La doppia Truffa della Spending Review e all'orizzonte si profilano i tagli alla sanità
Domenica 29 Luglio 2012 alle 10:57 | 0 commenti
 
				
		
		Lo Stato brucia risorse avvelena l'economia reale e spinge fuori dalla modernità il paese
Di Roberto Ciambetti
 Da una parte la spending review, dall'altra Taranto: la prima salva le finanze della Sicilia, la seconda vede il rischio di una chiusura dello stabilimento produttivo dell'Ilva.  In soldoni potremmo tradurre questa partita così: da una parte i 30 mila forestali siculi, dall'altra 20 mila operai.		
Il sud è lo specchio della crisi dello stato italiano, che per salvare posti di lavoro fasulli manda al massacro posti di lavoro veri. Da una parte chi brucia la ricchezza, dall'altra chi crea ricchezza.
Ho preso il caso dell'Ilva di Taranto perché è un simbolo autentico  della sfida che dovremmo affrontare: riuscire a conciliare la crescita  produttiva con il rispetto dell'ambiente e della salute di tutti,  conciliare produttività con occupazione, stipendi  e rendite adeguate al  lavoro e agli investimenti effettuati. Parlare, in altre parole, di  economia reale e investimenti. Siamo costretti, invece, a rincorrere i  guai siciliani, a coprire i buchi del Mezzogiorno, che si tratti delle  baby pensioni siciliane, dei forestali calabresi, fino alla piaga di un  servizio socio-sanitario che è la sintesi estrema della contraddizione  italiana nonché il prossimo tema su cui mr. Monti affonderà il suo  coltello da macellaio per operare nuovi e drammatici tagli, che c'è da  scommettere, verranno imposti al Nord.
La spesa sanitaria complessiva  italiana ammonta a circa 114,5 miliardi di Euro, incide solo per il 7,2  per cento del Pil, percentuale di per sé più che accettabile, anzi. Il  Veneto, nella sanità,  ha indici che rientrano nella media nazionale:  11.8 dipendenti sanitari su 1000 abitanti, contro una media nazionale di  10,7 su mille, 3.8 posti letto ogni mille abitanti contro una media di  3.4; il costo netto della sanità regionale veneta (circa 8 miliardi 935  milioni) è pari al 7.9 per cento della spesa nazionale, anche se abbiamo  più dell'8 per cento i abitanti, la spesa pro-capite nazionale è pari a  1.861 € mentre in Veneto si spende pro-capite 1.819 €. Al pari di  Emilia, Lombardia, Friuli, Provincia di Bolzano, Piemonte, Marche anche  il Veneto chiude i conti della sanità senza perdite e persino l'indice  di soddisfazione tra i pazienti è tra i più alti in Italia.
Il  disastro abita altrove: in tre anni sei regioni da sole, dal Lazio in  giù, hanno accumulato oltre 10.4 miliardi di € di debiti. Chi paga  questi debiti?  L'economia reale, cioè cittadini e imprese, chi lavora e  produce.
La spending review del ministro Monti avrebbe dovuto porre  mano a questo problema: eliminare gli sprechi, rivedere la spesa. Invece  si è tradotta nel vergognoso trasferimenti di risorse dalle aree  produttive alle finanze dissestate.
Come nel caso dell'Ilva di  Taranto, i soldi pubblici andrebbero investiti per fronteggiare le vere  sfide della modernità,  dal tutelare l'ambiente e i posti di lavoro  veri, al creare infrastrutture vere sino a porre le basi di una cultura  della modernità che non sembra essere la priorità di buona parte delle  forze politiche italiane, né della burocrazia statale che la modernità  l'ha sempre respinta. Non è un caso se gli scippi della  spending-slipping review siano stati suggeriti dalla burocrazia e  approvati dalle forze politiche romanocentriche che continuano a  sottrarre risorse a chi produce per posticipare l'istanza di fallimento  ormai pronta per buona parte del Mezzogiorno. Dopo la Sicilia s'avanza  il crack dei Comuni della Campania: sarà il tema delle prossime  settimane, che verrà affrontato da mr. Monti e dai partiti che lo  spalleggiano come al solito, sotto l'ennesimo balzo dello spread, con la  frase di trito "i mercati ci chiedono", l'abbassamento del rating  campano, proteste di piazza, tagli alla  sanità e per Pantalone  l'ennesimo salasso.
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