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L'assaggio di Baita

Di Marco Milioni Sabato 22 Giugno 2013 alle 16:22 | 0 commenti

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Dopo mesi di reclusione l'ex presidente della Mantovani prova a testare l'orientamento degli inquirenti in una inchiesta che potrebbe deflagrare ai piani alti della politica e della finanza. E nella quale fa capolino come nuovo difensore dell'indagato un notissimo avvocato vicentino

È martedì 4 giugno. Il Corriere del Veneto in pagina 5 spara la notizia di giudiziaria che farà il giro dei palazzi della politica regionale. Sembra che per l'affaire Mantovani dietro l'angolo ci siano novità eclatanti in arrivo: «Ora il livello politico trema. Piergiorgio Baita è pronto a parlare e a raccontare la sua verità: dove sono finiti quegli svariati milioni di euro di fondi neri creati con le false fatture della Bmc Broker di William Colombelli (e di varie altre società per le quali sono ancora in corso le indagini)? Dopo 96 giorni di carcere e di fronte alla richiesta di giudizio immediato del pm Stefano Ancilotto, l'ex presidente di Mantovani sembra aver cambiato strategia. Nessuno ovviamente lo ammetterà mai per iscritto o tra virgolette, ma quella dello studio Longo-Ghedini è una scelta in primoluogo politica. Le dichiarazioni di Baita potrebbero infatti andare a colpire qualche esponente dello stesso partito di cui i due titolari dello studio - storici difensori di Silvio Berlusconi - sono parlamentari, ovvero il Pdl. Una situazione che creerebbe non pochi imbarazzi e che dunque si è preferito evitare. D'altra parte non è un mistero che fin dai tempi dell'arresto di Baita, disposto dal gip Alberto Scaramuzza con l'accusa di associazione per delinquere e frode fiscale, sullo sfondo è sempre rimasto il sospetto di un livello politico verso cui i fondi, nella ricostruzione della Guardia di Finanza, sarebbero stati dirottati».

La settimana precedente Pietro Longo e Paola Rubini hanno abbandonato l'incarico di difensori di fiducia di Baita il quale si è affidato ad altri due legali: il veneziano Alessandro Rampinelli ed il professor Enrico Ambrosetti, notissimo legale vicentino. E sui motivi reali di questa novità sugli stessi media regionali impazzano le congetture.

Una delle ipotesi che circola più frequentemente è quella secondo la quale Baita, tuttora in carcere a Belluno, anche in ossequio ad una rigida linea difensiva, abbia deciso fino a ieri di non fare quei «nomi eccellentissimi» che forse nella mente degli inquirenti sono al vertice del cosiddetto sistema Mantovani. Una spa che da anni è divenuta una sorta di asso piglia tutto nelle commesse pubbliche regionali, il tutto supportato da ottime conoscenze con i vertici del Pdl regionale, in primis con l'ex governatore Giancarlo Galan, che è poi uno dei fedelissimi dell'ex premier azzurro silvio Berlusconi.

Epperò è davvero così? Vicenzapiu.com sfidando un po' la stampa regionale mainstream avanza una ipotesi alternativa riportata in un servizio del 4 giugno: «Ma è proprio sicuro che Baita abbia deciso di vuotare completamente il sacco, magari con nomi e cognomi altisonanti, e che il cambio del collegio difensivo sia un portato di tale scelta? In circostanze del genere solitamente quando assistito e legale impostano una strategia le strade da percorrere sono alla grossa quattro. Uno, l'indagato non ha alcunché da nascondere e spiega ogni cosa al magistrato. Due, l'indagato, indipendentemente dalla sua estraneità o meno ai fatti, è sicuro di cavarsela e preferisce tenere chiusa la bocca, sapendo che una scelta del genere potrebbe comunque avere come contropartita il prolungamento della detenzione preventiva. Tre, l'indagato o la sua cerchia decidono di fare qualche piccola ammissione ai pm sperando in un ammorbidimento, mentre contestualmente la difesa viene affidata ad un collegio più dialogante con la controparte. Quattro, l'indagato e la sua cerchia decidono in qualche maniera di collaborare fattivamente e a fronte di precise garanzie, fanno nomi e descrivono circostanze. In quest'ultimo caso per esempio la storia della Tangentopoli veneta insegna che tipicamente non è lo studio Longo-Ghedini cui gli imputati fautori della linea della collaborazione si rivolgevano».

E ancora: «Baita non ha sua sponte revocato il collegio, bensì sono stati Longo e Rubini a fare un passo indietro. Ciò significa per forza che Ambrosetti (il suo studio ha patrocinato spesse volte la municipalizzata berica Aim) marchi maggiore distanza dalla galassia Pdl nella quale orbitano i legali di Berlusconi Pietro Longo e Niccolò Ghedini? Quest'ultimo in passato è stato pure coordinatore del Pdl veneto. In questo contesto c'è un altro aspetto che riguarda il professor Ambrosetti: la sua orbita accademica all'università di Padova infatti è di notoria prossimità a quella del collega Pietro Longo. E ancora il fratello di Ambrosetti, Massimo, è uno stimato e influente diplomatico in forza al Ministero degli Esteri, che nel 2011 addirittura era applicato fuori ruolo alla presidenza del consiglio. Con quale premier? Silvio Berlusconi in persona. Così almeno sta scritto a pagina 10 dell'annuario 2012 della Farnesina. Il dubbio quindi rimane... Il cambio repentino deciso da Baita è il sintomo di una volontà autentica di collaborazione sperando in una fine celere della carcerazione preventiva oppure si tratta di una manovra diversiva pensata da chi spera di tirare fuori dal carcere un Baita pronto a parlare senza che quest'ultimo apra il suo vaso di Pandora fitto di nomi, cognomi, cifre e circostanze scottanti?».

