Lefebvriani, don Luigi Moncalero: tre punti mi hanno lasciato sconcertato
Mercoledi 12 Ottobre 2016 alle 16:35 | 4 commenti
Riceviamo da don Luigi Moncalero, FSSPX Priorato San Marco Lanzago di Silea, e pubblichiamo
In riferimento all'articolo di Italo Francesco Baldo del 7 ottobre u.s., visto che siamo tirati in ballo in quanto “lefebvriani†(nella foto mons. Lefebvre), mi sia consentita qualche annotazione. A cominciare dal termine lefebvriano che, se pur comodo da usarsi, si presta ad una ambiguità di fondo. Se lo si usa nel senso in cui i domenicani sono detti tali in riferimento al loro fondatore san Domenico, lo accetto volentieri: la Fraternità San Pio X è stata fondata dall'Arcivescovo mons. Marcel Lefebvre (1905-1991) e i suoi membri possono definirsi lefebvriani.Se invece, come il più delle volte accade, lo si intende nel senso che mons. Lefebvre abbia avuto una sua dottrina, un suo credo distinto da quello cattolico professato per duemila anni, allora no, non accetto di essere definito lefebvriano in quanto non sono seguace di un uomo, ma suddito fedele della Chiesa Cattolica, Apostolica, Romana, di cui mons. Lefebvre è stato un degno Arcivescovo. Basti pensare che, sotto Pio XII, era Delegato apostolico per tutta l'Africa francofona.
Fatta questa premessa, mi permetto di sottolineare semplicemente tre punti che mi hanno lasciato sconcertato leggendo l'articolo di Francesco Italo Baldo.
1- Se per il sig. Baldo «il principale interesse della religione è rivolto all'uomo» (a cui fa da pendant, verso la fine dell'articolo, la citazione dell'umanista Erasmo da Rotterdam «il vero spirito di vita umana è un messaggio di pace»), non si capisce perché continui ad andare alla Messa domenicale: gli basterebbe iscriversi – se non già fatto – alla locale sezione del “Rotary club†o similia. E tutte le disquisizioni che seguono sulle religioni, i cambiamenti del Concilio, il problema degli integralismi di ogni tipo, ecc., potrebbero tranquillamente esserci risparmiate. Per quanto mi riguarda, ho sempre saputo che la religione ha a che fare innanzitutto con Dio, essendo quel legame che riannoda l'uomo a Dio, a quel Dio da cui sente e sa di dipendere, e al quale tributa atti di culto sia individuali che collettivi.
2- Quando si parla di liturgia bisognerebbe farlo con conoscenza di causa, se no è meglio tacere. La Fraternità Sacerdotale San Pio X celebra con il Missale romanum ex decreto Sacrosancti Concilii tridentini restitutum, riformato da Giovanni XXIII in virtù del m.p. Rubricarum instructum del 1960: sfido chiunque a dire il contrario. Pertanto le affermazioni del sig. Baldo «[i lefebvriani]...non accettano il Missale romanum riformato da Giovanni XXIII», così come l'allusione a «...modi di celebrare la Messa e la liturgia tipici dei lefebvriani che seguono messali precedenti e cerimoniali non previsti dalle rubriche del Messale del 1962», sono del tutto gratuite ed irrispettose e quindi le rispediamo al mittente.
3- Riguardo al cambiamento nella Chiesa Cattolica, nella dottrina e nella prassi, dovuta al Concilio Vaticano II, cambiamento che fu di vera rivoluzione e rottura, come «addirittura teologi e presbiteri pure vicentini affermano», la questione è talmente evidente che oggi la sostengono tutti; quello che cambia è solo il giudizio di merito della cosa.
Per i “progressisti†la rottura era necessaria al fine di togliere la Chiesa dal “binario morto†che l’aveva vista via, via, arroccarsi su posizioni anti-liberali, dogmatiche, veritative, nello scontro con i nuovi Stati nazionali, massonici e liberali, e nella lotta contro il modernismo.
