La storia di Esterina e X, diversabili oggi, non ieri
Domenica 25 Marzo 2012 alle 12:29 | 0 commenti
Riceviamo da Italo Francesco Baldo e pubblichiamo.
Correva l'anno 1956 alle Scuole elementari di Sinigo-Merano la classe, come tutti gli anni fu formata con i bambini provenienti dalla Scuola Materna Regina Elena che seguiva il metodo delle Sorelle Agazzi. Tutti i 25 bambini erano presenti e tutti iniziarono il loro nuovo percorso scolastico. Come era uso allora, mattina, pomeriggio, giovedì libero e solo sabato mattina. Dal secondo anno anche la lingua tedesca. L'insegnamento della religione, secondo l'uso austriaco lo svolgeva il parroco per due ore settimanali e ciò toglieva l’ora di catechismo.I 25 "eroi" iniziarono lo studio, tra loro c'era Esterina, una bambina che oggi avrebbe avuto l'etichetta di disabile, diversamente abile, di diversabile, magari il vecchio handicappata, sarebbe stata immediatamente certificata, accompagnata nel suo percorso da un'insegnante di sostegno, che l'avrebbe costantemente, quasi sempre accade, tolta dal normale percorso degli altri scolari e avrebbe tentato di insegnarle qualche cosa, con o senza specializzazione relativa. Insomma Esterina sarebbe stata la disabile, che tutti guardavano con particolare attenzione, perché era l’unica diversa e ufficialmente così l'avrebbero guardate anche le mamme e i papà , timorosi che il loro figlio non impari a causa della presenza di un’Esterina. Nessuno però, allora ci faceva gran caso, era stata alla Scuola materna, aveva frequentato, fatto più o meno le stesse attività degli altri con bravura o no, come chi, come il sottoscritto berciava e non cantava, ma cantava lo stesso insieme a tutti, piano si raccomandava la maestra. Nessuno, nemmeno il parroco prendeva in considerazione separante Esterina, anche se talora la prendeva in giro, come faceva un po’ con tutti, con gli altri usava anche qualche maniera, diciamo “forteâ€. Frequentava le ore di religione, e credo che imparasse almeno che nella fede si sta tutti vicini, vicini. Il suo handicap, come si direbbe oggi, non era gravissimo, aveva una certa autonomia fisica, aveva difficoltà nell'apprendimento, ma quanti non ne hanno? Visse nella classe e l'anno successivo, come era uso, si accostò alla Prima Comunione con un bel vestito bianco e velo, quasi sposa del Salvatore. La frequenza alla scuola continuava con regolarità , qualche raffreddore, qualche influenza la tenevano a casa, ma lei frequentava e se gli altri la prendevano in giro, ciò succedeva tra tutti. Insomma la dinamica solita tra coetanei. Colpita da una malattia, non venne più a scuola e dopo qualche tempo ci lasciò. I bambini al suo funerale si comportarono bene, e poi continuarono la loro vita. Non c'era bisogno che di impegno, professionalità e un po' di benevolenza per seguire Esterina. Nessuno la separava, nessuno faceva per lei e quelli come lei, qualcosa di separante. Semplicemente era con gli altri diversi, perché, occorre ricordarlo?, ogni persona è unica e irripetibile. Lo stesso accadeva ad un altro ragazzo, credo avesse circa 30 anni, che viveva con la matrigna che lo accudiva, lo portava in Chiesa, al cinema, e visse bene fino a che la matrigna, in realtà una vera madre, gli fu vicino. Nessuno ebbe mai paura di questo giovane, nessuno ebbe problemi. Quando la madre se ne andò, non esistevano le residenze per disabili, non so quale fine fece, ma non ebbe più affetto e relazioni sociali probabilmente, anche se spero di no.
Oggi invece abbiamo leggi e leggine, decreti e regolamenti, qualche decina di migliaia, assemblee, riunioni, conferenze di concertazione, di programmazione, di stesura che producono tonnellate di carta che nessuno legge, salvo i burocrati quando si vuole metter i puntini sulle “iiâ€. Tutti hanno parte in causa nelle decisioni, tutti sono impegnati a creare posti di lavoro per coloro che si occuperanno dei disabili, diversamente abili, diversabili ecc. proponendo attività di ogni genere, stabilendo una separazione fin dalla scuola primaria, che dovrebbe integrare. Dubitiamo. Finita la scuola dell'obbligo, ecco di nuovo Centri Educativi Occupazionali Diurni, Cooperative di lavoro, quasi nessuno entra in veri posti di lavoro, né è in integrazione con i lavoratori per quello che è possibile. Ecco attività promosse solo per i diversamente abili. Insomma anziché continuare nell'integrazione, abbozzata nella Scuola primaria, si separa in tutti i modi possibili. Sono disabili, quindi...... facciamo in modo che sentano bene questa loro separazione. Non si possono fare progetti di integrazione, se non quelli diretti da coloro che hanno separato i disabili dalla società . Ogni tanto tra i banchi del mercato, tra le manifestazioni, tra questo e quello perfino celebrazioni religiose apposite, si accentua sempre e comunque, anche quando non c’è bisogno, la separazione. Forse meno preoccupazione di come farli integrare e integrarli senza tanti raziocini, tante tavole quadrate, rotonde, oblunghe e soprattutto letti di Procuste.
Un nuovo cammino, un cammino d’insieme, dove anche quando si ride di qualcuno, questo è integrazione, con il pensiero ponderoso, abbiamo visto dove si va, e forse questo non è il cammino di una comunità di diversamente abili dove, non abbiamo paura di dirlo, tutti lo sono in qualche modo o in qualche aspetto della vita. In questo l’esempio di Giovanni Paolo II è importante:
Â
A Giovanni Paolo II: uno come noi
Tutto l’hanno riconosciuto
a fatica,
ma l’hanno
alla fine
dovuto ammettere,
anche tu
avevi
abilità diverse,
quei doni
li vedevi in ogni uomo,
figlio dell’Altissimo,
e ognuno ti era prezioso.
Eri, ma sei e sarai
come me,
mi conosci,
mi amerai,
perché
pure io ho
abilità diverse
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