il matrimonio, senza ancora contrarlo, e hanno anche già dei figli, non hanno che da contrarlo per ottenere il riconoscimento di quei diritti sacrosanti che la legge contempla.
Diritti che, come da elementi minimi della filosofia del diritto, scaturiscono dall'assunzione dei corrispettivi doveri e non viceversa. Il viceversa infatti, come è evidente e logico, non può stare in piedi perché sarebbe lasciato all'arbitrio dei singoli, con grave pregiudizio dei diritti dei soggetti deboli.
Dunque, ferma restando la libertà di ciascuno di vivere privatamente come più desidera ed esprimendo liberamente la sua sessualità , al riparo da ogni volgare moralismo di parte, affinché le questioni private acquisiscano una dimensione di rilievo per il diritto pubblico bisogna che queste rispettino i requisiti dell'utilità e dell'ordine sociale in funzione dell'interesse generale. Una specifica preferenza sessuale non dovrà mai avere un riconoscimento di diritto pubblico, giacché essendo priva di utilità sociale sarebbe un atto eversivo in senso totalitario di una sola parte, se le parole hanno un significato; credo sia evidente a tutti che i diritti della famiglia non hanno alcuna attinenza con il carattere della preferenza sessuale dei suoi componenti, marito e moglie, ma dipendono solo ed esclusivamente dalla funzione sociale della famiglia nella riproduzione della società e nella trasmissione dei patrimoni genetico, culturale e materiale.
Le famiglie di fatto, invece, hanno lo strumento del matrimonio, previsto ad uopo dalla legge, per vedersi riconoscere i propri giusti diritti dal diritto pubblico in relazione alla loro fondamentale funzione sociale.
La scelta di rinunciare al matrimonio va ovviamente rispettata, pur ricordando che i doveri connessi al matrimonio sono soprattutto a tutela dei figli e della donna, per garantire loro quella protezione giusta e necessaria che in assenza di matrimonio non sarebbe affatto garantita; né lo sarebbe con l'istituzione di un registro, come ben sa chiunque abbia un minimo di dimestichezza con il diritto di famiglia e delle successioni.
Ma proprio perché di rinuncia si tratta, non si può pretendere di beneficiare per altra via dei diritti propri dell'istituzione matrimoniale, appartenenti in modo esclusivo, e in funzione della reciprocità , alle figure del marito e della moglie legalmente riconosciuti.
Certo che se mettiamo in discussione i principi basilari della discussione, cioè che il diritto pubblico deve occuparsi di cose di rilievo pubblico, mentre le cose prive di tale rilievo sono riservate al diritto privato; che i diritti si fondano sui doveri e che scaturiscono immediatamente alla definizione di questi, mai prima e mai dopo; che non esiste diritto slegato dal rispettivo dovere; infine, che è illusorio credere di poter imporre un dovere in conseguenza della definizione di un diritto, cioè ribaltando i fondamenti della materia esistenti fin dal Codice di Hammurabi e dalle Tavole Mosaiche; se mettiamo in discussione tali principi, allora piombiamo nel nichilismo più distruttivo, dove dire "tutto" e "niente", o qualsiasi cosa passi per la testa, è uguale. Allora però diamoci alla gazzarra pura, al tutti contro tutti, a chi sbraita di più, in un clima di anarchia dove inevitabilmente prevale la forza al posto della ragione. Mi pare che siamo già da tempo su questa strada, peraltro, e in tutte le materie di dibattito...
Suvvia Lovat, non facciamo le crociate. Altri dovrebbero essere gli argomenti che dovrebbero indignare un credente come lei, che rispetto, ma dal quale vorrei un po più di amore evangelico.
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