La 'fuga dei cervelli' è anche vicentina
Domenica 22 Aprile 2012 alle 10:33 | 0 commenti
Da VicenzaPiù n. 232
È la mancanza di prospettive a costituire la forza repulsiva che spinge i giovani ricercatori verso lidi più promettenti.
Anche la città di Vicenza ha partorito e cresciuto una schiera di giovani curiosi e intraprendenti, che credono nella ricerca, ma che, come me, la praticano all'estero. Giovani, appartenenti a una generazione di italiani che dimostrano di saper usare il cervello, ma che per farlo devono, presto o tardi, andare lontano, spesso oltreoceano (nella foto alloggi nel campus Ucsd).
Non necessariamente per gli studi di dottorato, visto che il nostro Paese vanta università e gruppi di ricerca di primo livello in quasi tutte le discipline, ma sempre più spesso per le irraggiungibili posizioni a tempo indeterminato. Sia nel mondo accademico - dove, si sa, non ce n'è per nessuno o quasi - che in quello industriale - dove i dottori di ricerca risultano ‘sovra-qualificati' per le aziende che non investono in innovazione. Diversa storia in altri Paesi, vicini e lontani, dove il dottorato di ricerca ha tutt'altro valore, in termini di occasioni e di prospettive.
Prendiamo ad esempio gli Stati Uniti, patria delle più famose università e delle più grandi aziende a livello mondiale. Aziende che vedono nel dottore di ricerca un figura professionale di inestimabile valore. Le differenze sono già percepibili dalla struttura dei corsi di dottorato di ricerca, il cosiddetto PhD: Doctor of Philosophy, dove Philosophy assume il significato, generale e non umanistico, di "amore della sapienza" . Innanzitutto, il PhD non ha una durata prefissata, ma termina nel momento in cui lo studente ha portato a compimento progetti in quantità e con qualità soddisfacenti. Un invito alla competizione, e uno stimolo a cercare progetti interessanti e promettenti. Inoltre, il PhD è visto come un lungo processo di formazione, in cui lo studente si scontra con problemi tecnologicamente attuali e rilevanti, contribuendo alla loro definizione e soluzione. Ovviamente sostenuto intellettualmente e, questa è la differenza principale, finanziariamente dai professori.
Non stupisce, dunque, che le grandi università americane siano il luogo privilegiato in cui, tramite la collaborazione di professori, ricercatori e studenti, nuove tecnologie vedono la luce e sono trasformate da un'embrionale idea a un prototipo funzionante. E le grandi aziende sono consapevoli del fondamentale ruolo dei giovani studenti, l'ossigeno del continuo processo di evoluzione tecnologica e intellettuale.
Il legame tra università e aziende è quindi strettissimo, tanto che le ultime sono la prima fonte di ispirazione e di finanziamenti per i progetti di ricerca, e poi meta degli stessi studenti dopo il completamento del PhD. Come già accennato, il dottore di ricerca è considerato una figura professionale con un insieme di doti molto appetibili per un'azienda impegnata in ricerca e innovazione: capacità di analisi e di gestione di progetti complessi, creatività , determinazione e, non ultimo, spirito di sacrificio. Di conseguenza, per le aziende, le scuole di dottorato costituiscono il vivaio ideale da cui reclutare i propri elementi chiave (soprattutto per le posizioni tecniche), spesso previa un'opportuna formazione nella forma di stage estivi, gli ‘internship', offerti agli studenti durante gli anni di studio e per i quali è prevista una congrua retribuzione. Questi permettono allo studente di acquisire competenze e praticità complementari alle tipiche doti del ricercatore puro, collaborando a progetti di grande impatto. Un trampolino di lancio per una fruttuosa carriera in aziende come Microsoft, Google, Yahoo, Facebook, Twitter, tanto per citarne una manciata oltre che, anche, anche nelle start up.
