La Rai è la Rai
Lunedi 15 Marzo 2010 alle 13:38 | 0 commenti
La Rai è la Rai. Anche se le altre emittenti fossero costrette a tacere, per imposizione o per convenienza la Rai no, è un'altra cosa. E' una Tv speciale la Rai chiamata ad un compito non solo particolare ma anche imparziale e obiettivo. La Rai dovrebbe costituire il punto fermo, un modello insomma nel panorama dell'informazione nazionale. Piegarsi ai venti della politica una sconfitta per una Tv che si autodefinisce servizio pubblico e che proprio per questo si sostiene col contributo dei cittadini. Sorprendente perciò il voto del suo editore, il Parlamento che vieta i programmi di informazione politica proprio quando maggiore è l'esigenza di approfondimento in vista delle scelte elettorali. Un doppio paradosso perché d'un sol colpo si annullano le garanzie della libertà d'espressione simmetrica all'informazione e di squalifica del servizio pubblico degradandolo a puro strumento di propaganda.
La Rai per il suo ruolo pubblico dovrebbe essere protetta da un particolare Statuto di rilevanza costituzionale contro il quale non possono che infrangersi le velleità tanto delle maggioranze come delle opposizioni. Una normativa di principio tutta in difesa dei diritti dei cittadini mentre divieti e sanzioni rivolti contro i poteri attentatori di quei diritti; tocca invece assistere al totale rovesciamento delle posizioni: l'informazione strumento di controllo dei pubblici poteri asservita ai soggetti controllati. E quel che è peggio che siano proprio i naturali difensori dei cittadini a farsi paladini del potere rivoltandosi contro i propri elettori. La politica per sua natura garante dei diritti dei cittadini e che assume la veste di oppressore di quelle ragioni diventa la caricatura della rappresentanza parlamentare. E' questo il fatto sconcertante e insieme preoccupante nella vicenda dei silenzi imposti alla Rai; che non è il governo a dettare il deprecato divieto bensì il Parlamento, beninteso volendo gratificare il governo. E come la Rai che non informa non ha più ragione di esistere come servizio pubblico così un Parlamento che non si oppone al governo per tutelare le ragioni e gli interessi dei cittadini smentisce se stesso e perde di credibilità . Tutto ciò senza entrare nel merito dei programmi vietati; che del resto non dovrebbero neppure essere oggetto di valutazioni da parte del Parlamento. Il principio di autonomia dei poteri e più ancora le rispettive competenze dovrebbero impedire inammissibili invasioni di campo. Alla politica vengono chiesti gli indirizzi generali, gli obiettivi di massima, la verifica dell'efficienza e la fornitura dei mezzi per raggiungerli come avviene per la giustizia, l'istruzione, la sanità , non le scelte specifiche o addirittura le sostituzioni nell'assolvimento dei compiti nei settori indirizzati. Nell'informazione il politico si viene a sostituire al giornalista e al conduttore imponendogli o vietandogli determinati atteggiamenti e servizi per imporre scelte, gusti e valutazioni ai telespettatori. Non pare a voi un po' troppo invadente questo modo di fare politica?
Giovanni Bertacche
[email protected]
http://www.clirt.it/index2.htm
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