Legge di stabilità, tra propaganda, demagogia e critiche alle Regioni: il caso del Veneto
Domenica 19 Ottobre 2014 alle 10:13 | 0 commenti
Demagogia tanta, propaganda troppa, critiche serie troppo poche, analisi costruttive ancor meno nel dibattito sulla Legge di stabilità . Quando si dice che le Regioni possono risparmiare non si è lontani dal vero, anzi, si è vicinissimi, soprattutto se aggiungiamo le parole, profetiche, che Luca Ricolfi scrisse un paio di anni or sono entrando nel merito delle diversità territoriali e geopolitiche.
"E qui veniamo alla vera, profonda e a mio parere insuperabile ragione per cui non si riesce e - temo - non si riuscirà mai a eliminare gli sprechi: le amministrazioni virtuose sono territorialmente concentrate in alcune, ben note, regioni del Centro-Nord, quelle viziose in alcune, ben note, regioni del Centro Sud" diceva Ricolfi aggiungendo poi che Veneto, Lombardia, Emilia dovrebbero avrebbero dovuto tagliare la spesa ben poco rispetto alle Regioni e agli apparati statali spreconi. Dice nulla l'idea di "Costi standard"? Chiediamoci perché non li si applica.
Il Veneto la sua parte di risanamento l'ha fatta: dal 2009 al 2014 la nostra Regione ha visto ridurre la sua spesa a libera destinazione, cioè i fondi su cui poteva fare risparmi, per 649.848.449,46 €, pari ad un meno 41,811% in termini assoluti che salgono al 46.90 per cento se rivalutiamo il dato del 2009 ai valori attuali.
Ogni mille abitanti il Veneto ha 0,6 dipendenti regionali, la Campania ne ha 1.3, il Friuli 2.6, la Sicilia 3.8, Bolzano 9. Se conteggiamo tutti i dipendenti pubblici, statali compresi, scopriamo che in Valle d'Aosta ci sono 79 dipendenti pubblici ogni mille abitanti, 55.9 in Lazio, 51,2 in Calabria, 49.8 in Sicilia ma solo 32.4 in Veneto e 31.1 in Lombardia che chiudono la classifica.
La spesa media sanitaria in Veneto per abitante è la più bassa d'Italia: 1.737 € pro-capite, lontani dalla media nazionale di 1.849 €, lontanissimi dalla media di spesa dell'Italia centrale, 1.931 € pro-capite. La Regione Veneto è l'unica, con la Basilicata, a non aver applicato l'addizionale regionale, e abbiamo comunque una delle migliori reti sanitarie d'Europa. E non dimentichiamo che la spesa sanitaria italiana, il 7 per cento del Pil, è la più bassa rispetto alle nazioni Europee più ricche e ciò nonostante la sanità è considerata tra le migliori al mondo. La qualità della sanità italiana è certificata dall'OMS e guarda caso è gestita dalle tanto vituperate regioni; c'è sicuramente spazio per migliorare e per razionalizzare, ma non dove questo lavoro è già stato fatto. Vogliamo minare una delle poche eccellenze pubbliche italiane?
C'è chi attacca le Regioni per l'esplosione della spesa dal 2000 in poi. Certo, le spese delle Regioni sono aumentate ma ciò è avvenuto a fronte del trasferimento di nuove competenze. Il Veneto ha aumentato la spesa del 43.7% (contro una media nazionale del 73.2%) ma al netto dell'inflazione ufficiale (23.9%) l'aumento nel decennio è stato del 19.8% per le nuove competenze in materia di sanità , turismo, trasporto pubblico, agricoltura e immigrazione: siamo sicuri che se queste materie fossero state accentrate a Roma l'aumento sarebbe stato più contenuto rispetto a quanto registrato in Veneto? E' inoltre da precisare che per queste competenze erano stati concordati dei trasferimenti che ad oggi equivalgono a ZERO euro. Quindi abbiamo responsabilità e competenze senza i soldi concordati per gestire queste deleghe.
Non si può accusare il Veneto di non aver fatto una profonda azione di correzione della spesa: se lo stato, cioè l'amministrazione pubblica centrale, avesse abbattuto anche lei del 46 per cento la sua spesa comprimibile, oggi l'Italia avrebbe già imboccato il risanamento dei conti pubblici, diminuito tasse e debito pubblico. Tutti obiettivi dai quali, in realtà siamo lontani.
Secondo Unioncamere, se tutta la PA italiana si adeguasse ai parametri del Veneto per consumi intermedi, spesa per il personale, costi istituzionali e via dicendo si potrebbero avere a livello nazionale risparmi per 27,8 miliardi di euro, circa l'1,9% del Pil: non risparmi una tantum ma strutturali. Ovviamente, come avrebbe detto Luca Ricolfi, bisognerebbe incidere nei veri bubboni della spesa statale. Ma su quelli si regge il consenso di uno stato centrale (vedi lo "spreco" previsto da Renzi nella sua legge di stabilità per i forestali calabresi visto il prossimo voto per le regionali ) che non vuole fare i conti con le sue responsabilità .
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