Per i “tradizionalisti†la rottura è causa delle derive teologiche, degli abusi liturgici, della immoralità , del crollo delle vocazioni e della scomparsa di interi istituti religiosi. Ci si trova di fronte al dramma attuale e risuonano le parole di Nostro Signore: «Dai loro frutti li riconoscerete» (Mt 7, 16ss); quanto ai frutti cattivi in specie rimandiamo all’ampia letteratura divulgativa a riguardo (Gnocchi-Palmaro: Il pianeta delle scimmie; Contro il logorio del laicismo moderno; Io speriamo che resto cattolico, Piemme editore).
Gli stessi pontefici “conciliari†e “post-conciliari†riconobbero non solo i frutti cattivi ma anche, pur senza ammetterne la causa, la “variazioneâ€, la rottura: Paolo VI stesso dirà : «La Chiesa attraversa, oggi, un momento di inquietudine. Taluni si esercitano nell’autocritica, si direbbe perfino nell’autodemolizione. È come un rivolgimento interiore acuto e complesso, che nessuno si sarebbe atteso dopo il Concilio. Si pensava a una fioritura, a un’espansione serena dei concetti maturati nella grande assise conciliare» (discorso del 7 dicembre 1968); ancora: «Si credeva che dopo il Concilio sarebbe venuta una giornata di sole per la storia della Chiesa. È venuta invece una giornata di nuvole, di tempesta, di buio, di ricerca, di incertezza» (omelia del 29 giugno 1972). Lo stesso Giovanni Paolo II affermerà : «La cultura europea dà l'impressione di una “apostasia silenziosa†da parte dell'uomo sazio che vive come se Dio non esistesse» (Ecclesia in Europa, n. 9).
Ma senza andare troppo lontano nel tempo e nello spazio, chiediamoci come mai in Veneto, un tempo detta la sacrestia d'Italia per l'alto numero di vocazioni sacerdotali e religiose che forniva annualmente alla Chiesa, vi è una crisi così profonda di vocazioni a partire proprio dal Concilio Vaticano II? Nel seminario della diocesi di Treviso quest'anno non ci sono nuove entrate a rimpinguare il magro bottino di 15 seminaristi ripartiti su sei anni; la diocesi di Padova (seconda per grandezza in Italia) non va molto meglio e non ho dati per Vicenza, ma «...se Atene piange, Sparta non ride». E c'è di che piangere per davvero, perché fra qualche anno la “messa†la diranno i laici. Con le conseguenze previste da un santo: «Togliete il prete da un paese per vent'anni e la gente finirà per adorare le bestie», ha detto san Giovanni Maria Vianney, curato d’Ars.
Numerosi sono anche gli studi sui cambiamenti dottrinali avvenuti e sulle dinamiche del Concilio stesso: sul Concilio, dal punto di vista storico, è illuminante il saggio di R. De Mattei, Il Concilio Vaticano II. Una storia mai scritta, ed. Lindau; circa le “variazioni†citiamo R. Amerio, Iota Unum. Studio delle variazioni della Chiesa Cattolica nel secolo XX, ed. Lindau; sulle variazioni che diventano errori: P. Pasqualucci, Unam Sanctam, ed. Solfanelli, o il più breve e divulgativo: Sinossi degli errori imputati al Concilio Vaticano II, ed Ichtys.Qualora invece il riferimento del Nostro fosse alla tesi della «ermeneutica della riforma, del rinnovamento nella continuità dell'unico soggetto-Chiesa», come ebbe a dire Benedetto XVI nel discorso del dicembre 2005 alla Curia romana, essa rimane quella che è, una pia illusione. Anche qui non mancano gli studi approfonditi. D'altra parte non si spiegherebbero altrimenti le recenti “Ultime conversazioni†e relativi scrupoli, del Cardinal Ratzinger (v. p. es. clicca qui).