Sarà una coincidenza ma di lì a qualche giorno l'atteggiamento dei media cambia. Non sono pochi quelli che repentinamente cominciano ad identificare nel comportamento di Baita più che la volontà di collaborare a 360 gradi quella di saggiare la disponibilità della procura ad eventuali aperture. Anche perché a metà della settimana passata sempre da ambienti vicini alla procura veneziana trapela la notizia che Baita avrebbe al momento ammesso gran poco. Ma a rendere ancora più intricata la vicenda è il fatto che il verbale sarebbe stato secretato.

Rimane però una questione di cruciale. Nei mesi si è letto e riletto del cosiddetto sistema Baita. Si è detto dei fondi neri e dell'evasione fiscale. Si è scritto del costosissimo e ramificato sistema parallelo di intelligence che Baita avrebbe messo in piedi per prevenire eventuali intrusioni da parte degli inquirenti. Ferma restando la presunzione di innocenza, è pensabile che un «ambaradàn» del genere sia stato concepito solo per occultare danari al fisco? Oppure il bene più prezioso è la mappa di relazioni poliitco imprenditoriali col gotha politico, e non solo politico, del veneto?

Un pezzo di risposta in futuro potrebbe essere disvelato dallo scenario che il 9 giugno viene tratteggiato da Carlo Mion sul portale del Mattino di Padova il quale oltre a riferire delle rogatorie chieste dalla magistratura lagunare in Svizzera, proprio su alcuni conti riferibili a baita, non solo interessano la magistratura del capoluogo regionale, ma pure quella elvetica: «I conti correnti segreti di Piergiorgio Baita e di altre persone finite nell'inchiesta della Procura di Venezia che indaga per frode fiscale ed evasione, ora interessano anche la Procura di Lugano che sta verificando che quel denaro non sia di provenienza illecita». E la frasetta che starebbe mandando in subbuglio la politica regionale è breve breve: «... I conti correnti segreti di Piergiorgio Baita e di altre persone finite nell'inchiesta». Ma chi sono queste altre persone? Si tratta dei primi indagati nell'ambito dell'inchiesta o qualcun altro, magari esponenti dell'intellighenzia veneta, è già finito sotto la lente della Guardia di Finanza e dei togati? E c'è un'altra questione che rimane sulla scacchiera. Se i magistrati d'oltralpe hanno deciso di collaborare e maneggi di varia natura sono stati cucinati all'ombra delle montagne svizzere, allora non è improbabile che i detective svizzeri saranno in grado di ricostruirli con rapidità. E così nell'inchiesta un ruolo fondamentale potrebbero giocarlo non solo le rogatorie, ma l'intera massa di informazioni scambiate tra un paese e l'altro. Dalle quali potrebbero emergere novità su un versante ancora poco esplorato dai media: il ruolo della proprietà della Mantovani nel cosiddetto sistema Baita.


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Giovedi 27 Dicembre 2018 alle 17:38 da Luciano Parolin (Luciano)
In Panettone e ruspe, Comitato Albera al cantiere della Bretella. Rolando: "rispettare il cronoprogramma"
Caro fratuck, conosco molto bene la zona, il percorso della bretella, la situazione dei cittadini, abito in Viale Trento. A partire dal 2003 ho partecipato al Comitato di Maddalene pro bretella, e a riunioni propositive per apportare modifiche al progetto. Numerose mie foto del territorio sono arrivate a Roma, altri miei interventi (non graditi dalla Sx) sono stati pubblicati dal GdV, assieme ad altri come Ciro Asproso, ora favorevole alla bretella. Ho partecipato alla raccolta firme per la chiusura della strada x 5 giorni eseguita dal Sindaco Hullwech per sforamento 180 Micro/g. Pertanto come impegno per la tematica sono apposto con la coscienza. Ora il Progetto è partito, fine! Voglio dire che la nuova Giunta "comunale" non c'entra più. L'opera sarà "malauguratamente" eseguita, ma non con il mio placet. Il Consigliere Comunale dovrebbe capire che la campagna elettorale è finita, con buona pace di tutti. Quello che invece dovrebbe interessare è la proprietà della strada, dall'uscita autostradale Ovest, sino alla Rotatoria dell'Albara, vi sono tre possessori: Autostrade SpA; La Provincia, il Comune. Come la mettiamo per il futuro ? I costi, da 50 sono saliti a 100 milioni di € come dire 20 milioni a KM (!) da non credere. Comunque si farà. Ma nessuno canti Vittoria, anzi meglio non farne un ulteriore fatto "partitico" per questioni elettorali o di seggio. Se mi manda la sua mail, sono disponibile ad inviare i documenti e le foto sopra descritte. Con ossequi, Luciano Parolin [email protected]
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