La rivolta di Londra e rischi di casa nostra
Mercoledi 10 Agosto 2011 alle 23:47 | 1 commenti
Le rivolte londinesi e il Lumpenproletariat di casa nostra: tolleranza zero e nessun buonismo
di Roberto Ciambetti
Davanti all'emergenza il Primo Ministro Britannico non ha dubbi: non lasciarsi fuorviare da un malinteso senso di difesa dei diritti umani e pugno duro per reprimere la protesta delle gang inglesi che hanno messo a ferro e fuoco Londra, estendendo poi la loro carica di violenza anche ad altre città , da Manchester a Liverpool. Nella conferenza stampa di mercoledì mattina David Cameron segna un altro passaggio significativo che credo sia condiviso non solo dagli inglesi ma anche da tantissimi padani: "Tocca al magistrato emettere le sentenze, ma mi attendo che una persona condannata per i disordini sia mandata in galera".
La rivolta di Londra riporta alla mente un termine coniato da Karl Marx a proposito di queste bande di sottoproletari urbani più vicini alla malavita che ai lavoratori, quel Lumpenproletariat, proletariato straccione, che stando al filosofo tedesco era (come oggi è) composto da ladri, violenti, nullafacenti, straordinaria riserva di manovalanza per la malavita. Insomma, anche Marx qualche pesante riserva sul Lumpenproletariat l'aveva (e l'avrebbe, a maggior ragione, ancor oggi). Le immagini che giungevano da Londra nei giorni scorsi hanno dimostrato a tutti la straordinaria pericolosità del nuovo sottoproletariato urbano in cui vanno germogliando le radici dell'odio. Certo, la società inglese è molto più rigidamente classista di quanto non si pensi e creda e la divaricazione tra la working class e la upper class è decisamente molto ampia e incolmabile ed è anche vero che nella capitale britannica l'emarginazione può essere pesante e violenta, resa ancor più insopportabile da un sistema chiuso che ammette scarsissimi passaggi sociali. Ma questa situazione non giustifica quanto abbiamo visto.
Se pensiamo alle immagini fiabesche a fine aprile scorso del matrimonio tra il Duca di Cambridge, William e Catherine Middleton, quanto accaduto a Tottenham, a pochi mesi delle Olimpiadi, ci spinge a riportare piedi (e pensieri) per terra: il melting pot, letteralmente "calderone etnico", ha in sé drammatiche contraddizioni che vanno governate e controllate al fine di evitare che le tensioni esplodano e che la malavita possa innervarsi nel malcontento dando origine a rivolte come quelle a cui abbiamo assistito nei giorni scorsi.
Ma quanto è accaduto a Londra deve essere una lezione anche per noi: bisogna impedire che si formino sacche di sottoproletariato urbano, borderline con la malavita: gli scontri tra Tunisini e Nigeriani a Padova per il controllo del mercato della droga, Rumeni e Albanesi a Vicenza impegnati a contendersi il business della prostituzione con una sparatoria in pieno centro, sono segnali inquietanti proprio perché hanno visto coinvolte non sinmgoli ma bande e perché è chiaro il livello di organizzazione, e armamento non esattamente improvvisato, di queste gang. Anche a Londra si è rimasti immediatamente scossi dalla capacità organizzativa e dalla mobilità della guerriglia urbana, tutt'altro che sconclusionata e casuale.
Chi ha permesso in passato l'insediamento e il radicamento nelle nostre città del Lumpenproletariat di importazione dovrebbe ora ripensare ai rischi a cui ha esposto le nostre comunità : a Londra il premier non vuole commettere l'errore di cadere nel buonismo o in un malinteso senso di carità e solidarietà verso bande di spostati e delinquenti. Cedere ora, sarebbe un errore drammatico: la crisi economica si prospetta grave e ancora lunga, il Lumpenproletariat di casa nostra come inglese potrebbe vedere ingrossare le file di nullafacenti e di disperati: il pugno duro di oggi, a Londra come a Treviso, Padova o Vicenza può impedire danni maggiori domani. Insomma, tolleranza zero, nessun buonismo e nessun timore o remora.
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