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La patrimoniale ci consentirà di ridurre subito il debito

Di Redazione VicenzaPiù Sabato 13 Agosto 2011 alle 02:44 | 0 commenti

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Da Il Corriere della Sera di venerdì 12 agosto, pubblichiamo la "Lettera" di Massimo Mucchetti (ex vicedirettore de L'Espresso e oggi vicedirettore ad personam de Il Corriere della Sera) al direttore Ferruccio De Bortoli, di cui a seguire, per correttezza e specifico spessore, pubblichiamo la "risposta"). L'intervento di Mucchetti, secondo noi, però, "fissa" il succo della crisi, che in realtà è premeditata, ed  è scritto con una profondità e una chiarezza uniche. Eccolo:
Caro direttore, temo che i meri appelli alla crescita sottovalutino i rischi per l'economia e la democrazia impliciti nel debito pubblico italiano. Da tutti i punti di vista. Sul piano patrimoniale, il governo Berlusconi ha fatto credere che la ricchezza finanziaria e immobiliare del settore privato costituisse una garanzia di fronte ai creditori del settore pubblico. Dimenticava che le garanzie sono tali se firmate dai garanti, e qui di firme non se ne sono viste.

I mercati - e le code di italiani fuori dalle banche di Lugano - gliel'hanno ricordato.
Sotto il profilo sociale, troppi politici ed economisti non si rendono conto del potenziale di rivolta violenta connesso al rilancio delle diseguaglianze sociali e alla destrutturazione delle forme di solidarietà esistenti, per quanto discutibili. Un pericolo tanto più grande in un Paese che ha avuto il fascismo e il terrorismo rosso.
Sotto il profilo politico, non si ascoltano proposte diverse da quelle in voga negli anni 90. Trascuriamo il fatto che la Grande Contrazione, per dirla con Carmen Reinhart, è iniziata negli Usa e in Gran Bretagna, Paesi deregolati a bassa spesa pubblica e modesto prelievo fiscale. Che oggi stentano. Data l'usura di Silvio Berlusconi, chiediamo una nuova leadership. Ma per fare che cosa? Citiamo i grandi del passato, ma Reagan e Roosevelt, De Gasperi e Ciampi non sono uguali. E forse ci vuole un pensiero nuovo.
Incapaci di misurarci sui contenuti, ci illudiamo che la rivoluzione liberale passi per la riforma dell'articolo 41 della Costituzione. Tutto dovrebbe essere libero tranne ciò che vieta la legge ordinaria? A parte l'irrilevanza della cosa (l'art. 41 non impedì il Boom degli anni 50), di questo passo smonteremmo la logica della Costituzione che è quella di porre dei vincoli al legislatore. Se un domani Nichi Vendola o Francesco Storace vincessero le elezioni, l'articolo 41 riformato esporrebbe l'impresa assai più di oggi a manipolazioni neocomuniste o neocorporative. Capisco che sia più impegnativo ragionare del Trattato di Maastricht dopo vent'anni, mettendo in relazione gli effetti della libera circolazione dei capitali sull'economia reale, sulla distribuzione del reddito e sul rendimento dei risparmi. Ma le nuove leadership saranno tali se ci diranno qualcosa di grande. Di fronte a chi ripropone la minestra riscaldata dell'abolizione dell'art. 18 dello Statuto dei lavoratori, Pietro Ichino rilancia la flexsecurity scandinava. Si intuisce la consonanza con la Bce. Ottimo, purché la Bce o altri spieghino con quali risorse la si finanzierebbe e quale sarà il saldo finale per le persone.
Diciamoci le cose come stanno. Con l'intervento della Bce e delle banche centrali nazionali a tutela del nostro debito pubblico, viene meno l'indipendenza delle autorità monetarie dai governi. Da noi era stata decisa trent'anni fa con il divorzio tra Tesoro e Banca d'Italia. E anche quella scelta meriterebbe un bilancio. Ma in Italia sta venendo meno la sovranità nazionale. Poco male, anzi bene se la cessione di sovranità fosse comune agli altri soci della moneta unica e concertata. Gli Stati uniti d'Europa potrebbero governare l'euro e il debito pubblico con la stessa libertà di Usa, Gran Bretagna, Cina anziché restare ingessati negli schemi fissi di Maastricht. Ma oggi l'Italia viene commissariata attraverso lettere confidenziali di capi di Stato esteri e del banchiere centrale europeo. L'opacità non è mai democratica.
Non è detto che la supplenza della Bce al Fondo salva Stati ancora da finanziare abbia esiti migliori della manovra di Tremonti. In costanza di regole deboli, la moneta virtuale degli speculatori potrebbe rivelarsi più forte. Ma se pure la diga tenesse, rimarrebbe la domanda: per quanto tempo resisterà con una tale massa di debito che preme?
La sicurezza e la libertà dell'Italia oggi coincidono con la sua capacità di conservare la fiducia dei creditori. E allora chiediamoci quale sia l'azienda debitrice più rassicurante: quella che, con il gerente di prima, promette il taglio dei costi e l'aumento del fatturato o quella che, con un gerente nuovo, non compromesso con la precedente stagione, promette sì minori costi e maggiori ricavi ma intanto trova il modo di rimborsare subito un 30% del proprio debito?
Posso capire, ma neanche troppo, la reticenza dei leader politici: in privato considerano un'imposta patrimoniale fatale per ridare allo Stato la capacità di investire laddove il mercato non ce la fa solo (così avvenne negli anni 50!), e in pubblico, fino a elezioni avvenute, la negano. Sul Corriere hanno avanzato interessanti idee in materia personaggi dalle storie assai diverse come Giuliano Amato, Pellegrino Capaldo e Pietro Modiano. Sul Giornale si è letto perfino un Vittorio Feltri disposto a ragionarne. Restano molti punti da elaborare: come ridurre il numero degli evasori in grado di sfuggire al prelievo, come graduarlo in modo che non sia socialmente iniquo e dunque meno depressivo dei consumi, come avere i migliori effetti sui tassi e sulle successive quotazioni dei titoli e come eventualmente associarvi il consolidamento di parte del debito con obbligazioni di lunghissima durata destinate al sistema finanziario e legate al patrimonio pubblico vendibile. C'è da studiare. E c'è un ruolo speciale per chi più ha avuto dalla vita.
Dovremo superare le pensioni di anzianità per arrivare al pareggio nel 2013? Non c'è da gioirne. Ma temo sia inevitabile. E però che cosa mette sul tavolo chi, per le più diverse ragioni, non ha interesse all'anzianità? Alla fine si è mai vista una società con troppi debiti che ottiene fiducia dai creditori senza che i suoi soci più ricchi garantiscano un aumento di capitale? Orrore? Beh, il crollo delle Borse, la svalutazione dei titoli di Stato, la caduta dei valori immobiliari reali una patrimoniale sui generis ce la stanno già infliggendo da mesi.


