Kpmg, che revisionava i conti di BPVi, fa da advisor sull'aggregazione delle fiere emiliane
Lunedi 7 Novembre 2016 alle 09:37 | 0 commenti
Il sistema fieristico italiano cerca di uscire dalla secche della crisi, legata non solo alla recessione degli ultimi anni ma anche alla globalizzazione, all’affermazione sullo scenario internazionale di nuovi e agguerriti mercati concorrenti. Le difficoltà dello scenario economico hanno gravato così sui bilanci di tutti gli enti fieristici, chi più chi meno. E quest’anno i nodi son venuti al pettine per molte di queste realtà . Anche perché il ricorso ai soldi pubblici, che sino a qualche anno fa permetteva di coprire le falle della gestione, oggi, in tempo di spending review, non è più possibile.
Le fiere di Genova, Cagliari e Reggio Emilia hanno annunciato la messa in liquidazione, mentre la fiera di Roma è in concordato, solo per citare i casi principali. A farne le spese sono soprattutto quei quartieri fieristici che propongono eventi nazionali o regionali, mentre chi ha puntato su manifestazioni internazionali se la sta cavando meglio. «La crisi ha messo in moto un processo di forte riduzione del numero delle aziende manifatturiere. Meno imprese vuol dire meno espositori e stand», spiega Francesca Golfetto, professoressa del Marketing Department dell’Università Bocconi. Inoltre, «sono sempre di più le aziende italiane che presidiano i mercati di domanda prendendo parte alle fiere organizzate in loco in particolare nell’Europa dell’Est». Anche il mondo della distribuzione è stato oggetto negli ultimi anni di un marcato processo di concentrazione, un fenomeno che ha inciso negativamente sul numero dei visitatori alle fiere nazionali. «Dall’altro lato, questo è un fenomeno positivo, sempre più operatori stranieri vengono oggi in Italia per esporre nelle nostre fiere, che diventano così uno strumento anche per l’import». Le prime analisi di Cermes Bocconi sul 2016 confermano ad ogni modo una tendenziale ripresa del settore fieristico. «Le superfici vendute dalle fiere annuali sono infatti aumentate del 7-8% rispetto al 2015 — aggiunge Francesca Golfetto —. Tuttavia, poiché lo scorso anno l’Italia, soprattutto Milano, aveva ospitato molti eventi triennali e biennali, il 2016 si chiuderà con un sostanziale pareggio rispetto al 2015 a livello complessivo delle attività dei quartieri, se non addirittura con un leggero calo». Il mercato è dunque in ripresa ma il gap con il recente passato rimane profondo. Solo considerando le manifestazioni fieristiche internazionali organizzate in Italia, gli espositori sono passati dagli oltre 98.000 del 2010 ai 92.700 del 2015, i visitatori da 13,2 milioni a 10,1 milioni. Il 2016 sarà ricordato anche come l’anno della prima grande aggregazione tra enti fieristici, Italia Exhibition Group, nata dalla fusione di Rimini Fiera e Fiera di Vicenza. Ora il mercato attende il progetto della holding regionale che comprenderà Bologna, Parma e la stessa Rimini. «A inizio agosto abbiamo siglato una lettera d’intenti con Parma e Rimini con l’obiettivo di verificare la fattibilità di una newco attraverso la quale realizzare un’integrazione funzionale o addirittura societaria tra i tre quartieri — spiega Antonio Bruzzone, direttore generale di BolognaFiere, società che si appresta a chiudere l’anno con il ritorno all’utile e un valore della produzione di circa 125 milioni, in linea con le previsioni di budget —. Entro la fine di novembre faremo le prime valutazione sul progetto affidato all’advisor Kpmg. A quel punto capiremo quali potranno essere i successi step». Il nuovo piano industriale dell’ente felsineo, che sarà presto reso pubblico e che verterà sul restyling del quartiere fieristico e sull’ampliamento della superficie espositiva coperta, «è stato inoltre pensato anche alla luce della possibile integrazione con Parma e Rimini», aggiunge Bruzzone. Nel 2017, dunque, «potrebbero svilupparsi ulteriori progetti di fusione così come una sempre maggior tendenza all’organizzazione diretta degli eventi da parte degli enti fieristici —, conferma Ettore Riello, presidente di Aefi, l’associazione esposizioni e fiere italiane —. Se si vuole essere internazionali e competitivi l’aggregazione è di certo una strada da percorrere, se non si vuole contare solo su manifestazioni domestiche che, sia pure efficienti, garantiscono risultati limitati». Aefi sta dunque incentivando la collaborazione fra gli enti a tutti i livelli, non solo dunque in termini societari, e ha costituito la commissione Fiere in rete. «Le fiere sono uno strumento strategico per lo sviluppo della politica industriale del paese e danno origine al 50% dell’export delle nostre aziende — prosegue Riello —. I numeri lo confermano: il giro d’affari generato ammonta a circa 60 miliardi, mentre il fatturato complessivo di tutte le manifestazioni italiane si aggira intorno ai 2 miliardi di euro, cifra che sale a 6-7 miliardi considerando l’indotto».
Di Andrea Salvadori, da Corriere Economia
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