Riassumendo, una concezione più consapevole del processo di formazione e della figura stessa del dottore di ricerca. Che si traduce in una diversa esperienza e, soprattutto, in più ‘gradevoli' prospettive. E in una forza di attrazione che si fa davvero sentire, tristemente nota da noi come ‘fuga dei cervelli'.
Cervelli provenienti da tutta Italia, e naturalmente anche dalla nostra Vicenza e dalla sua provincia. Mi capita di incontrarne tutti i giorni. Nel mio Dipartimento all'Università della California di San Diego, in giro per la città , o in occasione delle conferenze. Tanti ricercatori italiani e vicentini, che fanno onore alla nostra nazione e alla nostra città , ma da una certa distanza, geografica e culturale.
Riporterò come esempio il dialogo avuto con un ragazzo vicentino, studente di dottorato in ingegneria elettronica negli Stati Uniti, che preferisce rimanere nell'anonimato. Vediamo innanzitutto di cosa si occupa.
"La mia ricerca è focalizzata sul ‘machine learning' applicato all'indicizzazione di contenuti multimediali." Forse è il caso di chiarire il significato di questi termini cui non tutti sono abituati. "Consideriamo ad esempio la musica. Il mio obiettivo è realizzare procedure automatizzate che, a seguito di un'iniziale fase di training, siano in grado di assegnare etichette a file musicali".
Se questa spiegazione appartiene a un linguaggio ancora un po' troppo ingegneristicamente forbito, è molto più immediato comprenderne l'applicabilità e la portata nella vita di tutti i giorni. "Attaccare delle etichette a una canzone significa essere in grado di dire se questa è un pezzo classico, rock o blues, se è presente una voce femminile, se c'è una chitarra solista o un pianoforte, se comunica allegria, energia o tristezza, se è adatta a un viaggio in auto oppure a una festa. Per ogni aspetto tecnico - come la presenza di un particolare strumento musicale, o emotivo - ad esempio il concetto di felicità , possiamo creare una particolare etichetta e attaccarla alle canzoni appropriate".
Ci vogliono un grande orecchio e tanta sensibilità artistica? "No! L'aspetto più interessante è proprio che questo processo è automatizzato e quasi non richiede l'intervento di personale con competenze musicali. Di conseguenza, nuove canzoni possono essere etichettate molto velocemente e in gran numero."
Il risultato è presto detto: la possibilità di creare una ‘playlist', ovvero una scaletta di canzoni, adatta a ogni occasione e gusto. Che dire di una playlist di canzoni soul, adatte a una cena a lume di candela, con una solida linea di basso e una calda voce maschile?
Mi stai dicendo che mi basta domandare e che il mio iPod pensa al resto?
"Non ancora. Naturalmente ci vorrà del tempo affinché un sistema di ‘playlist intelligente' sia maturo e disponibile ai milioni di utenti di iTunes, MySpace o Youtube, ma i progressi e l'interessamento della comunità scientifica e industriale lasciano ben sperare." Insomma, un progetto che promette un grande impatto tecnologico e ottime prospettive. Per concludere, hai in mente una metà estiva particolare? La Canarie? Ibiza? "Non proprio... Quest'anno trascorrerò i mesi estivi a Yahoo!, nel gruppo di ricerca applicata, dove avrò modo di lavorare su alcuni dei più attuali progetti di machine learning applicato alla musica".
E, altra particolarità degli Usa, proprio a Yahoo!, che stando ai numeri dovrebbe, contemporaneamente, licenziare 2 mila impiegati su 14 mila, ma che si dimostra ben consapevole che per uscire da questo periodo di crisi non può fare a meno di continuare a cercare i giovani più promettenti e a vedere nel loro entusiasmo e nelle loro capacità la chiave della ripresa. Ma non si tratta di una sola azienda, quanto di un intero sistema che considera i giovani come i protagonisti indispensabili della ricerca e dell'innovazione. E seppur non privo di difetti, come agli occhi di alcuni italiani, l'eccesso di meritocrazia, finanzia quelli che lo meritano per capacità , non per l'eredità di cognomi o per privilegi di casta.
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