La posizione della Cgil sulla Legge di stabilità. Bergamin: aprire confronto parlamentare
Martedi 10 Novembre 2015 alle 15:36 | 0 commenti
Riceviamo da Marina Bergamin, segretaria generale Cgil Vicenza, e pubblichiamo
Dopo un lungo periodo di crisi e tante manovre che hanno pesato molto su lavoratori e pensionati, credevamo fosse il tempo di una Legge di Stabilità più espansiva e che affrontasse i molti temi aperti in questi anni. Quello che segue è il punto di vista della Cgil su alcuni capitoli della Legge. Pensioni e lavoro.
Credevamo e chiedevamo che si affrontasse il tema pensioni ovvero la revisione della Legge Fornero che, fatta per fare cassa velocemente e senza alcun confronto sindacale, ha prodotto grandi ferite: lavoratori con lunghi anni di lavoro alle spalle costretti a rimanere e disoccupazione giovanile alle stelle; bassa produttività e bassa innovazione. Nella Legge c’è poco o nulla e comunque la flessibilità introdotta (“invecchiamento attivoâ€) non è legata alle assunzioni. Il tema degli ‘incapienti’ non è affrontato in maniera definitiva.
E’ giunto invece il tempo di riprendere in mano la Legge Fornero per garantire giustizia e flessibilità vera.
Tasse. La riduzione della tassazione è sbilanciata sul versante delle imprese. Invece è rinviato al 2017 l’aumento della no tax area per i pensionati e al 2018 una ipotetica revisione dell’Irpef. L’abolizione della Tasi sulle prime case per tutti è ingiusto. Le reinserite “case di lusso†sono appena 70.000 su 20 milioni di abitazioni. Meglio sarebbe stata una imposta sulle grandi ricchezze e comunque è urgentissimo alleggerire la pressione ficale su lavoro e pensioni.
Evasione fiscale. L’innalzamento della cifra per l’uso del contante a 3.000 euro incentiva l’evasione, soprattutto se a questo si abbiano l’abrogazione dell’obbligo di pagare gli affitti in modo tracciabile e l’abrogazione dell’obbligo dei pagamenti tracciabili per la filiera dell’autotrasporto. La destrutturazione dell’Agenzia delle entrate è cosa fatta mentre si è bloccato l’aggiornamento del catasto.
Nuovi tagli al welfare. Siamo di fronte a nuovi pesanti tagli della spesa pubblica mascherati da spending review. Tagliano anche dove dovrebbero investire, cioè in università e ricerca. Con gli ultimi tagli al finanziamento della sanità , l’incidenza della stessa sul Pil passa dal 7% al 6,5% ultimi posti in Europa.Temiamo molto una riduzione dei livelli essenziali di assistenza o l’aumento dei ticket e una spinta forte verso la sanità privata a pagamento o al welfare aziendale sostitutivo.
Nuovi tagli a patronati e Caf. Ricordiamo che questi due servizi prestati dalle organizzazioni sindacali ma non solo, danno servizi pregiatissimi ai cittadini. Tagliare ancora le risorse (100 milioni ai Caf e 48 milioni ai patronati, dopo i tagli degli anni scorsi) significa non riconoscere quanto il loro lavoro in termini di qualità , completezza delle pratiche, capillarità nel territorio e certificazione ‘pesante’ a carico loro. Alla fine saranno gli utenti ad avare grandi svantaggi, avrà grandi risparmi invece la pubblica amministrazione.
Blocco della contrattazione pubblica. I contratti dei dipendenti della pubblica amministrazione, scuola compresa, sono fermi dal 2009. A Fronte di questo e di una sentenza chiarissima della Corte Costituzionale, la contrattazione viene riaperta, ma si stanziano 300 milioni di euro, ovvero 12/13 euro lordi mensili in 3 anni: una beffa. Si blocca ancora la contrattazione decentrata; salvo limitatissimi casi si blocca ancora il turn over. C’è da chiedersi come e con chi il Governo immagina di innovare la pubblica amministrazione e sosteniamo quindi la manifestazione unitaria che le categorie si apprestano a fare per ottenere un contratto dignitoso!
Crescita del PIL e gli investimenti. Per il biennio in corso il Pil è previsto in crescita, anche grazie a variabili esogene inedite, quali il quantitative easing della Bce, la riduzione del tasso di cambio e la caduta strutturale del prezzo del petrolio, oltre che un rimbalzo positivo delle produzione industriale. Peccato che l’FMI abbia già definito la crescita mondiale in calo e ancor troppo tenue la crescita del consumo interno. In questo contesto gli investimenti pubblici non aumenteranno né a sostegno alla domanda, allo sviluppo locale e alla riqualificazione dell’offerta produttiva, alle infrastrutture materiali e immateriali a partire da università e ricerca. Ma se non si investe qui, le eccellenze italiane sono destinate a declinare e quindi la nostra richiesta è di fare investimenti e farli presto.
Per tutto questo crediamo che vada aperto un confronto il sede parlamentare e ci attiveremo per far giungere ai parlamentari le nostre proposte.
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