Infine, solo per la cronaca, la Fraternità Sacerdotale San Pio X, fondata dal Mons. Marcel Lefebvre – che aveva la vista lunga – nel 1970, ha per scopo la formazione dei sacerdoti, cosa che avviene nei suoi 6 seminari sparsi nel mondo (Flavigny-Francia; Ecône-Svizzera; Zaitzkofen-Germania; Buenos Aires-Argentina; Buckingham-USA; Goulburn-Australia); inoltre vi è in Italia un pre-seminario ad Albano Laziale. A questo link clicca qui si può visionare un film-documentario sulla formazione sacerdotale nei seminari della Fraternità .
Se tutta la crisi nella Chiesa si limitasse ad un confiteor in più o in meno...
Comunque, per rispondere alla domanda, ebbene sì, nelle Messe celebrate dalla FSSPX c'è il doppio confiteor. Si tratta di una consuetudine del seminario di Ecône, consuetudine "praeter legem" del tutto legittima. Nella Chiesa si tiene gran contro delle consuetudini.
Curiosità bibliografiche: il Missale romanum in Bertoliana a Vicenza
Oggi per la forma straordinaria della S. messa si utilizza il Missale romanum nella redazione voluta da San Giovanni XXIII che ha avuto origine durante il Concilio di Trento, ma fu pubblicato da san Pio V nel 1570. Nei tempi successivi subì alcune modifiche sempre ad opera dei Sommi pontefici, ma è rimasto pressoché invariato. Il Missale romanum del 1570 non è del tutto originale, riprende in parte, quasi del tutto il Canone, di quello in uso presso la Curia Romana. Nella Biblioteca civica Bertoliana di Vicenza vi sono diverse copie del Missale romanum, il più antico, a stampa, è il Missale Romanum nouiter impressum ordine quodam miro ad facillime omnia inuenienda. Et mille fere omnes habentur in suis locis complete & integre paucis exceptis que in promptu haberi non possunt: adeo vt sacerdos quilibet quantumcumque inexpertus abique alicuius ductu missas omnes immediate & absque premeditatione alique inuenire poterit
Venetijs, mandato & expensis nobilis viri Luceantonij Iunta florentini, 1526, che all’apertura porta la seguente espressione:” Incipit, ordo missalis secundum consuetudinem romanae curiae”. In questo il Canone è eguale a quello che sarà adottato nel 1570. Non è prevista la Comunione dei fedeli.
La famiglia Junta diviene la casa editrice di diverse ristampe del Missale nel 1541 e nel 1557, vi è poi un’altra edizione veneziana apud heredes Petri Rabani et socios nel 1556.
L’edizione a stampa del Missale romanum più vicino all’edizione del 1570 è quello edita “Ex decreto sacrosancti Concilij Tridentini restitutum ..”, Venetiis, apud Iuntas, 1576.
Nella citata Biblioteca sono presenti diverse altre edizioni seicentesche e settecentesche, vi furono collocate probabilmente dopo le soppressioni napoleoniche dei monasteri e conventi di Vicenza.
Interessante sono i volumi che aiutano nella celebrazione liturgica: Istruzione al sacerdote novello per dire la Santa Messa privata cavata dalle Rubriche Generali del Messale di Rito Romano... Composta Da Frat'Antonio Maria d'Ancona indegno Sacerdote dell'Ordine de Frati Minori Osservanti del nostro patriarca San Francesco,In Ancona, M. Mancinelli e D. Ramini Stampatori Vescovali, ed del S. Officio, 1720 e Rubriche del messale romano per la celebrazione della messa privata volgarizate, e dichiarate da un religioso francescano della riformata provincia di S. Vigilio di Trento,Trento, Gb. Monauni, 1741.
Da notare che fino al Missale Romanum promulgato da Giovanni XXIII, non si fa cenno della Comunione dei Fedeli, la S. messa termina dopo la Comunione del celebrante e i riti finali. Come si può evincere dai messali sopra considerati e dalle.le edizioni del 1754 Venezia , del 1889 Bassano e Padova 1938, su copia conforme tedesca (Ratisbona) e utilizzato fino al 1956, e quindi non vi sono Rubriche al proposito. L’ordo della Comunione dei fedeli, tenuto presente nella celebrazione eucaristica è quello precisato dal Rituale Romano ed è mutuato da quello della comunione agli infermi cfr. M. Kunzler, La liturgia della chiesa, Milano, Jaca Book, 2003, p.342 (reperibile nel web).