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Giovedi 27 Dicembre 2018 alle 17:38 da Luciano Parolin (Luciano)
In Panettone e ruspe, Comitato Albera al cantiere della Bretella. Rolando: "rispettare il cronoprogramma"
Caro fratuck, conosco molto bene la zona, il percorso della bretella, la situazione dei cittadini, abito in Viale Trento. A partire dal 2003 ho partecipato al Comitato di Maddalene pro bretella, e a riunioni propositive per apportare modifiche al progetto. Numerose mie foto del territorio sono arrivate a Roma, altri miei interventi (non graditi dalla Sx) sono stati pubblicati dal GdV, assieme ad altri come Ciro Asproso, ora favorevole alla bretella. Ho partecipato alla raccolta firme per la chiusura della strada x 5 giorni eseguita dal Sindaco Hullwech per sforamento 180 Micro/g. Pertanto come impegno per la tematica sono apposto con la coscienza. Ora il Progetto è partito, fine! Voglio dire che la nuova Giunta "comunale" non c'entra più. L'opera sarà "malauguratamente" eseguita, ma non con il mio placet. Il Consigliere Comunale dovrebbe capire che la campagna elettorale è finita, con buona pace di tutti. Quello che invece dovrebbe interessare è la proprietà della strada, dall'uscita autostradale Ovest, sino alla Rotatoria dell'Albara, vi sono tre possessori: Autostrade SpA; La Provincia, il Comune. Come la mettiamo per il futuro ? I costi, da 50 sono saliti a 100 milioni di € come dire 20 milioni a KM (!) da non credere. Comunque si farà. Ma nessuno canti Vittoria, anzi meglio non farne un ulteriore fatto "partitico" per questioni elettorali o di seggio. Se mi manda la sua mail, sono disponibile ad inviare i documenti e le foto sopra descritte. Con ossequi, Luciano Parolin [email protected]
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