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Le decine di morti a Nizza, lo strano golpe in Turchia, le guerre dimenticate, i morti di lavoro e la miseria

Di Giorgio Langella Domenica 17 Luglio 2016 alle 18:57 | 0 commenti

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Le decine di morti a Nizza e lo strano golpe in Turchia sono solo gli ultimi atti di una violenza brutale che sta divorando il mondo. Terrorismo in molti casi. In altri, come il colpo di stato turco, qualcosa di oscuro che ci può far precipitare in un baratro ancora più oscuro. Senza uscita. La stranezza di quanto successo in Turchia sta venendo a galla. Per chi ha vissuto l'esperienza di colpi di stato o per chi ricorda quanto successo, ad esempio, in Cile in quel settembre del 1973 (preceduto un paio di mesi prima da un tentativo di golpe finito nel nulla) la può vedere. Ad Ankara nessun arresto di uomini al potere. Erdogan che scappa ma poi ritorna.

Occupazione della televisione che, invece di servire da megafono per i golpisti, viene zittita. Tutto in qualche ora e con qualche centinaio di morti. Un golpe che sfiora l'apparenza, una messinscena utile principalmente per dare maggiore forza e potere a un Erdogan trionfante. E la paura prende il sopravvento.

Siamo in guerra! Ci gridano da più parti e si invocano leggi restrittive. Si vorrebbe stanare il diverso, anche solo chi la pensa diversamente, togliergli qualsiasi diritto, rinchiuderlo, cacciarlo, sopprimerlo. Lo slogan di moda è diventato "facciamo loro quello che fanno a noi". Dividiamo il mondo in civiltà buone e altre che devono essere annientate. Si usa il terrore come risposta alla paura. Siamo in guerra!

È vero, ma ci sono guerre dimenticate, delle quali non si parla più. Sono, principalmente, quelle che sono state scatenate dalla "nostra civiltà". Le guerre preventive per esportare la democrazia. O quei colpi di stato cruenti molto più di quello turco, pilotati dai servizi segreti e dai paesi "faro" della nostra civiltà. Qualcuno si ricorda dell'Ucraina, dell'orrore scatenato dai nazisti a Odessa dove decine di persone furono assassinate nel palazzo dei sindacati? Qualcuno si ricorda di quello che è successo e continua a succedere nel Donbass? E qualcuno si ricorda di come è iniziata la guerra in Siria e di come (e da chi) è stato finanziato il terrorismo contro il governo legittimo di Assad? I giornali non ne parlano più e, quindi, per la "nostra civiltà" non succede nulla.

Ma, se esistono guerre dimenticate, altre non vengono neppure considerate tali. Sono guerre che mietono centinaia di vittime ogni anno anche nel nostro paese.

Sono i morti di lavoro e per il lavoro. Dall'inizio dell'anno in Italia sono morti 349 persone nei luoghi di lavoro (sono oltre 740 considerando i lavoratori morti sulle strade o in itinere). I caduti sul lavoro sono 30 in Veneto e 11 a Vicenza. Dei lavoratori morti di malattia professionale, invece, è quasi impossibile persino conoscerne il numero ma sono certamente centinaia ogni anno. Non è, forse, anche questa una guerra? Non è "terrore", forse, andare a lavorare senza sapere se si tornerà a casa? Ma di questa carneficina non si parla. Non fa notizia perché succede un poco alla volta. Perché è diventata una cosa normale considerare i lavoratori pezzi di ricambio di un ingranaggio che serve a produrre profitto per pochi privilegiati. Perché queste uccisioni fanno parte del sistema capitalista, della "nostra civiltà".

E guerra è anche la miseria che costringe 4,6 milioni di cittadini italiani a vivere sotto la soglia della povertà e che costringe 11 milioni a rinunciare alle cure mediche.

Siamo in guerra! Certo. Ma il nemico non è solo "l'altro" che semina terrore nelle nostre città. Pensiamo che noi siamo, per gran parte del mondo, "gli altri". Pensiamoci quando ci scagliamo contro chi ha la pelle di un altro colore o chi professa una religione diversa. Il nostro nemico è anche e soprattutto chi finanzia regimi fondati sul terrore, chi considera i terroristi utili ai propri scopi, chi vende loro le armi che produce.

I nemici ce li abbiamo in casa, controllano il potere e l'informazione, sfruttano il lavoro altrui, mettono il profitto sopra ogni cosa. Hanno, come recitava De André, i cuori a forma di salvadanai e non si interessano se c'è chi muore al lavoro o chi è costretto alla povertà.

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Giovedi 27 Dicembre 2018 alle 17:38 da Luciano Parolin (Luciano)
In Panettone e ruspe, Comitato Albera al cantiere della Bretella. Rolando: "rispettare il cronoprogramma"
Caro fratuck, conosco molto bene la zona, il percorso della bretella, la situazione dei cittadini, abito in Viale Trento. A partire dal 2003 ho partecipato al Comitato di Maddalene pro bretella, e a riunioni propositive per apportare modifiche al progetto. Numerose mie foto del territorio sono arrivate a Roma, altri miei interventi (non graditi dalla Sx) sono stati pubblicati dal GdV, assieme ad altri come Ciro Asproso, ora favorevole alla bretella. Ho partecipato alla raccolta firme per la chiusura della strada x 5 giorni eseguita dal Sindaco Hullwech per sforamento 180 Micro/g. Pertanto come impegno per la tematica sono apposto con la coscienza. Ora il Progetto è partito, fine! Voglio dire che la nuova Giunta "comunale" non c'entra più. L'opera sarà "malauguratamente" eseguita, ma non con il mio placet. Il Consigliere Comunale dovrebbe capire che la campagna elettorale è finita, con buona pace di tutti. Quello che invece dovrebbe interessare è la proprietà della strada, dall'uscita autostradale Ovest, sino alla Rotatoria dell'Albara, vi sono tre possessori: Autostrade SpA; La Provincia, il Comune. Come la mettiamo per il futuro ? I costi, da 50 sono saliti a 100 milioni di € come dire 20 milioni a KM (!) da non credere. Comunque si farà. Ma nessuno canti Vittoria, anzi meglio non farne un ulteriore fatto "partitico" per questioni elettorali o di seggio. Se mi manda la sua mail, sono disponibile ad inviare i documenti e le foto sopra descritte. Con ossequi, Luciano Parolin [email protected]
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