Soprattutto è il Concilio Vaticano II, nel rispetto così si dichiara del Concilio di Trento, nel consigliare "quella partecipazione perfetta alla Messa per la quale i fedeli dopo la comunione del sacerdote ricevono il Corpo del Signore dal medesimo sacrificio". (Sc 55).
Inoltre a leggere i canoni del Missale Romanum di San Giovanni XXIII, si ha modo di comprendere
N. 503.
Quoties sancta Communio infra Missam distribuitur, celebrans, sumpto sacratissimo San
guine, omissis confessione et absolutione, dictis tamen Ecce Agnus Dei et ter D6mine, non sum dignus, immediate ad distributionem sanctae Eucharistiae procedit” Mi pare che si comprenda bene che ommisis confessione et absolutione, vuol dire che non si recita il Confiteor; infatti si procede “immediatamente” alla distribuzione ai fedeli.
Ricordiamo che nel 1962 era in vigore il Codice di Diritto Canonico del 1917, che prescrive :
“Can. 818. Reprobata quavis contraria consuetudine, sacerdos celebrans accurate ac devote servet rubricas suorum ritualium librorum, caveatque ne alias caeremonias aut preces proprio arbitrio adiungat.” Nulla può essere aggiunto ad arbitrio del sacerdote, Solo nel nuovo Missale Romanum del 1970, di Paolo VI, giusto ORDINAMENTO GENERALE DEL MESSALE ROMANO 2004, “ 31. Spetta ugualmente al sacerdote, per il suo ufficio di presidente dell’assemblea radunata, formulare alcune monizioni previste nel rito medesimo. Quando è previsto dalle rubriche, al celebrante è permesso adattarle in parte affinché rispondano alla comprensione dei partecipanti. Tuttavia il sacerdote faccia in modo di conservare sempre il senso della monizione proposta nel Messale e la esprima con poche parole. Così pure spetta al sacerdote che presiede guidare la proclamazione della parola di Dio e impartire la benedizione finale. Egli può inoltre intervenire con brevissime parole, per introdurre i fedeli alla Messa del giorno, dopo il saluto iniziale e prima dell’atto penitenziale; alla Liturgia della Parola, prima delle letture; alla Preghiera eucaristica, prima di iniziare il prefazio, naturalmente mai nel corso della Preghiera stessa; prima del congedo, per concludere l’intera azione sacra.”
Se qualcuno vuol fare diversamente, temo che si ponga anche il problema della validità della celebrazione per i fedeli a Roma e a quanto precisa papa Benedetto XVI nel suo Motu Proprio Summorum Pontificum. Se altri ritengono diversamente e traducono secondo il proprio tornaconto, allora temo che vi sia dell’ideologismo. In ogni caso il sacerdote che celebra secondo il Motu proprio se vuol fare diversamente, forse è meglio che consulti l’Ordinario diocesano, ossia il Vescovo.
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Quando un cristiano parla di Pace, intende sempre Nostro Signore (cfr. Giovanni 14 27 “Vi lascio la pace, vi do la mia pace.” Così faceva il grande umanista che nei suoi ultimi due scritti affermava la necessità della concordia e della pace nella Chiesa e Preghiera al Signor Nostro Gesù Cristo per la pace della Chiesa.(Roma Salerno editore, 2004). Quindi non la pace degli uomini come erroneamente inteso, ma sempre Erasmo ci soccorre con il primo scrittro, quando aveva soli 18 anni e scriveva Oratio de pace ec discordia contra factiosos.In ogni caso siamo d'accordo, dopo una precisazione mi pare.
Nella S. messa che la Fraternità celebra si recita oppure no il secondo Confiteor e si dà l'assoluzione, prima della S. Comunione dei fedeli?
Domanda molto semplice. Grazie e buonee cose sulla via dell'unità.